22.

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Ciò che si trovò davanti lo confuse e stupì allo stesso tempo; Gregory era seduto sul letto, testa china e mani che nascondevano il viso. Appena udì la porta aprirsi, sollevò il capo, e Cole si trovò con gli occhi in quelli stranamente lucidi del più grande.
-Oh cavolo, scusa! Ho sbagliato porta...- si bloccò quando finalmente notò l'espressione impassibile e triste dell'altro. -S-Stai bene?- balbettò preoccupato, avvicinandosi al corvino. -Io... no, non è niente- disse sviando lo sguardo. Cole si avvicinò ancora, fino a trovarsi di fronte a lui
-ehm... posso fare qualcosa?- domandò, prendendosi la briga di sederglisi accanto... cercando di non badare al suo cuore che batteva all'impazzata. Greg portò gli occhi scurissimi nei suoi, diminuendo la distanza tra i loro visi. Erano arrossati e Cole pensò che forse aveva pianto, e ora voleva scoprirne il motivo.
-Ho fatto un sogno... ed è tutto il giorno che ci penso- sospirò, stupendo il rosso, che lo guardava assorto e attento -me lo vorresti raccontare?- chiese, posandogli una mano sul braccio, cercando un contatto del quale, forse, aveva più bisogno lui.
Gregory prese un respiro profondo, si riscosse tornando a guardare il pavimento. -Forse non è il caso- mormorò -non avrei dovuto farmi vedere in questo stato... perdonami- fece per alzarsi ma Cole lo bloccò rafforzando la presa che aveva sul suo braccio, stringendogli le dita attorno.
-Aspetta! Magari parlarne ti aiuterà- ovvio che fosse curioso di sapere la causa di tutto, ma prima di ogni cosa era preoccupato per lui e voleva aiutarlo, anche se fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto. Gregory lo guardò pensieroso, non sapeva nemmeno lui se dirgli ogni cosa oppure girarci intorno e inventarsi qualcos'altro per non tirare fuori la dolente verità. Alla fine abbassò lo sguardo, guardando le sue scarpe, trovandole improvvisamente più interessanti. -Non lo so... vedi è solo un brutto ricordo che si è rifatto vivo... ancora- mormorò con voce insicura, ancora incerto su cosa poter dire al ragazzo.
-Qualcuno che ti ha fatto qualcosa? O che... forse... non c'è più?- le ultime parole le aveva praticamente mormorate più a sé stesso, si ricordò di quel giorno in cui lo sentì dire al telefono l'esatta frase "lo so che è morto, mamma, non ripeterlo!" Quella frase gli era rimasta impressa nella memoria ed era l'unica cosa che potesse collegare e dare una spiegaziome all'umore attuale di Greg. Quest'ultimo sembrò aver sentito, lo guardò attento e sorpreso, ma Cole parlò prima che potesse farlo lui.
-No... niente, scusa magari preferisci non parlarne? È che ho pensato che forse dirmelo ti avrebbe fatto stare meglio... ma se non vuoi non ti costringerò, ovviamente- farfugliò facendo, suo malgrado, sorridere Greg, che aveva capito come il ragazzo ci fosse arrivato a comprendere che il suo malessere era derivato dalla mancanza di quel qualcuno -sì, è una persona che mi manca molto... scusa, ma è una questione davvero delicata e credo che non reggerei se te la spiegassi ora.-
Cole era stupito; chi era quel qualcuno la quale morte lo aveva reso così triste? Ammise con se stesso che mai si sarebbe aspettato un lato così fragile in lui... era una cosa fresca, accaduta da poco? Però aveva detto "ricordo" il che lo portava a pensare che, forse, era una cosa successa molto tempo prima.
-Mi dispiace moltissimo... se c'è qualsiasi cosa che io possa fare per sollevare il tuo morale, non esitare a chiedere!- esclamò, donandogli un sorriso rassicurante che sicuramente Greg apprezzò. -Be', in effetti qualcosa potresti farla...-

-Te l'ho detto che sono una frana in cucina!- esclamò Gregory ridendo e andando a recuperare il pancake spiaccicato per terra. Cole stava ridendo con le lacrime agli occhi: non poteva credere che Gregory non riuscisse a capovolgere un pancake nemmeno con una forchetta!
