Capitolo 34: Amarsi - Parte 2.

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Giorno 19: John
Il negozio era molto grande, a me sembrava immenso. Era pieno di passeggini, fasciatoi, vestitini per bambini e madri, giochi e altre infinite cose, quasi mi girava la testa da tutto quello che c'era. Ariadne lasciò la mia mano e si inoltrò in quel labirinto di corsie. Quella mattina avevo cercato su internet negozi per bambini nella zona e questo mi era sembrato il più comodo e il più vicino a un supermarket. Mi guardai intorno e mossi qualche passo per il negozio e, dopo aver visto dov'erano collocati i vari articoli, decisi di dirigermi nel reparto dei vestitini per bambini. Non ci misi molto ad arrivare e, appena vidi quelle piccole tutine, mi venne un tuffo al cuore. Pensare che tra pochi mesi avrei preso in braccio la mia piccola bambina mi metteva una strana ed euforica felicità, come se dipendesse tutto da quell'unico momento. Pensando alla piccola mi venne in mente anche che ancora non sapevamo come chiamarla, neanche ne avevamo parlato. Una sere di quelle avrei intavolato il discorso con Adny. Presi in mano una tutina rosa con ricamate sopra delle roselline bianche e me la immaginai sulla mia bambina. Sarebbe stata bellissima. Ne presi altre tre o quattro e mi spostai nel reparto dei giochi, che era pieno di peluches e bambole di pezza, pieno di trenini fatti in legno e cellulari in miniatura. Giochi per imparare a parlare e giochi per imparare a camminare. Ciò che mi colpì di più fu un grosso peluche a forma di cavallo, grosso e morbidissimo, con il manto pezzatto e una lunga criniera. Lo presi in mano e mi allontanai lentamente. Quel giorno avevo intenzione di prendere una gran quantità di cose, anche perché da poco mi avevano dato lo stipendio. Volevo che non le mancasse nulla e che, per quando fosse nata, fosse tutto perfetto. C'era anche un reparto per scarpe, scarpe grosse come il palmo della mia mano. Ne presi un paio, una rosa e una gialla. Volevo che mia figlia non indossasse solo il rosa, ma che usasse tutti i colori. Volevo che, da grande, si sentisse libera di scegliere il colore che più la rappresentava, libera dai pregiudizi e dalle costrizioni che la società imponeva. Forse ero troppo giovane ma sapevo cosa volevo per mia figlia. Appena mi fui allontanato dal reparto scarpine mi fu tagliata la strada da una ragazza bionda, con i capelli lunghi e mossi e con addosso una camicia rossa. Mi gelai sul posto, colto dal panico. Non poteva essere lei. La vidi fermarsi e, lentamente, girarsi verso di me. Con il fiato sospeso aspettai di vederle il viso e, una volta che si fu girata completamente verso di me, tirai un sospiro di sollievo. Non era lei, non era Sarah. Gli rivolsi un sorriso di cortesia, che ricambiò per poi andarsene. Sarah non si era più fatta sentire dal giorno in cui ci eravamo visti e avevo paura che questo silenzio nascondesse qualcosa, avevo paura che stesse escogitando qualcosa di brutto. Avevo un presentimento che non prometteva nulla di buono. Ma, in quel momento, non ci volevo proprio pensare, non volevo rovinarmi la giornata. Feci un giro veloce del resto del negozio e poi cercai con lo sguardo Ariadne. Ero impaziente di farle vedere ciò che volevo comprare. Feci un paio di giri ancora del negozio ma di lei non c'era traccia, non riuscivo a trovarla. Cercai di non andare nel panico, di rimanere calmo ma la preoccupazione era forte. L'idea di perderle era straziante, era inimmaginabile. Non so che avrei fatto, ne sarei morto. Con il cuore in gola cercai una commessa e, appena ne avvistai una, mi ci fiondai. "Scusi, stavo cercando la mia fidanzata, lei l'ha per caso vista? Ha i capelli lunghi neri ed è incinta di circa cinque mesi." La commessa, che dimostrava la stessa età di Adny, ci pensò su per qualche secondo e poi parve illuminarsi. "Se è la ragazza che penso allora dovrebbe trovarsi nei camerini, in fondo a destra, vicino alla porta che porta al magazzino." Sorrisi, la paura scomparve in un attimo e la calma tornò padrona del mio corpo. "Grazie mille signorina, è stata gentilissima." Lei ricambió il sorriso e alzò le spalle. "Di nulla, in fondo è il mio lavoro." La ringraziai nuovamente e mi diressi verso i camerini, come mi era stato indicato. A dividere il negozio dai camerini c'era