6.

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Era già al terzo caffè ed erano solo le undici di mattina, tutto perché aveva passato un'altra nottata in bianco. Non sapeva come, ma quella mattina ebbe il coraggio di alzarsi e andare al lavoro, mentre suo marito se la dormiva beato a casa.
Odiava vedere le altre persone dormire e lui essere l'unico che doveva alzarsi, era una visione insopportabile. Ma ci avrebbe dovuto fare l'abitudine, e anche in fretta.
La sua breve pausa venne interrotta dal suo capo, quando Daniel lo vide venirgli incontro, non poté non notare l'evidente espressione negativa. Brutto segno.
Aveva i pugni chiusi, il viso corrucciato e con un po' d'immaginazione si poteva vedere la scritta "statemi alla larga" stampata sulla fronte.
Daniel strinse la presa del bicchierino di plastica che conteneva la bevanda iper energetica. Aveva paura in quel momento, non per il suo capo, ma per quello che solitamente gli toccava fare quando proprio lui aveva quell'espressione stampata in faccia.
Sviò lo sguardo, in attesa che la furia gli si abbattesse contro.
-Sai che cosa ha combinato qell'idiota che se n'è appena andata?! Lo sai?!- esclamò, per fortuna erano in una stanza non aperta al pubblico, o era sicuro che se ne sarebbe andato dopo quella sfuriata. Correggo, quell'inizio di sfuriata.
Daniel pregò tutti i santi per non scoppiare a ridere; è vero, il suo capo era spaventoso in quei momenti, ma trovava un non so che di divertente nel vederlo così arrabbiato.
-Cos'è successo?- domandò, già si aspettava il peggio. Francis lo guardò con occhi infuocati, se fosse stato in un cartone animato sarebbe uscito il fumo da essi. -Quella cicciona di Kayla Suan ha rotto la cyclette, ma lei ovviamente non se n'è accorta, povera stupida! Hai capito?! Duecento dollari di attrezzo, un fottuto settimo del tuo stipendio!- lo additò, tanto per sottolineare quando la cosa avrebbe influenzato sulla sua paga mensile.
Se fosse stato in un film di Miyazaki i suoi capelli si sarebbero alzati e il suo viso si sarebbe fatto completamente rosso. Aspettate un momento, forse non c'era poi così tanto bisogno degli effetti speciali.
-Francis, quella cyclette era vecchissima, dovevi immaginarti che prima o poi sarebbe successo quel che è successo.- rispose con tono tranquillo, non c'era alcun bisogno di agitarsi inutilmente.
Conosceva quella donna, era una persona buonissima e, sì, era un po' in carne ma era certo che non fosse stata lei la causa di quel problema. Quella cyclette era vecchia e già da tempo stava cominciando a dare palesi segni di malfunzionamento. Non era colpa del troppo peso di quella donna o di qualunque altro stupido e insulso motivo. Francis accusava chi gli capitasse a tiro o chi gli facesse più comodo, sbagliando e basta.
-Senti, me ne frego, ciò non cambia che quell'affare si "sia" rotto. Prova ad aggiustarla, per favore- mimò le virgolette con le dita di entrambe le mani alla parola 'sia' come a sottolineare che non gli importava assolutamente un fico secco di quel che il corvino gli aveva appena detto.
Daniel si meravigliò di quel 'per favore', credendo fosse inesistente nel vocabolario di quell'uomo.
Alzò gli occhi al cielo, solo perché una volta era riuscito a riparare un attrezzo, che poi era solo smontato, non significava che sapesse riparare qualsiasi cosa si rompesse!
-Francis, io non sono una sottospecie di meccanico!- sbottò, questa volta il suo capo avrebbe detto addio alla sua costosissima cyclette e avrebbe smesso di fare il tirchio. Forse nel mondo dei sogni.
-Provaci e basta! E fa qualcosa per quelle occhiaie! Dio santo, ma non ti fanno dormire?!- detto ciò, si voltò e lasciò l'altro da solo nello stanzino.
Era rimasto con i restanti di un caffè ormai freddo tra le mani e la voglia di tornare a casa nel suo letto che gli frullava nella testa.

