Capitolo 27: Più o meno, più meno che più.

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Giorno 14: John
Aprii la porta di casa e lasciai passare avanti Ariadne, da vero gentiluomo quale ero. Ero andato a prenderla al lavoro e mi era sembrata piuttosto stanca. Erano le otto e per fortuna avevamo già mangiato, ci eravamo fermati in un bar e avevamo letteralmente sbranato i panini che avevamo ordinato, parlando ogni tanto della giornata lavorativa, alternando le chiacchiere con i baci. Non ero così felice da tanto tempo, anzi non mi ricordavo di esserlo mai stato. Lei mi aveva cambiato la vita e io non potevo che esserne contento. Tutti i miei pensieri negativi e tutto il mio rifiuto iniziale verso quella situazione erano come spariti. Ero proprio contento della direzione che avevano preso le cose. "Dio mio! Sono stanca morta!" La guardai e sorrisi, era bellissima. Bella come il primo giorno in cui l'avevo vista. Me lo ricordavo come fosse il ieri. Così timida e dolce, quella notte mi era sembrata magica. Mi riscossi dai miei pensieri e la trovai a fissarmi, con un sorriso sul volto a illuminare la stanza. Andai verso di lei e le appoggiai una mano sul fianco, facendo leggermente pressione. "Perché mi guardi? Sono così bello?" Lei rise sommessamente e appoggiò la testa sul mio petto, stringendosi a me. "Avevi lo sguardo perso e un sorriso da ebete sul viso...a cosa stavi pensando?" Beccato in pieno! Non mi restava che svuotare il sacco. "A te. Pensavo a te, alla prima volta che ti ho vista." La sentii agitarsi tra le mie braccia e la immaginai arrossire. Gli accarezzai i capelli e lei si tranquillizzò. "E cosa hai pensato la prima volta che mi hai visto?" Risposi di getto, senza pensare. "Appena ti ho vista ho pensato fossi un angelo, un angelo venuto a salvarmi. Eri bellissima e dolce, il tuo arrossire mi faceva perdere la testa e, dopo il primo bacio, mi ricordo che ho pensato che non sarei riuscito a viverne senza." In quel momento c'eravamo solo noi due, io e lei. Si staccò da me e alzò i suoi occhioni, facendoli scontrare con i miei. "John, io..." La guardai intensamente, con gli occhi che brillavano per l'attesa. "Si?" Lei si morse il labbro ed esitò. "...io non so cosa dire." La guardai e mi staccai, dentro di me speravo segretamente che dicesse che mi amava ma, giustamente, il tempo che avevamo passato insieme era troppo poco e ancora dovevamo conoscerci bene. Inoltre avevamo veramente un sacco di problemi ancora da risolvere e, per le dichiarazioni, non era ancora il momento soprattutto perché io per primo non sapevo ancora bene cosa provavo. La guardai e gli spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Non devi dire nulla, baciami." Lei mi si avvicinò, mi passò le braccia dietro il collo e si spinse contro mie labbra. Il bacio fu delicato, le lasciai condurre il gioco il che si rivelò fantastico. Era dolce e soffice e io non potei che gemere, preso da un'improvvisa voglia di lei e, a quanto pare, anche lei se ne era accorta. Si staccò da me e, timidamente, volò via, diretta in camera sua. Con un sorriso ebete sul viso anche io raggiunsi camera mia, avevo voglia di mettermi comodo. Entrai e mi richiusi la porta alle spalle, quanto mi sarebbe piaciuto dividere la stanza con lei ma, ritornando al punto di prima, era meglio non affrettare nulla, pur essendo tutto tranquillo...più o meno. C'era una cosa che mi turbava parecchio, ovvero la sorella di Ariadne. Quando l'altra sera me l'aveva descritta mi ero paralizzato, scioccato da quello che il mio cervello aveva pensato. E, se la sorella di Adny, fosse quella ragazza bionda che mi aveva braccato fuori dal locale martedì sera? Non era la prima volta che la vedevo e più volte aveva pronunciato il nome di Ariadne. Ero confuso e non volevo affatto pensarci, ero ben intenzionato a non chiamarla. Mi tolsi dalle tasche dei pantaloni portafogli, chiavi e cellulare e li appoggiai su uno dei miei comodini e poi mi spogliai, tenendo però i boxer, lanciando tutto nell'armadio. Tirai fuori il mio pseudo pigiama e lo indossai e, cosa più importante, mi tolsi via scarpe e calzini. Sospirai e uscii dalla stanza, andando in cucina. Aprii il frigo e ne tirai fuori una birra, per rilassarmi e dissetarmi. La stappai con l'apribottiglie, buttai il tappo, sistemai l'aggeggio e mi andai a buttare sul divano, in attesa della piccola. Ed ecco che, parlando del diavolo, spuntavano le corna. Ariadne apparve in sala con una canotta attillata bianca, dei pantaloni rossi al ginocchio e uno chignon disordinato. Stava maledettamente bene. Gli feci segno di venire da me e lei, titubante, si accomodò sul divano, vicino ma allo stesso tempo lontano da me. Poggiai la birra sul tavolino e mi avvicinai io a lei. Portai le mani suo suoi fianchi e me la misi sulle gambe. Le sorrisi e lei nascose il viso nell'incavo del mio collo. "Hai già scelto il film da vedere stasera?" Lei annuii, ridacchiando. Avevo paura. "Ti prego, Adny, ti prego di non farmi vedere il continuo della saga di Twilight! Maledetto il giorno in cui ho lasciato che quella pazza di mia sorella lo comprasse!" La sentii ridere e io la raggiunsi, staccandola da me, per guardarla. "Cosa fai, eh? Ti prendi gioco di me, eh?" Lei scosse la testa e io iniziai a farle il solletico. "No! Ti prego basta, basta! Hahahah!" Le portai le braccia dietro la schiena e mi chinai su di le. "Se smetto cosa mi dai?" Lei si avvicinò al mio orecchio e me lo sussurrò. "Se smetti ti prometto che non guarderemo più la saga di Twilight e ti do un bacio." Finsi di pensarci su, la risposta era ovvia, solo un pazzo avrebbe rifiutato. "Ci sto." Sorrise e attaccò le nostre bocche, in un bacio appassionato ma non frettoloso. Il mio corpo piano piano si stava svegliando, così come il suo. I pantaloni incominciavano a starmi stretti e le mani fremevano dalla voglia di toccarla ovunque. Gli posai una mano sulla schiena e la spinsi contro di me, facendo aderire il suo corpo al mio. Lentamente mi sdraiai sul divano, appoggiandomi contro il cuscino che copriva il poggiatesta, così da averla completamente su di me. La sentii mugolare leggermente e io la seguii, completamente accecato dal desiderio. Posizionai le mani sui suoi fianchi e, piano piano, risalii lungo tutto il corpo. Mi soffermai sulla pancia e la accarezzai gentilmente, sapendo chi ci fosse dentro. Una piccola principessa, come la sua mamma. Gli diedi un'ultima carezza e continuai nel mio percorso e, nel frattempo, spostai le mie labbra sul suo collo, lasciandole baci dappertutto. Appena arrivai all'altezza del seno lei si bloccò, si irrigidì tutta, e si staccò da me, mettendosi in posizione eretta. Mi guardò, imbarazzata, per poi scendere da sopra il mio corpo e mettersi dal lato opposto del divano. Mi tirai su anche io e la guardai, interrogativamente. Che cosa gli era preso? Avevo per caso fatto qualcosa di sbagliato? "Ho...ho fatto qualcosa di sbagliato? Non voglio obbligarti a fare nulla che tu non voglia, lo sai vero? Io..." La vidi scuotere la testa e allora mi zitii, lasciandole tutto il tempo che voleva per esprimersi. Era in difficoltà e si vedeva, inconfondibile segno che stava per scatenarsi l'inferno. Avevo un presentimento. "C'è una cosa che devo dirti, più o meno importante." Lo sapevo, lo sapevo! Sbuffai e appoggiai la schiena sullo schienale e i piedi a terra. "Ti ascolto." Ero tutto orecchi. "Ecco...ieri stavo parlando con Danny eh...lui mi ha chiesto di uscire domani e io ho accettato!" Aveva parlato così velocemente che mi sembrava di aver capito male, io speravo vivamente di si, non c'era altra spiegazione. La guardai e mi avvicinai. "Potresti ripetere, per favore?" Lei deglutii e fece come gli avevo chiesto. "Danny mi ha chiesto di uscire e io ho accettato." Questa volta fu così lenta e chiara che non c'erano dubbi, era maledettamente vero. Mi tirai su dal divano e mi misi a camminare sconnessamente da una parte all'altra della stanza. Mi portai una mano sul viso e me lo sfregai più volte, colto da un'improvvisa gelosia. "Dimmi che non è vero, Adny!" Lei si alzò e venne verso di me, con sguardo colpevole. "John, ehi, stai tranquillo! È...è solo un'uscita tra amici, in questi giorni abbiamo legato molto ma solo in amicizia, lui mi ha detto che solo all'inizio provava un certo interesse verso di me ma..." Io scoppiai a ridere dal nervoso, fermando il suo flusso di parole. "E secondo te io dovrei fidarmi?! Fidarmi di uno che magari cova un interesse segreto per la mia...la mia..." Lei mi guardò e incrociò le braccia al petto, guardandomi con sfida. "La tua cosa, John?" La guardai e accettai la sfida. "...per la ragazza con cui mi sto frequentando e che porta in grembo mio figlio." Lei, colpita, sciolse le braccia e si risedette sul divano, sbuffando. "Mi ha assicurato che sarà un appuntamento di sola amicizia, John. Fidati...ho bisogno di uscire un pò e svagarmi." Mi appoggiai alla penisola, frustrato. "Se vuoi svagarti esci con Eleonor, con Isbel o...o con me! Ma non con...con quello!" Lei si rialzò, di scatto, e venne verso di me. "È la prima volta che ho un amico maschio, che ho un amico per conto mio, senza aver sfruttato nessuna conoscenza, e nessuno mi impedirà di uscirci, nemmeno tu!" Diventai rosso di rabbia, geloso fino alla punta di ogni capello. "Ariadne, non farlo! Non farmi arrabbiare!" Lei, inferocita, mi puntò il dito contro. "Se tu non riesci a fidarti di me non sono affari miei! Io faccio quello che mi sento, faccio quello che voglio! E, John, è ora che tu incominci a fidarti di me perché come io lo faccio con te tu devi farlo con me!" Detto questo prese e se andò in camera sua, sbattendo la porta. Io lanciai un urlo liberatorio e sbattei il pugno contro il tavolo, sentendolo cominciare a pulsare immediatamente. Non sopportavo l'idea che lei uscisse con un altro ragazzo, figuriamoci con uno che la guardava come fosse di sua proprietà quando lei era solo mia. Ma voleva la guerra? E guerra sia. Andai in camera mia, aprii il cassetto del comò e tirai fuori da esso un fogliettino, con un nome e un numero. Uno strato di senso di colpa appannò la mia mente ma, ormai, ero deciso. Presi il mio cellulare e scrissi il messaggio.

A: 3985256921
Sarah, giusto? Sono John e sono sicuro che ti ricorderai di me. Sono interessato a vederti, scrivimi al più presto data, ora e posto.

La risposta non si fece attendere troppo.

Da: 3985256921
Sono Sarah, esatto. Sono felice che tu mi abbia contattata. Facciamo...questa domenica, ore 14 davanti al locale dove lavori. Saluti!

Sospirai e lanciai il cellulare il più lontano possibile da me, in lotta con me stesso. Più o meno eravamo pari adesso, no?

Noi e il frutto del nostro amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora