Mark uscì dal bagno e finalmente poté prendere un rumoroso sospiro di sollievo. -Non ce la facevo più!- sbottò, raggiungendo gli altri due, comodamente stravaccati sul divano in salotto. William dormiva tranquillo con loro, Mark era riuscito a calmarlo durante il tragitto verso casa... stava benissimo e l'unico motivo per il quale piangeva era perché non riusciva a dormire a casa dell'amica. La faccia di Christa era imparagonabile a qualunque altra quando vide il piccolo calmarsi al solo contatto col padre, Mark pensò di non averla mai vista così tanto irritata.
-Credo che andrò a dormire, grazie della serata- sorrise, lasciando con la massima delicatezza il bambino tra le braccia di Daniel, che annuì con aria stanca seguito dal marito. Si scambiarono la Buona notte, e ognuno poi si diresse verso la propria stanza.Il petto di Mark era umido dalla scia di baci che il corvino gli stava depositando, arrivò al mento e con voracità lo baciò sulla bocca.
Quando si staccò morse lievemente le labbra sottili del biondo, per accompagnare il gesto ad una spinta del bacino più in profondità della precedente. Toccando, per l'ennesima volta, il suo punto più sensibile che lo fece gemere più forte.
Il sudore cominciava a bagnare la pelle dei due amanti e i sospiri di godimento di entrambi erano sempre più affannati.
Con un'ultima spinta insieme raggiunsero il loro massimo; Daniel lasciò che il proprio seme riempisse fino in fondo il biondo, mentre quest'ultimo sporcò il proprio stomaco. Si scambiarono un altro appassionato bacio e poi il corvino si sfilò dal marito, per sdraiarsi alla sua destra.
Coi polmoni che richidevano disperatamente ossigeno, Mark si voltò per guardare fuori dalla finestra completamente spalancata; faceva molto caldo in quella notte di metà luglio. La buia notte aveva cominciato a oscurare le strade e l'unica cosa che riusciva a malapena a illuminarle erano gli alti lampioni. Anche se lui, da quella posizione, riusciva soltanto a vedere il cielo privo di stelle.
-Pensi che... Greg si sia divertito?- domandò, quando il respiro e il battito cardiaco ritornarono normali. L'altro si accostò alla sua schiena e circondò il suo corpo con un braccio, stringendolo. -Perché? Tu non lo pensi?- gli donò un bacio dolce sulla spalla nuda e Mark si voltò, guardando il compagno negli occhi oscurati dal buio della stanza. Intravide a malapena il suo sorriso, ed era un così leggero che a Mark ricordò una piccola farfalla. -Non lo so, forse...- non trovò le parole adatte, perciò lasciò la frase in sospeso e senza una fine. Daniel lo accarezzò sulla schiena e nello stesso istante una folata fresca di vento incontrò la schiena nuda del biondo. Mark rabbrividì e Daniel lo strinse più forte, -Mark, piccolo, hai sempre avuto il cuore tenero e premuroso di una nonna coi suoi nipoti.- Mark ridacchiò per quelle parole, prendendole comunque come un complimento. -Non devi preoccuparti per Greg, se ti ho detto che di lui mi fido era perché ogni volta che si è rialzato dopo una brutta caduta, anche dopo tantissimo tempo, lo ha fatto con la forza e il coraggio di un leone. E in qualche modo sento che quel momento sta per arrivare... vedrai Mark, sorriderà come non lo faceva da molto.-
Il biondo sospirò; -Ma io lo vedo così... perso. Lo conosci molto più tu di me, ma davvero, se sei a conoscenza di un modo che possa farlo tornare felice...- Daniel lo interruppe baciandolo castamente, non osò ribellarsi e quando si staccarono, non trovò parole per dire altro perché fu Daniel a farlo.
-Dobbiamo solo lasciare che il destino faccia il suo corso, tutto accadrà nel modo più naturale e giusto possibile. L'unica cosa che possiamo fare noi è incoraggiarlo, senza obbligarlo. Anche un uomo con un passato come quello di Greg può innamorarsi una seconda volta.- Ora chi assalì le labbra dell'altro fu Mark; Dan aveva ragione, non c'era bisogno di sforzare una persona, perché ognuno ha i suoi tempi e anche lui, tolti tutti i dubbi, cominciò ad avere fiducia in Gregory.L'amaro gusto del caffè inebriò le papille gustative di Gregory, facendolo sorridere. Gregory amava il caffè, più amaro era più lo beveva con piacere.
Era solo in una casa che non era la sua; Daniel era a lavoro e Mark era uscito per degli impegni importanti, portandosi dietro il figlio. Gli disse che se avesse voluto, avrebbe potuto lasciate Will a casa con lui, ma Mark gli rispose con un distino no, che era in vacanza e che non doveva fare il baby sitter. Lo avrebbe fatto con piacere, anche perché lo stavano ospitando in casa loro e si sentiva un po' in debito con i due.
Ne approfittò per fare un giro da solo nella sua vecchia città dov'era cresciuto. Era curioso di scoprire se fosse così tanto cambiata dopo tutti quegli anni, o se era rimasta sempre la stessa.
Prese la sua auto, voleva evitare di perdersi mentre era a piedi... non è che si ricordasse proprio benissimo ogni singola strada.
Durante il tragitto, che sembrava senza una meta, notò che quasi nulla era cambiato; la piazza, dove molti gruppi di ragazzi si incontravano era ancora abbastanza frequentata; la famosa pizzeria dove da giovani lui e i suoi amici pranzavano nei giorni festivi... chissà se era ancora gestita da quella simpatica signora che era solita offrire loro sempre qualcosa, suo marito non li sopportava perché facevano sempre chiasso e disturbavano i clienti... quanti ricordi gli vennero alla mente.
Poi passò davanti al parco, non era cambiato molto, anzi lo trovò migliorato: più curato, con più alberi e fiori. Ma ciò che lo indusse a fermarsi fu il vecchio campetto da basket nel bel mezzo di quel prato verde. Ci aveva praticamente passato l'intera infanzia lì, con Daniel e altri vecchi amici che con molta probabilità non avrebbe mai rivisto.
Diede una rapida occhiata ai sedili posteriori e appollaiata sul sedile centrale vide la sua palla da basket. Era sempre lì perché di solito andava a giocare con alcuni ragazzi, anche se il più delle volte ci andava da solo. Ci pensò un po' su, poi sorrise, scese dalla macchina, prese il pallone e corse verso l'area verde.
Era vestito comodo perciò ogni movimento gli risultò facile, ogni salto lo portava a un canestro, senza mai mancarne uno. A fargli compagnia era un gruppetto di ragazzini che si divertivano dall'altra parte del campo, occupandone una meta. Passò una trentina di minuti a muoversi, finché non ebbe il forte bisogno di reidratarsi. Nello stesso istante in cui fermò la palla, un vociare alle sue spalle lo indusse a voltarsi. Ora i ragazzini che stavano giocando dall'altra parte del campo erano tutti ammucchiati, e avevano smesso anche loro di giocare. Gregory ne contò sei, sembravano presi da una conversazione... agli occhi di Greg sembrò tutto tranne che una conversazione normale... civile, osò precisare. Alcuni si spingevano, non così forte da cadere, ma era evidente che qualcosa non stava andando così bene. Gregory rimase ad osservarli in silenzio per un po'; la maggior parte dei ragazzi era vestita in modo sciatto, con larghe maglie e pantaloncini leggeri che arrivavano al ginocchio. A Gregory non diedero una buona impressione, ma erano ragazzini e anche lui a quell'età non è che fosse tra i più tranquilli e bravi ragazzi del mondo.
Non staccò loro gli occhi di dosso e quelli sembravano non calcolarlo nemmeno. Notò che quasi tutti erano rivolti ad uno solo; uno spilungone dai capelli rossi. Era veramente alto, Gregory pensò che se si fosse trovato contro tutti quei ragazzi, di sicuro sarebbe riuscito a difendersi con facilità. Pensiero che cominciò a vacillare dal momento che uno dei ragazzi, a parere di Greg quello che si comportava da vero imbecille, lanciò il pallone da basket dritto in faccia al rosso. Il ragazzo indietreggiò, trattenne un gemito di dolore e sputò a chi lo aveva colpito i peggiori insulti che potessero esistere, per poi, tra imprecazioni, allontanarsi dal resto del gruppo.
Le attenzioni del corvino ora erano tutte rivolte al giovane, che con una mano si teneva la parte colpita e di sicuro dolorante. "Ma quanto si può essere stupidi per fare una cosa del genere?!" pensò Greg sconcertato, quel pallone era pensante e per di più lanciato a quella vicinanza e con tale forza... non osò immaginare il dolore che quel poverino stava provando.
Lo vide dirigersi alla fontana, così, dato che anche lui aveva bisogno di un po' d'acqua dopo tutto quel movimento sotto al sole, decise di raggiungerlo. A malapena si rese conto che il gruppetto di ragazzi se ne era andato, lasciando da solo il rosso.
Quando fu abbastanza vicino vide che il suo labbro stava sanguinando molto, inutilmente e tra alcuni mugolii di dolore cercava di fermarlo con l'acqua fresca della fontana. Gli parve strano, perché quello che aveva sul lato destro delle labbra sembrava un taglio, più che una botta. Doveva esserci stato qualcosa attacco alla palla, forse un sasso o un pezzo di vetro incastrato... succedeva spesso. Ma quanta fortuna doveva avere per essere stato colpito proprio da quella parte? Ironicamente parlando.
Presto quel taglio e quella botta avrebbero fatto gonfiare le labbra del ragazzo fino a diventare di un bel colore viola, Gregory sapeva queste cose meglio di chiunque altro. Forse perché era un medico e tutti i giorni operava persone? Comunque in quel momento pensò soltanto che quella botta doveva essere curata con un po' di disinfettante o ci avrebbe messo più tempo per guarire.
Mentre cercava un modo non troppo strano per dirlo al giovane, si concesse uno sguardo al suo aspetto. Come già aveva notato, era molto alto e la seconda cosa che si notava in lui erano le numerose lentiggini che ricoprivano interamente il suo corpo, Greg le vide anche sulle sue gambe e sulle sue braccia scoperte.
Non riusciva a vederlo bene in viso perché era di profilo e seminascosto da una mano con cui si sciacquava la ferita.
-È davvero una bella botta, dovresti disinfettarla... te lo dice uno che se ne intende.- Si chiese se l'approccio che aveva usato fosse sembrato troppo strano... comunque ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Il ragazzo smise di sciacquarsi le labbra, rivolgendo allo sconosciuto uno sguardo sorpreso, ma anche leggermente stranito e diffidente. Gregory notò che aveva gli occhi color nocciola e i lineamenti del viso ricordavano più quello di un bambino; naso a patata e labbra molto carnose.
-Huh? No... non ne ho bisogno- rispose con superficialità, per poi rigirarsi e continuare a inondare il proprio viso di acqua. Greg sorrise: tipico di un ragazzo non accettare l'aiuto o il consiglio di un adulto. -Bè, se te lo dice un dottore forse...- perché si stesse preoccupando così tanto non ne seppe il motivo, ma lui era fatto così; quando c'è un modo per aggiustare qualcosa, perché non sfruttarlo?
E poi molte volte si era ritrovato a curare le ferite dei ragazzi con cui passava interi pomeriggi ad allenarsi, per lui era abbastanza normale aiutare qualcuno in una situazione come quella.
Il viso del rosso si corrucciò e rivolse a Greg uno sguardo che sembrava divertito. -Per voi dottori anche un semplice raffreddore può essere letale.- Greg ridacchiò per l'assurda verità che aveva detto, poi il rosso si rivoltò... non sembrava molto propenso a partecipare ad una conversazione.
-Se vuoi in auto ho del disinfettante da darti, vado a prenderlo così ti puoi medicare... o quel labbro diventerà un canotto viola con cui sarà impossibile persino mangiare, fidati.- Sorrise, ma ottenne solo uno sguardo irritato -non si disturbi, non ne ho bisogno, la ringrazio.-
Ecco il ragazzino ribelle che cercava di farsi forte negando gli aiuti che gli venivano offerti. A Greg fece solo sorridere la cosa, perché assomigliava alla maggior parte dei suoi pazienti all'incirca della sua età; cocciuti e convinti che il mondo debba loro qualcosa.
-È il mio mestiere, lo faccio tutti i giorni, non preoccuparti.- Detto ciò si voltò senza aspettare una risposta, diretto verso la propria macchina. Tenere un kit di pronto soccorso nel bagagliaio era una cosa che solo un vero dottore faceva. Quando lo trovò, non perse tempo e ritornò alla fontana... ora deserta. Il ragazzino sembrava in qualche modo sparito e la delusione e l'irritazione cominciarono a logorarlo. "Che piccolo stronzetto strafottente!" pensò, tirando un calcio alla propria palla, posata affianco alla fontana.
Alla fine andò a recuperarla e, con un po' di strana e insensata delusione ritornò in auto, questa volta diretta verso casa degli amici.*****
Mi sono accorta di aver fatto un piccolo errore nel capitolo 6... ho scritto che Greg era a Seattle a trovare i suoi amici per lavoro, invece lo è perché è in vacanza, scusate!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto... spero anche di scrivere il prossimo al più presto! (:
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Finally a family
RomanceQuesta è la semplice e tenera storia di una famiglia, di due uomini che hanno deciso di diventare papà e allargare il loro già enorme amore. È anche la storia di un amore che nasce per caso, condiviso da qualcuno con un passato triste, l'altro un pr...