-Dove diamine è finito il cacciavite?!- urlò, buttando all'aria qualsiasi cosa si trovasse nei paraggi. Assi di legno, chiodi e viti erano sparsi per tutto il pavimento, insieme a federe e cuscini per la culla. Comprare una culla da costruire a mano poteva anche essere un risparmio di denaro ma non di tempo! Sbuffò per l'ennesima volta e probabilmente anche per l'ultima, stava prendendo in considerazione l'idea di arrendersi definitivamente.
Ricacciò ogni aggeggio nella grande scatola, abbandonandola poi sul pavimento. Imprecò quando trovò il cacciavite proprio sotto la scatola, mantenendosi dal lanciarlo contro la parete.
William nel frattempo se ne stava tranquillo a sonnecchiare sul divano in salotto. Era circondato da cuscini che lo proteggevano da possibili cadute. A Mark non andò giù molto il fatto che avesse dormito tutto il giorno, perché era sicuro che quella notte l'avrebbe passata sveglio. Ma almeno poté approfittarne per riposare prima dell'arrivo di Daniel, il quale si sarebbe strappato i capelli per ciò lo aspettava; costruire la culla di suo figlio. Non c'è cosa più divertente, pensò Mark ironicamente.
Poi il sonno prese il sopravvento e, come farebbe una vecchia nonna che ricama maglioni di lana, si addormentò sulla poltrona.

Quando si svegliò per colpa del fastidioso suono del campanello, gli parve di aver dormito per giorni.
Si assicurò che William stesse ancora dormendo e, ancora un po' frastornato si diresse alla porta. Guardò dallo spioncino ma non riconobbe la persona dall'altra parte. Credeva che fosse suo marito, ma poi diede un'occhiata all'orologio; segnava le sette di sera e Daniel sarebbe tornato dopo minimo un'ora.
Prima di aprire restò a fissare lo sconosciuto; aveva corti capelli neri, dimostrava circa la sua età e gli occhi erano nascosti da un paio di occhiali da sole anch'essi neri. Erano simili a quelli che usavano nel film "Men in Black", lo aveva visto circa due giorni prima e per questo a Mark vennero in mente... quasi si spaventò.
Aprì la porta e davanti si trovò un sorriso smagliante, offuscato dalla zanzariera che divideva i due.
-Mark? Sei Mark Miller? Questa è casa tua?- domandò incerto ma con tono amichevole, si tolse gli occhiali e rivelò un paio di occhi scuri che gli sembrarono familiari.
Mark ricambiò un sorriso gentile e annuì imbarazzato, ma chi diavolo era? -Sì, sono io... lei chi è?- poi si accorse di star parlando attraverso una rete per insetti e, con un gesto veloce e borbottando delle scuse, aprì anche la seconda porta.
-Immaginavo non ti ricordassi di me...- continuò l'altro, con fare imbarazzato. -Ma, accidenti, tu non sei cambiato affatto!- esclamò, riportando gli occhi scuri in quelli di Mark. A quest'ultimo quasi venne un infarto quando riconobbe chi aveva davanti. -Oh mio dio, Gregory McCarthy? Sei veramente tu?!- al corvino si accese un luminoso sorriso e annuì, in tempo prima di ritrovarsi il biondo abbracciato forte a lui.
-Ne è passato di tempo! Come stai? Abiti ancora a Portland? Ma come mi hai trovato?!- domandò a raffica, facendo ridere di gusto l'altro. No, non era cambiato affatto.
-Una domanda alla volta!- esclamò, trattenendo le risate. -Oh, ma che stupido, entra, ti offro da bere.-
Gregory era un vecchio amico di Daniel, Mark lo conobbe quando si mise insieme a lui. Grazie a lui si formò una comunità con gente alla ricerca dei loro diritti, la stessa gente che alcune volte incontrava per strada, vicino a casa o al supermercato. Gregory a quell'età abitava a Seattle ma fu costretto a trasferirsi a Portland dove abitava il resto della famiglia, perché sua madre era gravemente malata. A quei tempi gli amici andavano e venivano, così mantennero per poco i contatti con Gregory.
Ma come dimenticarsi di quel ragazzo carismatico che a soli diciassette anni fondò uno dei primi club per omosessuali, nella loro vecchia e bigotta scuola? Mark non lo aveva dimenticato ed era sicuro nemmeno Daniel.
-Dov'è il nuovo Michael Jordan?- domandò, lanciando sguardi alla ricerca di qualcosa. Mark si accigliò.
-Chi? Daniel?- Gregory riprese il contatto visivo col biondo. -Suo figlio!-
Mark rimase di sasso.
-Tu come...- -Mi ha detto tutto Dan e, dato che sono qui per passare le vacanze, ho pensato di venirti a trovare e conoscere il piccolo.-
-Oh santo cielo, chissà che altro ti ha detto! Vieni, è sul divano che dorme...- entrambi si diressero al salotto, si sedettero e Mark offrì all'altro un caffè, che accettò con gentilezza.
-È tale e quale a te!- sussurrò, ammirando William che teneramente dormiva.
-Però ha un bel caratterino, per quello è uguale a Dan- entrambi scoppiarono a ridere, ricordando la sfacciataggine e l'immaturità del corvino quindici anni prima.
-Daniel sarà a casa a momenti, resti qui a cena?- -Be', come rifiutare, scommetto che sarà divertente fare un tuffo nel passato.-

Finally a familyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora