Giorno 30: Ariadne
John bussò un paio di volte e, in totale silenzio, aspettammo che la porta si aprisse. Furono pochi i secondi che intercorsero tra il suo leggero bussare e il fragoroso scatto della serratura. Aspettammo con pazienza che la porta si aprisse interamente e che la figura di mia madre apparisse davanti a noi. Trattenni il respiro e poi la vidi. Bella come sempre, forse più magra, forse più stanca, ma come me la ricordavo. I lunghi capelli neri, che io avevo preso da lei, stretti in uno chignon disordinato, gli occhi verdi grandi e sempre sorridenti, anche quando i problemi sembravano accumularsi, le labbra sottili rosee e le rughe d'espressione che mi sembravano, però, essersi moltiplicate sul quel suo viso perfettamente ovale. Aveva quasi quarantotto anni ma ne aveva sempre dimostrati almeno dieci in meno. L'avevo sempre trovata bellissima, anche quando dei grossi lividi violacei le avevano segnato il corpo esile e il viso, e avevo sempre sperato di diventare bella come lei in futuro ma, allo stesso tempo, avevo anche sperato ardentemente di non prendere il suo carattere. La mamma alzò il viso su di noi e si bloccò, immobilizzandosi completamente. Spostò lo sguardo più volte da me a Katy, come in trans, per poi portarsi una mano tremante al viso, scoppiare a piangere e abbracciarmi di slancio. Io, che oltre a essere incinta ero anche sensibile di mio, scoppiai a piangere e la strinsi forte a me. Respirai il suo odore che mi ricordava casa, il polpettone del sabato sera, il profumo troppo forte comprato insieme al discount, l'odore del disinfettante passato due volte per far felice papà...lei era casa. Dopo qualche minuto si staccò e si buttò tra le braccia di Katy, che ricambiò calorosamente. Strano, di solito lei cercava di essere sempre fredda e distaccata con tutti. Dopo poco nostra madre si staccò anche da Katy, ci guardò per qualche secondo e poi ci riabbracciò, travolgendoci in un grosso abbraccio a tre. Ci stringemmo forte, mi era davvero mancata. Si staccò e mi prese il viso tra le mani, asciugandomi le lacrime con mani tremanti. "Figlia mia...non piangere." Risi e mi asciugai le ultime lacrime mentre lei si era allontanata di qualche centimetro. "Mi sei mancata da morire." Guardò me e Katy e ci sorrise. "Anche voi mi siete mancate, da morire." Le sorrisi e lei spostò lo sguardo su John, come se si fosse accorta di lui solo in quel momento. Lo guardò accigliata, senza sapere nè cosa fare e nè cosa dire. Io mi avvicinai a John e gli posai una mano sulla schiena. "Mamma lui è John, il mio..." Mi bloccai, non sapendo esattamente cosa fossimo noi due. Amici, fidanzati...conoscenti che presto avrebbero condiviso un bambino? Ma, prontamente, John mi tirò fuori dall'imbarazzo continuando la frase al posto mio. "Salve signora, sono John Dawson, il fidanzato di sua figlia. Piacere di conoscerla." Le tese la mano, aspettando che la donna la stringesse. Sua madre, a quella notizia, rimase sorpresa e ricambiò il saluto di John come in trance. "Quindi sei tu il ragazzo che ha messo incinta mia figlia?" A quella frase, così spontanea e inaspettata, io arrossii, maledicendo mia madre. Guardai John, anche lui in imbarazzo, cosa rara per lui. Ci guardammo e, stavolta, fui io a tirare fuori dall'imbarazzo lui. "Mamma, scusa, non è che potremmo parlare dentro casa e non fuori?" Lei sorrise, colpevole di non averci pensato prima. "Hai ragione amore mio, venite, entrate." Si spostò e noi entrammo in casa. Mi sembrava passata un'eternità dall'ultima volta che ero stata lì. Eppure tutto era uguale a prima, tutto era al suo posto. Il cucinotto sulla destra, piccolo ma con tutto il necessario, e il piccolo salottino sulla destra, provvisto di divano, tv, poltrona, proprietà privata di nostro padre, tavolino e una grossa ma semplice libreria. Le due stanze erano divise da un corridoio che portava poi alle camere e al bagno. Mamma chiuse la porta e ci dirigemmo verso il salotto, accomodandoci sul divano. "Volete qualcosa da bere o da mangiare?" "Magari un pó d'acqua." Annuì, con un sorriso. "Ho appena fatto dei biscotti al cioccolato, vi porto anche quelli." Sorrisi, mi mancavano anche i suoi biscotti. Guardai John e gli sorrisi. "Va tutto bene, cucciola?" Annuii, improvvisamente ero più calma e tranquilla. "Sto bene, sono tranquilla, sarà che so di essere a casa mia." Si girò verso Katy e le fece la stessa domanda. "Tutto bene, grazie. Era da tanto che non tornavo, ho sempre pensato solo a me stessa e anche quando ero piccola ignoravo le urla di mia madre e la mano veloce di papà, io ero la sua preferita e mai mi avrebbe toccata." Si girò verso di me. "Mi dispiace, Ariadne. Mi dispiace. Avrei dovuto aiutarvi di più e non lasciare tutto nelle mani di Daniel, magari...magari a quest'ora sarebbe stato ancora qua." A quelle parole quasi quasi piansi. Le gettai le braccia intorno al collo e la strinsi forte. "Oh, katy! Ti voglio bene, sorellona!" "Anche io Adny, anche io!" "Eccomi!" Io e mia sorella ci staccammo nell'esatto momento in cui nostra madre rientrò. Si sedette sulla poltrona, siccome il divano era occupato, e appoggiò sul piccolo tavolino un vassoio con tre bicchieri d'acqua e un piattino pieno di biscotti al cioccolato. La ringraziammo e ci servimmo. Assaggiai un biscotto e fu come tornare piccola. Erano buonissimi. "Allora...allora come state?" Fu Katy la prima a rispondere. "Io sto bene, il lavoro va benissimo e il resto fila tutto liscio, nessun particolare avvenimento...a parte l'aver saputo che la mia sorellina era incinta." A quelle parole io arrossii e mia madre si voltò verso di me. "Ariadne...io...mi dispiace di non essere riuscita ad andare contro tuo padre, di avergli permesso di buttarti fuori di casa, per di più incinta, con pochi soldi e senza una macchina. Io...avevo paura potesse farti del male, avevo paura potesse farmi del male. Sono stata una codarda e mi dispiace, davvero." Scoppiò a piangere e si coprì il viso con le mani. Mi alzai dal divano, andai verso di lei e l'abbracciai. In fondo...se mio padre non mi avesse buttato fuori di casa a quest'ora John non sarebbe stato qui con me e io non mi sarei mai innamorata di lui. Forse forse era stato meglio così, ora ero indipendente e avevo al mio fianco un uomo fantastico. Mi staccai e le presi le mani tra le mie. "Non ti devi scusare mamma, io comprendo le tue ragioni e non te ne faccio una colpa. E poi...guardiamo il lato positivo: se papà non mi avesse sbattuto fuori a quest'ora John non sarebbe stato qui." Le sorrisi e le asciugai le ultime lacrime. "Ti voglio bene mamma." Mi guardò, teneramente. "Anche io, piccola mia." Felice, tornai al mio posto, vicino a John. Una volta seduta lui si girò verso di me e mi guardò. Era uno sguardo dolce, che esprimeva affetto e amore. Era possibile che lui ricambiasse i miei sentimenti? Era possibile che anche lui si fosse innamorato di me? Che mi amasse? Avrei tanto voluto chiederglielo ma...ma rimasi semplicemente a guardarlo. A pensare a quanto io lo amassi, a quanto io lo trovassi perfetto. Rimasi in silenzio, concordando con il mio cervello che quello non fosse il momento giusto per parlarne. "Siete proprio una bella coppia." Io e John ci girammo di scatto verso mia mamma e io, come al solito, arrossii. "Allora...sei tu il padre del bambino?" Feci per parlare ma lui mi prese la mano, me la strinse e io richiusi la bocca. Fu lui a parlare. "Si, signora, sono io il padre. Però non sarà un bambino ma una bellissima bambina." Gli occhi di mia madre si spalancarono e un sorriso enorme occupò il suo viso. "Davvero?! Oh ragazzi, come sono contenta! Certo...avrei preferito che fosse successo un pò più avanti ma..." Io la interruppi. "Lo so mamma però...noi ora siamo felici, stiamo bene. Io lavoro e lui anche, abbiamo un casa spaziosa e ci vogliamo bene quindi..." Quando dissi '...e ci vogliamo bene' un groppo mi si bloccò in gola, avrei tanto voluto dire '...e ci amiamo' ma non lo potevo fare, non fino a quando non fossi stata sicura dei suoi sentimenti. Mia madre annuì e io mi rifiutai di guardare John in viso. "Va bene bambina mia, mi fido di te. E dove lavorate?" "Io in un libreria e lui in un bar, la libreria è a due passi dal bar tra l'altro." "Bene bene, sono orgogliosa di te." Sorrisi, felice e fiera di me stessa. Nonostante i problemi iniziali ce l'eravamo cavata bene e speravo che adesso sarebbe stato tutto in discesa. Mia madre portò in cucina il piattino e i bicchieri ormai vuoti e dopo poco tornò da noi. "Io...sono felicissima che voi siate qui ma...non riesco a non chiedermi cosa vi ci abbia portato. Non penso che siate venuti solo per una visita di cortesia e perciò...mi chiedevo il perché, appunto. Cosa sta succedendo?" E ora era venuto il turno di affrontare i problemi veri...di affrontare ciò per cui eravamo venuti. Speravo che le parole non mi sarebbero venute meno. Sospirai. "Siamo qui per papà." A quelle parole il suo viso divenne improvvisamente serio, perse tutta la felicità che poco prima i suoi occhi esprimevano. Mi costrinsi ad andare avanti. "Ci sono cose che tu non sai, cose che ti sono state tenute nascoste per anni...cose che è venuto il momento di dirti." Il viso di mia madre sbiancò, consapevole che ciò che le avremmo rivelato avrebbe cambiato tutto.P.S. Scusate il ritardo ma sono stata davvero impegnata, giuro che continuerò il prima possibile! Comunque iniziate a fare il conto alla rovescia, la storia sta per finire, ormai è questione di pochi capitoli. Detto questo...buonanotte!
Christabel.
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Noi e il frutto del nostro amore
ChickLitJohn, bello e simpatico, gentile e sicuro di sè, ragazzo che tutte vorrebberò ma, per lui, deve essere, rigorosamente, solo per una notte. Ariadne, bella e timida, buona e insicura di sè, ragazza che tutti vorrebberò, rigorosamente, per sempre. Una...