Giorno 11: John
Entrai in macchina, fumante di rabbia repressa, e misi in moto. Mi sforzai di non guardarla e di ignorarla, come lei aveva fatto con me sino ad ora. Le veniva così bene! Strinsi il volante fino a farmi diventare le nocche bianche. Scena che non mi era nuova. Purtroppo il viaggio sarebbe durato mezz'ora e, se avessimo continuato così, sarebbe stato il viaggio più pesante e stressante della mia vita. Sbuffai, mi fermai al semaforo e mi misi a tamburellare le dita sul volante, guardandomi intorno. "Mi dispiace" La sua voce ruppe il silenzio che si era creato all'interno dell'abitacolo. Scattò il verde e ripartii. La guardai torturarsi le mani, con il capo girato verso il finestrino e lo sguardo perso nel vuoto. Talmente ero nervoso che stavolta non sarei riuscito a controllare la mia lingua. "Pensi che mi piaccia questa dannata situazione? Tu che mi ignori e il tuo stupido amichetto che pensa di potersi prendere libertà che non ha?! Be, cara, no, non mi fa piacere!" La vidi sussultare e stringersi le mani al petto. "Anche tu mi hai ignorato, non dare tutta la colpa a me! Dove sei stato per tutta la domenica?" Strinsi i denti e mi concentrai sulla guida. "Ora chi sta ignorando chi?" Lasciai andare un sospiro pesante e mi arresi, facendo così sarei solo passato dalla parte del torto. "Ho passato la giornata a casa di Eleonor, contenta? Ora ti senti realizzata?" Si girò verso di me, lanciandomi un'occhiataccia minacciosa. "Sapere che hai passato il giorno dopo avermi baciato con un'altra ragazza non mi fa sentire contenta." Risi e scossi la testa. "Sai che non c'è nulla tra me e lei." Ripensando a ciò che aveva detto mi si illuminarono gli occhi. "Sei gelosa, per caso?" Lei incrociò le braccia al petto e mise in broncio, ignorandomi. Gli tirai una gomitata, stando sempre attento alla guida. "Si, sono gelosa...e non sono l'unica a quanto pare..." Sorrisi, aveva ragione. "Pensi che io sia geloso?" Lei rise e poggiò i piedi sul cruscotto. Assottigliai gli occhi, infastidito. "Se tiri via i piedi magari te lo dico." Tolse i piedi lentamente, facendolo apposta per farmi innervosire. Era strano come io e lei riuscissimo a passare da arrabbiati l'uno con l'altro a ridere e scherzare insieme in cinque minuti netti. Mi ricordavo di essere furioso con lei poco fa. Risi e scossi la testa divertito. "Cosa c'è?" La sua voce infastidita mi punzecchiò le orecchie. Le feci segno di lasciar perdere, decidendo di rispondere alla sua precedente domanda, dopo tutto aveva rispettato il patto. Brava la mia bimba. "Si, anche io sono geloso." Sorrise, soddisfatta. Stronzetta. Aspettava solo quello lei. Restammo in silenzio per qualche minuto, interrotto solo dal rumore del traffico NewYorchese e dallo scroscio della pioggia. Accesi la radio della macchina e partì a tutto volume "Demons" dei Coldplay. La canzone era già iniziata ma, fortunatamente, da poco. Partì il ritornello e io cominciai a cantare a squarciagola. Adoravo ascoltare la musica e cantare in macchina. Mi faceva stare bene. Stavo ancora cantando quando la musica si spense improvvisamente. Mi voltai bruscamente verso Ariadne, contrariato. "Ehy! Perché l'hai spenta? Era una canzone stupenda!" Lei sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Si appoggiò le mani sul piccolo pancione e alzò le spalle. Mi passai una mano sulla nuca, stanco di questi suoi comportamenti. "Mi spieghi che cazzo di problemi hai?" Lei sussultò e non mi rispose, chiudendosi nel suo mutismo. Meno male che eravamo quasi arrivati a destinazione, perché quella situazione non la reggevo proprio più. Guidai per altri quindici minuti prima di arrivare finalmente a destinazione. Parcheggiai la macchina all'inizio della via, poco più avanti dello studio medico, c'era poco da fare a piedi. Spensi la macchina e, prima di scendere, restammo fermi ai nostri posti per qualche minuto, senza neanche toglierci le cinture di sicurezza. Guardai l'orario: erano le quattro meno venti. Io mi girai verso di lei e lei verso di me: contemporaneamente. "Allora..." Lei mi fermò subito. "Mi stai per dire come devo comportarmi con tua sorella?" Abbassai gli occhi, colpevole. La sentii togliersi la cintura di sicurezza, prendere l'ombrello, aprire la portiera e uscire dalla macchina. Mi schiaffeggiai la faccia un paio di volte prima di uscire anche io dall'auto. Chiusi la sua portiera e la macchina. Corsi da lei, per non prendere troppa acqua e l'affincai, camminandole accanto. Lei guardava avanti a se, senza degnarmi di uno sguardo, neanche per sbaglio. Arrivammo davanti allo studio e, mentre io mi fermai davanti a esso, lei continuò ad andare avanti. Era probabile che non sapendo dove si trovasse non lo avesse notato. "Ariadne! Dove stai andando?!" La vidi fermarsi e voltarsi verso di me, tutta rossa per l'imbarazzo. A testa alta tornò indietro, chiuse l'ombrello ed entrò nello studio. Risi e la seguii a ruota. Il calore che c'era nella stanza era in netto contrasto con il freddo che veniva da fuori, non che mi lamentassi, si stava da dio. Io e Ariadne ci togliemmo i cappotti e li lasciammo sull'appendiabiti, che si trovava di fianco alla porta. Feci segno ad Ariadne di andarsi a sedere su una delle poltroncine che si trovavano nella sala d'aspetto, mentre io andai dalla receptionist. Mi accolse una ragazza sui trent'anni, carina e con un viso simpatico. "Salve, come posso aiutarla?" Mi sorrise cordialmente e io ricambiai. "Salve, avrei un appuntamento per le tre con la dottoressa Violet Dawson, mia sorella." Lei annuì e controllò sul suo computer. Dopo pochi minuti rialzò lo sguardo su di me. "La dottoressa ne avrà ancora per qualche minuto, può aspettare nella sala d'attesa." La ringraziai e tornai da Ariadne. In effetti eravamo un pò in anticipo. Mi sedetti di fianco a lei e la osservai leggere una rivista sulla gravidanza. "Tra poco sarà il nostro turno." Annuì distrattamente, senza staccare gli occhi dalla rivista. Per ingannare il tempo decisi anche io di dilettarmi con una di quelle riviste che andavano tanto di moda tra le neo-mamme. Presi la prima che trovai e la aprì su una pagina a caso. La pagina presentava pannolini, biberon e...e tiralatte! Strabuzzai gli occhi e chiusi la rivista di scatto, proprio mentre mia sorella urlava il mio nome. Rimisi la rivista al suo posto e mi alzai, pronto per stringere Viol tra le mie braccia. Gli andai incontro e la strinsi tra le braccia, lasciandole poi un bacio sulla fronte. Lei mi accarezzò una guancia e mi sorrise. "Allora, come sta il mio fratellino?" "Il tuo fratellino sta abbastanza bene, e la mia sorellona? Come sta?" I suoi occhi si rattristarono per qualche secondo, tornando subito dopo normali. "Potrebbe andare meglio." Corrugai le sopracciglia, interrogativo. Lei fece segno di lasciar perdere e spostò lo sguardo da me a dietro di me. Avrei rimandato le domande a dopo la visita. "Penso ci sia qualcuno da conoscere." Mi girai e vidi Ariadne in piedi poco lontano da noi, con le mani che si stavano torturando e lo sguardo timido. Ci avvicinammo a lei