Lui gli aveva espressamente chiesto se sapesse fare i pancakes, dato che era praticamente una vita che non li mangiava ed erano una delle poche cose che gli sapevano tirare su il morale. Cole se la cavava abbastanza in cucina e decise che quello poteva essere un buon modo per passare il tempo e far ritornare il sorriso a Gregory.
Lo guardò mentre rideva per la propria goffaggine e tramutò il proprio sorriso divertito in uno dolce, accompagnato da quelle dannate farfalle nello stomaco.
-Okay, forse farmi provare non è stata proprio una buona idea... ti concedo volentieri l'onore di continuare!- Disse porgendo il pentolino ad un incantato Cole, che afferrò l'oggetto solo dopo qualche secondo, pensando: "razza di rincoglionito la smetti di fare gaffe?!"
Quando finalmente Cole finì, posò il piatto stracolmo di quelle delizie sul bancone della cucina, mentre Greg andava a sedersi su uno degli sgabelli che ne circondava un lato. Cole fece lo stesso, porgendogli lo sciroppo d'acero, che accettò più che volentieri.
-Okay, adesso dimmi come hai imparato a farli perché sono veramente buoni, cavolo! Più di quelli di mia madre!- esclamò, gustandosi il primo pancake praticamente già finito.
Il ragazzo arrossì -quasi ogni mattina li preparo, di solito prima di andare a scuola... dato che mia madre esce sempre prima di me, che tra parentesi, è stata lei ad insegnarmi a farli, devo sempre arrangiarmi e così ormai sono diventato quasi più bravo di lei! Deve avere una ricetta particolare perché, davvero, credo che i suoi non li superi nessuno!- Gregory sgranò gli occhi -esistono pancakes più buoni di questi?!- Cole rise annuendo.
-Perché non rimani anche per cena? No aspetta, che stupido, ho un impegno... scherzavo, fa come se non avessi detto nulla- disse, dopo qualche minuto di silenzio. Quella sera era stato invitato ad una specie di rimpatriata di classe delle superiori, una cosa a cui probabilmente avrebbe volentieri rinunciato, ma l'alternativa era starsene da solo a casa, nemmeno nella sua! E ormai era troppo tardi per disdire e cambiare programma.
-Oh, grazie per l'invito ma tanto anch'io avevo un impegno... mi hanno invitato ad una festa di compleanno ed il festeggiato ha una casa enorme con la piscina!- esclamò, facendo ridere entrambi. -Ammettilo, volevi solo approfittarne per farmi cucinare la cena!- aggiunse, lasciando che entrambi si perdessero fra chiacchiere e risate, come spesso capitava quando erano insieme... e anche quella volta il dipinto lo rimandarono al giorno dopo!

Gli occhi di Mark erano letteralmente spalancati, mentre difronte a lui si parava un'ingombrante e bianca barca di legno. Proprio a bordo di essa c'era Daniel che, con un luminoso sorriso stampato in faccia, urlava e si sbracciava attirando l'attenzione di praticamente mezza spiaggia.
Era per quello che Daniel si era allontanato da solo per almeno una ventina di minuti, lasciandolo in pensiero, sparendo senza dir nulla, con William che continuava ad agitarsi sembrando una specie di piovra sotto tortura, sotto quel caldo cocente, per poi ritornare su una barchetta, presentarsi a riva a bordo di essa, facendogli, per di più, fare una figura pessima davanti a tutta quella gente che aveva gli occhi puntati su suo marito, che, come un matto, si sbracciava chiamando il suo nome? Perché, se così stavano le cose, ne era valsa la fottuta pena! Chi si aspettava che quello sarebbe tornato su una barca?! Al diavolo i passanti che ridacchiavano divertiti dai suoi richiami, stava andando in barca e lui amava il mare! Col sorriso sulle labbra, divertito ed emozionato, quando la barca arrivò a riva, si avvicinò e accettò l'aiuto di Daniel a salire le scalette.
-Sei veramente un matto!- rise, sedendosi su una panca in legno, che dava una perfetta visione del panorama marittimo. Daniel alzò le spalle, si sedette accanto al biondo baciando sulla testolina il figlioletto, che non avevo perso un secondo per ammirare anche lui il mare che ondeggiava, in un lento e rilassante ritmo, quasi ipnotizzante.
-Lo so, lo so- rispose, con aria di sufficienza, senza però nascondere il sorrisetto soddisfatto.
Era felice, sì, molto e non poteva mascherarlo. Era riuscito a portare a buon fine la sua meravigliosa sorpresa, poteva vederne il risultato attraverso gli occhi quasi lucidi del marito e dallo sguardo curioso del piccolo, ora tra le proprie braccia.
La barca era interamente in legno, dalla descrizione sembrerebbe una specie di scrausa e poco comoda zattera fatiscente, ma era una barchetta a vela. A guidarla era un simpatico e sorridente signore, tutta pancia e tipico cappello da marinaio, con la classica camicia rossa hawaiana ricoperta dai fiori d'ibisco. Abbronzato e con corta barba bianca, non era molto alto e superava di poco la cinquantina. Non aveva pregiudizi nel vedere la famiglia felice, un po' "diversa" da una normale e questo lo apprezzarono entrambi, non dovevano vergognarsi del loro amore e quelle erano le loro vacanze, non avrebbero mai lasciato che qualcuno gliele rovinasse.
Passarono per Maui, spiaggia stupenda, colori vivaci e mare sempre più limpido e quasi verde, più ci si allontanava dalla spiaggia su cui era stanziata la coppia. Poi anmirarono la bianca sabbia della spiaggia di Oahu, i pesci impertinenti e troppo curiosi di Kahoolawe, che aveva le palme alte e il verde, talmente verde, da essere quasi un dipinto. Le spiagge più belle erano una affianco all'altra, a separarle erano pochi chilometri di acqua salata e profonda, a caratterizzarle era la magnificenza di quei posti sperduti e caldi, da sogno.
Mark era tentato a buttarsi in quelle stupende acque, Will era meravigliato e Daniel a stento riusciva a trattenere i due.
-Dan, è tutto così stupendo! Avrai speso un capitale! Ma come ti è venuto in mente? Questa è decisamente la sorpresa più bella di tutte!- disse, mentre erano sulla via del ritorno, la barca ora andava veloce e sembrava essersi trasformata in un motoscafo.
-Ehi, farei di tutto per te, a prescindere dal costo! E sono contento che ti sia piaciuta- regalò un bacio sulle labbra del compagno, che appoggiò con tenerezza la testa sulla sua spalla. -Grazie, ti amo così tanto- mormorò, strusciando la testa bionda, godendosi quel contatto.
Daniel circondò la vita del biondo stringendolo a sé, -Grazie a te per esserci per me, ti amo anch'io, tantissimo- ripose, posando a sua volta la testa su quella del compagno, mentre insieme osservavano la tenera espressione assonnata del figlio.
-Adesso crolla dal sonno... ed io con lui- sussurrò il biondo, riferendosi al figlio, il quale occhi si stavano lentamente chiudendo.
-È rilassante viaggiare su questa barca, il mare è calmo e questo venticello è dolce e piacevole- Concordò Daniel, accoccolandosi di più al corpo del marito, per poi sbadigliare. -Non addormentiamoci!- Si riscosse Mark, per poi ridere insieme al corvino.
Quando ritornarono alla loro spiaggia, il sole stava già tramontando, lasciando che i suoi ultimi caldi raggi colorassero di arancione e ocra il cielo.
Salutarono e ringraziarono la loro guida; li aveva portati a visitare le spiagge più belle dell'arcipelago hawaiano, aveva detto loro i nomi delle isole e informati su ogni tipo di pianta o pesce che avevano incontrato lungo il tragitto. E tutto l'amore era stato condiviso in una perfetta e piena di tenerezza gita in barca.

Finally a familyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora