Capitolo 37: Unire le forze.

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Giorno 20: Ariadne
"Ariadne tutto bene? È da quando sei arrivata che ti vedo strana." Mi riscossi dai miei pensieri e mi voltai verso Isbel. Faceva quello che io non riuscivo a fare, ovvero trasportare i cartoni pieni di libri appena scaricati dal magazzino al negozio, mentre io li sistemavo. Le sorrisi leggermente, non me la sentivo di fingere una felicità che non avevo. Ero ancora scossa da tutto quello che era successo questa mattina, la rabbia e la delusione scorrevano ancora nelle mie vene e sapevo che non sarebbero passate velocemente. Potevo perdonare ma non dimenticare, almeno non subito. "Tutto bene Isbel, sono solo parecchio stanca." Mi alzai, per sgranchirmi un po' la schiena, stare troppo tempo nella stessa posizione non faceva per niente bene, e poi Isbel sembrava avesse deciso di fare un pausa. Scaricò a terra lo scatolone che teneva tra le mani e ci si sedette sopra. Sembrava molto stanca, mi dispiaceva non poterla aiutare. "Mi dispiace di non poter essere d'aiuto." Lei alzò le spalle e mi sorrise. "Non ti preoccupare, se io fossi nelle tue condizioni non farei nulla dalla mattina alla sera." Lei scoppiò a ridere e io risi con lei, una distrazione da tutto ciò che di brutto era successo oggi. Lei smise di ridere e mi guardò attentamente. Io arrossii e distolsi lo sguardo, odiavo sentirmi a disagio. "Sei sicura che vada tutto bene?" "Si Isbel, non ti preoccupare. Ho solo litigato con John e, devo dire, che è una cosa piuttosto faticosa." Le sorrisi, per tranquillizzarla. Lei si alzò e venne verso di me, mi abbracciò e mi tenne stretta. Io ricambiai l'abbraccio e strinsi di rimando. "Non ti preoccupare, litigare è normale. Qualunque cosa sia successa si aggiusterà, in un modo o in un altro." Annuii sulla sua spalla e la ringraziai mentalmente. Quelle parole, seppur solo parole, mi avevano in qualche modo rassicurato. Ci staccammo e ci sorridemmo. "Grazie mille Isbel, grazie per le tue parole." Scrollò le spalle, come se non avesse fatto nulla di ché. "Tu lo hai fatto una volta per me...era giusto ricambiare il favore." Sorrisi e la guardai incamminarsi verso il retro del negozio, dove altri scatoloni attendevano di essere portati in negozio. Sbuffai e anche io tornai a lavoro, di mala voglia. Sistemai tutti i libri uno per uno, ognuno nel proprio scaffale. Per lo più erano libri appena usciti o classici riordinati. Avevo notato che ultimamente sempre più persone compravano i grandi classici, come 'Il ritratto di Dorian Gray', 'Cime tempestose' o 'Orgoglio e pregiudizio'.
Ero felice di questa cosa perché io avevo sempre pensato che fossero gli unici libri a insegnarci veramente qualcosa. Dorian Gray ci insegnava che la bellezza esteriore nel tempo sfioriva ma che quella interiore rimaneva tale per sempre, Cathy ci insegnava a non rinunciare mai al proprio amore, nonostante le differenze sociali ed Elisabeth Bennet ci insegnava che l'orgoglio era inutile, che ci si bisogna lasciare andare e che si sbaglia a trarre conclusioni affrettate. Insegnamenti preziosi ai giorni nostri. Sorrisi e, con questi pensieri e con l'aiuto di Isbel, sistemai anche l'ultimo libro nel giusto posto. Affaticata, crollai sulla sedia dietro la cassa. Mi portai le mani alla pancia e la massaggiai. Sorrisi all'arrivo di un leggero calcio, la mia piccola si faceva sentire più che volentieri. Immaginavo di accarezzarle i corti capelli neri come i miei e di guardarla nei suoi piccoli occhietti marroni, come quelli miei e di John. Coccolare e baciare tutto il suo corpicino. Quei pensieri mi scaldavano il cuore e alleviavano la mia tristezza. Ancora non credevo a ciò che John aveva fatto, nonostante tutte le mie raccomandazioni. Aveva deliberatamente scelto di farmi del male, di ferirmi. Ma nonostante tutto non ero riuscita a dire di no alla sua richiesta di perdono, lo amavo e questo mi aveva fregata. Lo amavo e lui per ora non lo avrebbe saputo. Avevo altro a cui pensare in quel momento, per esempio a come liberarmi una volta per tutte di mio padre e di Sarah. Avevo già un piano, mi servivano solo fidi collaboratori...e sapevo già a chi chiedere. Guardai l'orologio, segnava le sette meno dieci. A minuti sarebbe arrivato John e ancora non sapevo come avrei dovuto comportarmi. Sospirai e andai nel retro a cambiarmi. Aprii il mio armadietto, mi tolsi il grembiule, lo piegai e lo riposi dentro. Presi la mia borsa e richiusi l'anta dell'armadietto. Ritornai in negozio e diedi il cambio a Isbel. Uscii fuori dal negozio e respirai a pieni polmoni, avevo proprio bisogno di una boccata d'aria fresca. Non appena fossi tornata a casa mi sarei stesa sul divano senza fare nulla, il massimo che potevo fare era cucinare. La giornata mi aveva stancata sia fisicamente che mentalmente. L'unica cosa importante che dovevo fare era una chiamata. Rientrai nel negozio e vidi Isbel vagare per la libreria. Alla mia vista si bloccò e sospirò. "Eccoti! Pensavo ti fosse successo qualcosa." Mi avvicinai e le schioccai un bacio sulla guancia. "Scusa, non volevo farti preoccupare." Alzò le spalle e chiuse la cassa a chiave. "Quando arriva il tuo bello?" Stavolta alzai io le spalle, non mi aveva detto niente, non sapevo neanche se mi sarebbe venuto a prendere. Mi guardó e si sedette. Alzai un sopracciglio, confusa. "Ti aspetto, mi sembra ovvio." Scossi la testa, non volevo che stesse qui ad aspettarmi inutilmente. Se John fosse venuto bene se no avrei tranquillamente preso i mezzi. "Non c'è bisogno che aspetti con me, vai pure a casa." Si alzò e sorrise. "Non c'è molto da aspettare, il tuo bello è appena arrivato." Mi girai verso la porta e lo vidi che spegneva l'auto e veniva verso l'entrata. Quando mi vide si fermò e mi sorrise timidamente, quasi avesse paura che lo potessi attaccare. Io e Isbel uscimmo dal negozio, chiuse a chiave la porta e poi l'aiutai a chiudere la serranda. Dopodiché raggiungemmo John, che salutò me con un bacio sulla guancia e Isbel con un semplice 'ciao'. "Tutto bene ragazze?" "Sì, tutto a posto. È stata una giornata faticosa ma stiamo bene." Annuii, d'accordo con lei. Ci fu qualche secondo di silenzio, interrotto poi da Isbel. "Allora ragazzi io andrei. Trattamela bene John." "Cercherò di fare del mio meglio." Io arrossii e l'abbracciai. Ci salutammo e la osservammo andare via. Ora eravamo solo io e lui, da soli contro i nostri problemi. Mi girai verso John e gli sorrisi. "Andiamo?" Annuí e ci dirigemmo verso l'auto. Dopo averla aperta, entrammo e partimmo. Non vedevo l'ora di arrivare a casa. "È andato veramente tutto bene al lavoro?" "Si si, è stato solo pesante, abbiamo dovuto sistemare tutti i nuovi arrivi. Tu? Com'è andata al lavoro?" Mi girai verso di lui e aspettai una sua risposta. "È andato tutto bene, oggi stranamente c'era poca gente." Annuii e per il resto del viaggio rimanemmo in silenzio. Dopo una decina di minuti arrivammo a casa. Parcheggiammo, scendemmo e chiudemmo l'auto. Entrammo nell'edificio e, prendendo l'ascensore, arrivammo dopo pochi minuti. Una volta dentro casa abbandonai la mia borsa sul tavolo e crollai sul divano, senza neanche mettermi prima il pigiama, come di solito avrei fatto. John mi raggiunse e si sedette vicino a me. Guardò la mia plancia e poi alzò lo sguardo su di me. "Posso?" Annuii, sarebbe stato ingiusto impedirgli di toccare sua figlia solo perché avevamo litigato. Mi alzai la maglia e le sue mani calde si posarono sulla mia pelle scoperta, facendomi rabbrividire. Era una sensazione bellissima. Le sue mani accarezzavano la mia pancia con delicatezza, quasi avesse paura di romperla. "Oggi ha scalciato la signorina." Lui rise e continuò con le sue carezze. Io chiusi gli occhi e mi rilassai. "Speriamo lo rifaccia, ho voglia di sentirla." Come se la piccola lo avesse sentito, scalciò. Risi e altri calci arrivarono. John si avvicinò al mio ventre, per sentire un eventuale altro calcio, ma l'unica cosa che sentì fu il gorgoglio del mio stomaco che richiedeva cibo. A quel suono John scoppiò a ridere mentre io aprii di scatto gli occhi e arrossii vistosamente. "Qualcosa mi dice che hai fame, vuoi che preparo?" Annuii e mi alzai con lui. "Io intanto vado a mettermi in piagiama." Lui annuii e ci dividemmo, io diretta in camera e lui diretto in cucina. Una volta in camera mi spogliai, sistemai tutto nell'armadio, tranne la maglietta, che avrei messo a lavare, e mi misi il pigiama. Uscii dalla camera e, prima di tornare in sala, feci un salto in bagno per mettere nel sacco dei vestiti sporchi la maglia. Una volta in sala presi dalla mia borsa il cellulare e mi sedetti su una delle sedie intorno alla penisola. John, che stava cucinando, tenne d'occhio ogni mio movimento. "Che cosa fai?" Lo guardai. "Una telefonata." Accesi il cellulare e, dopo aver trovato il numero di Katy, la chiamai. Mi portai il cellulare all'orecchio e attesi. Dopo qualche squillo mi arrivò all'orecchio la voce dolce di mia sorella. "Pronto​?" "Ciao Katy sono Adny, come stai?" "Ariadne! Io tutto bene, tu? Come sta il piccolo? E con John, come va?" Quante domande! "Io sto bene, con John...tutto bene e la novità è che aspetto una bimba, che sta benissimo." "Oddio Adny sono così contenta! Sarà una bellissima bambina, ne sono sicura. E sono felice che con John vada tutto bene sai... mi è dispiaciuto molto non poterti aiutare." Non sapevo quanto le sue scuse fossero vere ma decisi che le avrei accettate lo stesso. "Tranquilla Katy, con John mi trovo bene e anche il lavoro va benissimo." "Sono proprio contenta. Come mai mi hai chiamato? C'è un motivo particolare?" Era l'ora della verità. "Si, c'è un motivo in particolare, ma non posso parlarne al cellulare dobbiamo vederci." "Adny... così mi spaventi... è successo qualcosa?" Entrambe avevamo perso il tono leggero di prima, il momento richiedeva una certa serietà. "Si e no, tu vieni e basta, ti dirò tutto appena ci vedremo." La sentí sospirare. "Va bene venerdì? Alle 8?" Sorrisi, vittoriosa. "È perfetto! Ti va di venire da noi?" "Va bene, dammi l'indirizzo." Gli diedi l'indirizzo e finalmente mi sentii più serena. "Allora a venerdì Adny." "A venerdì Katy." Chiusi la telefonata e sorrisi. John mi guardó, curioso. "Cosa stai combinando, Ariadne?" "Sto cercando di sistemare le cose." E ci sarei riuscita.

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