e io mi posizionai al suo fianco. "Violet ti presento Ariadne, Ariadne ti presento Violet." Ariadne gli porse la mano e lei gliela strinse, gentilmente e dolcemente. "Mio fratello mi ha parlato molto di te, è un piacere conoscerti." Lei arrossì e gli sorrise. "Anche per me è un piacere conoscerla." Mia sorella rise e si portò le mani alla bocca, come per bloccare il fiume di risate che stava per esplodere. "Ariadne...penso proprio che tu possa darmi del tu!" Lei annuì e si rilasso notevolmente. Violet riprese un contegno e ci disse che sarebbe stato meglio spostarci nel suo studio. Le camminammo dietro mentre lei ci faceva strada. Appena prima di entrare si aprì la porta dell'altro studio, rivelando una vecchia signora che se ne stava andando e il dottor.Kaos, che la stava cortesemente salutando. Appena si accorse di noi o, per meglio dire, di mia sorella i suoi occhi persero per un attimo la felicità ma fu questione di secondi, poi scomparve. Io lo salutai e lui ricambiò, senza staccare mai gli occhi da Violet. Fece per dire qualcosa ma mia sorella fu più veloce: aprì la porta dello studio e ci disse di entrare. Seguimmo i suoi ordini ma, prima che la porta si chiudesse, notai la scintilla che passò tra loro, un misto di amore, tristezza e arrabbiatura. Qui gatta ci covava. Confermai ciò che avevo detto prima: prima di andare avrei indagato. "Allora Ariadne, a che mese sei?" Violet si sedette dietro la scrivania e noi davanti a lei. Si vedeva che Ariadne era nervosa, non riusciva a tenere le mani ferme. Ero tentato di prendergliele tra le mie ma mi trattenni, avrebbe potuto darle fastidio. Non feci in tempo a formulare questi pensieri che una piccola mano si aggrapò alla mia, stringendola, come se non volesse lasciarla mai più. Sorrisi, come se fossi paradiso, e ricambiai la stretta. "Sono di circa cinque mesi." Mia sorella annuì e lo scrisse su un foglio. "Hai malattie o allergie importanti?" Ariadne ci pensò e poi rispose. "Nessuna malattie né allergia importante, solo una piccola allergia alle banane." Violet scrisse anche questo e immaginavo avrebbe scritto tutto ciò che avrebbe detto Ariadne. "Prendi medicinali di qualche tipo?" Ariadne scosse la testa. "Hai avuto dei problemi durante questi cinque mesi di gravidanza? Nausee o altro?" "Solo delle nause mattutine ma nient'altro." "Prendi anti-concezionali?" Ariadne arrossì e scosse la testa, stringendomi la mano. Violet segnò le ultime cose e poi si alzò. "Vieni Ariadne, sdraiati pure qui." Mia sorella le indicò la "poltrona" bianca, collegata a un aggeggio che pensavo sarebbe servito a fare l'ecografia. Lei ci si sedette su e chiuse gli occhi leggermente, sicuramente per rilassarsi. Approfittai di quel momento per avvicinarmi e parlare con mi sorella ma fu lei a precedermi. "Allora, come sta? Hai ragionato su quello che ti ho detto la scorsa volta?" Annuii. "L'ho baciata." Lei spalancò gli occhi. "E...?" "E lei è scappata e non so più che in rapporti siamo: prima ci evitiamo, poi scherziamo, poi lei si incazza, poi mi stringe le mani...non ci capisco più niente!" Mia sorella scosse la testa. "Devi risolvere questa situazione in fretta e io non posso aiutarti!" Annuii, rassegnato, e mi girai verso Ariadne, che proprio in quel momento riaprì gli occhi. Violet si avvicinò a lei e accese l'aggeggio. "Ti chiedo di alzarti la maglia, per favore. Adesso ti metterò del gel sulla pancia, scusami ma potrebbe essere un po' freddo." Lei annuì e si alzò la maglia, mentre Violet le spalmava il gel sulla pancia. Lei rabbrividì e io gli presi una mano tra le mie. Le diedi un bacio sulla fronte e una piccola lacrima le solcò la guancia destra. Violet le sorrise e le passò la sonda sul ventre. "È normale che tu pianga, è un momento molto commovente per le future madri." Ariadne annuì e sorrise, mentre un'altra lacrima gli scivolò giù dagli occhi. Mi strinse le mani e un'immagine sfocata apparve sullo schermo. Man mano che la sonda si muoveva l'immagine si faceva sempre più nitida e si riusciva a distinguere la sagoma di un piccolo bambino. Ariadne si portò la mano libera davanti alla bocca, per coprire il suo stupore e la sua felicità. Io mi avvicinai e, come rapito, fissai l'immagine. "Ecco...qui abbiamo il viso, le braccia, che sono incrociate sul petto, e le gambe leggermente piegate." Ariadne mi lasciò le mani e toccò lo schermo, come per assicurarsi che fosse vero. "Volete sapere il sesso?" Io e lei annuimmo in sincrono. Violet mosse ancora la sonda e si illuminò. "Allora ragazzi, il piccolo mi sembra proprio una femminuccia!" Appena Violet pronunciò quelle parole Ariadne e...io scoppiammo a piangere. Lei si fiondò su di me e io la strinsi con forza, con una sensazione di pace addosso indescrivibile. Violet si asciugò una piccola lacrima e mimò delle parole che non scorderò mai. "Lei è un dono." Piansi e la strinsi sempre più forte. Le mie donne. Avrei fatto di tutto per tenermele vicine, costi quel che costi. Avrei aspettato il momento giusto per dirgli tutto quello che provavo ma mai più gli avrei lasciato pensare che per me lei non valeva nulla. Ci staccammo e lei si ripulì dal gel, mentre Violet spegneva il macchinario, non prima di aver stampato le foto. Io e Ariadne ci riassestammo e prendemmo le foto, osservandole accuratamente mentre Violet completava la cartella di Adny. Una volta finito tutto Violet abbracciò entrambi e ci fece le congratulazioni. Uscimmo insieme dalla stanza, questa volta senza incontrare il dottore. Ritornammo nella sala d'attesa e io chiesi ad Ariadne di andare a prendere le giacche e gli ombrelli, mentre io avrei parlato con mia sorella. "Allora? Sputa il rospo." Violet scosse la testa, facendo finta di non capire. "Non fare la scema, cosa succede tra te e il dottor. Kaos?" Lei sbuffó e si coprì il viso con le mani. "Sono una casino!" Io le tolsi le mani dal viso e gli diedi un bacio sulla fronte. "Non so cosa stia succedendo tra voi e non voglio intromettermi, questi sono giustamente fatti tuoi, ma ti voglio dire una cosa: lui mi sembra veramente, se non proprio innamorato, ma sicuramente molto preso quindi vivitela e non pensare: se è destino durerà. Lasciati andare." Lei aveva gli occhi lucidi e, prima che potessi parlare, mi strinse in un abbraccio spacca ossa. Restammo abbracciati finché Adny non tornó. Ci infilammo i cappotti e salutammo Violet. Lei e Ariadne si abbracciarono e fu una scena molto bella. Uscimmo dallo studio e tornammo alla macchina. Per fortuna aveva smesso di piovere. Entrammo in auto e restammo fermi per qualche minuto. Io e Ariadne prendemmo la foto dell'ecografia in mano, contemporaneamente. Rimanemmo così. Semplicemente in contemplazione di quella meraviglia.
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Noi e il frutto del nostro amore
Literatura FemininaJohn, bello e simpatico, gentile e sicuro di sè, ragazzo che tutte vorrebberò ma, per lui, deve essere, rigorosamente, solo per una notte. Ariadne, bella e timida, buona e insicura di sè, ragazza che tutti vorrebberò, rigorosamente, per sempre. Una...