Capitolo 30

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"Tuo figlio?!" domandai basita.
"Sì, mio figlio" rispose Frank rincarando la dose.
"Tuo figlio non è affare TUO!" urlai nervosa. Non poteva decidere da un giorno all'altro di fare il padre e sopratutto dopo quello che mi aveva detto,era il minimo che io non volessi più vederlo nemmeno in lontananza.
"INVECE È AFFARE MIO,COME TU SEI AFFARE MIO!" sputò nervoso stringendomi ad un braccio.
"LASCIAMI! MI FAI MALE! " urlai svincolandomi dalla sua presa estremamente forte.
"Elisabeth! Torna qui!" urlò in lontananza mentre io salii in auto per tornare a casa.
Misi in moto e partii,dallo specchietto retrovisore centrale,guardavo l'immagine di Frank diventare un puntino sempre più piccolo,mentre mi allontanavo. Ed era questa l'immagine che vedevo di lui quotidianamente, ossia: un puntino sempre più lontano da me.
Una lacrima timida rigò il mio volto ma al tempo stesso mi decisi di non piangere e così feci.
Arrivai a casa,finalmente. Già stanca e stufa di tutto,mi gettai sul divano priva di qualsiasi voglia di vita.
Mia madre e mia sorella,per fortuna non c' erano, oggi era la mia giornata "NO" e come tale,preferivo starmene in perfetta solitudine e tranquillità.
Accesi il cellulare  e trovai un messaggio di Jay: "Spero che mio nipote, oggi ti abbia dato delle soddisfazioni e stia benissimo.Passo a trovarti stasera,ti adoro" accennai un sorriso ma nemmeno le sue parole mi facevano tornare la serenità che ormai avevo perso.
Posai il cellulare e subito dopo vibrò nuovamente.
"Che palle" bisbigliai sbuffando, ripresi il cellulare e trovai un altro messaggio.
"Sicuramente sarà di nuovo quell'impaziente di Jay" sussurrai.
Invece no.
"Ho saputo della notizia,spero ti stia andando tutto bene. Tanti auguri,sono felice per te. Se ti va,possiamo vederci questi giorni,mi farebbe molto piacere. Un bacio. ~Gerard"
La ciliegina sulla torta.
Rimasi allibita dal modo "calmo" e pacifico con cui mi aveva scritto,non era da lui. Forse davvero non riservava più rancore nei miei confronti e davvero era felice per me. In questo momento avevo,veramente, bisogno di qualcuno accanto e seppure Gerard fosse  stato un pazzo psicolabile, giustificato dall'amore,era in fondo,un ragazzo di cuore e buono,proprio come l' avevo conosciuto.
Mi presi del tempo prima di rispondergli ma confesso che le sue parole mi avevano rasserenata nell'immediato.
Posai di nuovo il cellulare ed andai in cucina per prepararmi almeno un piatto di pasta,non avevo molta fame ma non c'ero solo io ed il nanerottolo nella mia pancia,ne aveva eccome!
"Mi farai ingrassare a dismisura" gli sussurrai mentre mi accarezzavo la pancia e sorrisi.
D'un tratto sentii sbattere fuori alla porta d'ingresso.
Sussultai dalla paura e mi diressi subito a vedere chi fosse.
Era Frank.
"Elisabeth,cazzo! APRI IMMEDIATAMENTE O TI GIURO CHE SFONDO LA PORTA! APRI!!!"ringhiò battendo i pugni sulla porta così forti da farla vibrare. Mi spaventai da morire ed iniziai a piangere.
"APRI!!!!!" urlò battendo più forte.
Aprii subito ed in lacrime gli urlai: "COSA VUOI?!?! SEI UN PAZZO!!! VATTENE !!!"
Guardai i suoi occhi di fuoco e la mandibola serrata dalla rabbia e sentii anche un odore fi alcool nauseante. Era ubriaco e si notava anche dal rossore in viso e dal sudore.
"Sei ubriaco! Esci subito! " ordinai.
"TU MI RIDUCI A QUESTO, TU!!! "esclamò furioso.
"Vattene o chiamo la polizia" risposi seria.
"Ahahahah e che cazzo me ne fotte,ah? !?"
"Sei entrato in casa mia in quel cavolo di modo e mi stai minacciando, devi andartene. ORA!!!" ordinai.
"Allora,signorina,ordini non me ne dai,io entro dove cazzo voglio.OKAY? "disse ad un millimetro dal mio viso.
"Puzzi di alcool e fai schifo, vado a chiamare la polizia" corsi a prendere il cellulare ma Frank si avvinghiò su di me ed in una semi lotta, riuscì a togliermi il cellulare da mano.
"Tu non chiami nessuno" disse mentre era su di me.
"Togliti,fai schifo" risposi.
"Non ti faccio schifo e se te ne facessi non saresti così imbarazzata" si riferiva,probabilmente al mio evidente rossore presente sul viso.
"Non c'entra,togliti o mi metto ad urlare" dissi spingendolo invanamente.
"Ti faccio urlare io".

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