un bancone, dove presumevo si lasciassero i vestiti scartati. Sorpassai il suddetto bancone e mi addentrai nel corridoio che ospitava i camerini. Il corridoio era dritto e, ad un certo punto, girava a destra. I cubicoli erano tanti e totalmente vuoti, forse perché era martedì e le persone, a quell'ora, lavoravano. Guardai dentro ogni cabina, senza trovarla, fino a quando, avvicinandomi al punto in cui il corridoio svoltava, non sentii dei mormorii e delle imprecazioni. Dei mormorii e delle imprecazioni inconfondibili. Svoltai l'angolo e la vidi. Davanti lo specchio a parete che cercava di tirarsi giù la cerniera del vestito che stava provando. Sorrisi. "Ti sta benissimo." Ariadne sussultò e si girò verso di me. Mi sorrise mestamente per poi rigirarsi. Mi avvicinai, appoggiai le cose che avevo in mano su una poltroncina e mi accostai a lei. "Pensi davvero che mi stia bene?" La baciai teneramente sulla tempia e l'abbracciai da dietro. "Penso che tu sia bellissima." La vidi arrossire e sorridere. Lei mi lasciò un bacio sul collo e, dopo essersi staccata da me, si diresse verso le cose che avevo scelto. Si sedette sulla poltroncina e le studiò attentamente, per interminabili secondi. Alzò il viso e incatenò i nostri sguardi. " Sono bellissime...le tutine, le scarpette, il peluches...è tutto stupendo." La raggiunsi, mi chinai e la bacia. Un bacio dolce, un bacio voluto e desiderato. Un intreccio di anime. Circondò il mio viso con le sue mani e lo strinse, plasmò le sue labbra sulle mie. Ci staccammo quando l'aria nei polmoni finì. Entrambi con il respiro e i battiti accelerati. La desideravo con tutto me stesso, ogni parte del mio corpo la bramava. Mi allontanai, dovevo calmarmi. La sentii alzarsi e balbettare qualcosa, poi la vidi rientrare in camerino. Inspirai ed espirai un paio di volte. Feci qualche passo per tornare verso la poltrona, cosa che non avrei dovuto fare. La tendina del camerino di Adny non era tirata fino in fondo e tutto ciò che c'era da vedere si vedeva. Mi bloccai e mi avvicinai. L'abito che poco prima si stava provando giaceva a terra e lei si stava osservando allo specchio. La pancia gonfia era ciò che spiccava e solo dopo notavi il completino intimo rosso che le copriva lo stretto necessario. Il tutto era altamente eccitante, tanto da farmi scappare un gemito. Lei alzò il viso e, dallo specchio, fece scontrare i nostri sguardi. Si portò la mano sul collo e, piano piano, la fece scivolare lungo tutto il suo corpo. Seguii tutto il percorso della mano, come in trance. Quando si fermò al bordo delle mutandine sospirai, in estasi. Era troppo. Chiusi di scatto la tendina, presi le mie cose e me ne andai. Sentivo scosse di piacere lungo tutto il mio corpo, una voglia immensa di immergermi in lei. Mi passai la mano sul viso e mi diressi vicino alle casse, per aspettarla. Nel frattempo tirai fuori il portafoglio e la carta di credito. Quando mi rivoltai verso i camerini la vidi uscire. Appena mi vide abbassò gli occhi e arrossì, mentre con passo spedito veniva verso di me. "Metto a posto le cose e arrivo." Fece per muoversi ma io la bloccai, prendendola per il polso. "Ti piacciono?" Lei mi guardò, cercando di capire dove io volessi andare a parare. "Si ma...ma non c'è bisogno di-" "Le prendiamo." Presi i vestiti dalle sue braccia e li posai sul rullo insieme al resto delle cose. La signorina mi sorrise e passò le cose in cassa. "Sono 76,90$" Annuii, gli passai il bancomat e digitai il pin. La commessa mise le cose in due sacchetti che io presi. La salutammo e uscimmo dal negozio. Ritornammo all'auto, l'aprii e misi i sacchetti nei posti dietro. Controllai anche la spesa e fui felice di constatare che fosse tutto a posto. Entrammo dentro alla macchina e ci mettemmo le cinture. Misi in moto e partimmo. Erano le sei e fui felice di non aver preso surgelati. Guardai Ariadne e non riuscii a trattenermi. Misi la mia mano sulla sua coscia e, con il pollice, gli feci un lento massaggio. Lei mi guardò e mi sorrise, arrossendo leggermente. Felice, continuai a guidare e in men che non si dica arrivammo a casa. Parcheggiammo l'auto, scendemmo e la scaricammo. Io presi tutti i sacchetti della spesa e lasciai a lei quelli più leggeri con dentro gli acquisti fatti al negozio. Chiusi la macchina ed entrammo nel palazzo. Presto fummo a casa. Appoggiai la spesa sulla penisola, insieme ai miei effetti personali. "Andiamo a cambiarci e poi sistemiamo la spesa?" Annuì e se ne andò, silenziosamente. Tutto ciò che era successo doveva averla scioccata. Sospirai a anche io andai a cambiarmi. Mi spogliai e abbandonai i vestiti sulla poltrona, non avevo nessuna voglia di sistemarli, e indossai la mia tenuta da casa. Tornai in sala e la trovai già intenta a riordinare le cose. "Hai già messo a posto le cose che abbiamo preso?" "Non ancora, ho preferito venire subito qui. Le cose vanno messe in fresco." Sorrisi. "Hai ragione." Mi misi a sistemare insieme a lei e in poco tempo finimmo. "Vado un attimo in camera, tu inizi a preparare da mangiare?" Lei annuì e io feci per andarmene ma la sua voce mi fermò. "Grazie John, per ciò che fai per noi." Sorrisi, dio quanto l'amavo. "Per la mia famiglia questo ed altro." Detto questo me ne andai. Entrai in camera e mi tolsi la maglia, avevo notato che era macchiata e volevo cambiarmela. Ne tirai fuori un'altra e mi diressi verso la vetrata, per osservare New York. Proprio mentre mi stavo per infilare la maglia nel riflesso del vetro vidi la figura di Ariadne. Lasciai perdere la maglietta e mi girai verso di lei. Era bella, bellissima. Gli occhi pieni di amore e passione, occhi che avrebbero fatto innamorare chiunque. Venne verso di me e si buttò tra le mie braccia. La sua bocca coprì la mia, c'era desiderio e urgenza nel nostro bacio. Le nostre lingue si intrecciavano e si accarezzavano come se non ci fosse un domani. Posai le mie mani sul suo fondoschiena e la strinsi a me mentre lei posò le sue mani sul mio petto, i suoi palmi erano freschi a contatto con la mia pelle bollente. Ci spostammo a ridosso del letto e io la sospinsi su di esso, in modo da averla sotto di me, come pochi mesi prima. Portai le miei mani sulla sua vita e, con delicatezza, le sfilai la maglietta che indossava. Mi fermai ad ammirarla e mi sentii fortunato. Le lasciai un bacio appena sopra il bordo dei pantaloni e poi un altro appena più sopra, così fino al bordo del reggiseno. La guardai e lei mi diede il consenso gemendo. Si inarcò leggermente, giusto il tempo di sganciarle il reggiseno e di toglierlo. Mi riempii gli occhi di lei e poi, con delicatezza, gli accarezzai e baciai il seno. Gemette e io sospirai, felice di poterle dare piacere. Le sue mani si posarono sulla mia schiena, muovendosi e tracciando sentieri immaginari sulla mia pelle. Scesi nuovamente con la bocca e, nel frattempo, le tolsi i pantaloni. Lei si tirò improvvisamente su e, con mani tremanti, tirò giù i miei. Vedendola in difficoltà andai in suo soccorso, finendo da solo mentre lei si ridistese. Una volta che me ne fui sbarazzato ritornai da lei, baciandole tutto il corpo. Dalle gambe fino alla bocca tenera, lasciandole giusto qualche succhiotto qua e là. Dopo interminabili minuti di tortura la sua mano raggiunse i miei boxer. Mi guardò, supplicante. "Ti prego." A quella supplica non resistetti più. Mi tolsi i boxer e tolsi a lei le mutandine. Dopo essermi assicurato che lei fosse pronta mi misi in posizione. Posai una mano sul suo fianco e mi feci strada in lei, lentamente. Era più bello di quanto mi ricordassi, più profondo di quanto avessi mai immaginato. Quando cominciai a muovermi gememmo entrambi, insieme. La baciai dolcemente e, quando entrambi arrivammo al culmine, appoggiai la mia fronte contro la sua, occhi negli occhi, respiri in respiri. Lei chiuse gli occhi e sospirò mentre io mi accasciai al suo fianco, attento a non far male alla piccola. Lei si accocolò al mio fianco e io me la avvicinai al petto, per tenermela vicino. Gli baciai la tempia e lei appoggiò una mano sul mio petto, facendomi i grattini. Capii subito quando si accorse della cicatrice. Si fermò e la percorse per tutta la sua lunghezza. "Come te la sei fatta?" "Avevo diciassette anni, in quel periodo ero molto stupido. Una notte decisi che mettermi alla guida ubriaco fosse una buona idea." Da lei non arrivò nessuna risposta, solo un bacio. E capii subito anche quando si addormentò. Ci coprii e pensai. Pensai che la vita non potesse essere più bella di così, pensavo che nulla sarebbe andato storto. Ma ancora non sapevo che quella era la calma prima della tempesta.

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