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Quando Daniel si svegliò trovò l'altra parte del letto vuota, sospirò e svogliatamente si scostò di dosso il lenzuolo e con una smorfia di dolore si alzò. Vide che la culla era vuota e pensò che probabilmente Mark era già sceso a fare colazione col piccolo. Così, sbadigliando e sgambettando a fatica andò al bagno per poi scendere barcollando assonnato in cucina dove però vi trovò solo Gregory che sorseggiava un caffè.
-Perché cammini alla Charlie Chaplin?- domandò l'amico ironicamente trattenendo una risatina, mentre lo vedeva avvicinarsi alla caraffa e prendersi la bevanda calda. Daniel gli lanciò un'occhiataccia e quando ebbe finito di riempire la tazzina si girò guardandolo. -Fino a prova contraria sei gay anche tu, non dovresti saperlo?- rispose di rimando con la voce roca dal sonno, divertito per quella stupida conversazione.
-Deduco che abbiate chiarito allora...-
-Se chiarire significa sfondarmi il culo, allora sì, abbiamo chiarito- mormorò infastidito, mentre andava a sedersi di fianco a Greg.
Stette per chiedergli dove fossero figlio e marito, ma Greg lo precedette con una domanda. -Ma che è successo? Da quello che mi hai detto tu ieri sera sembrava una cosa da niente... ma ora non sembra più che sia tutto okay.-
Daniel posò la tazzina che aveva appena sollevato e rispose spinto dal forte bisogno di sfogarsi.
-No, infatti. Non lo è. Ti ho spiegato la situazione e io posso farci poco o niente... se lui deve fare così allora vuol dire che non si fida di me. Queste stupide scenate di gelosia mi hanno stufato- aveva esagerato non poco con le parole, ma anche lui aveva i suoi buoni motivi per essere infastidito.
-Inutili scenate di gelosia?!- sbottò una voce da dietro di loro. Entrambi si voltarono e incrociarono gli occhi spalancati dallo sconcerto del biondo, che se ne stava sulla soglia della porta con in braccio Will. -Mark...- Da dove diamine era sbucato!? Riposò la tazzina sul tavolo, piena di liquido scuro non ancora nemmeno toccato, guardandolo in cerca di parole che però non trovò. Fu Mark a trovarle.
-Ma vaffanculo! Quello non fa altro che provarci con te e tu nemmeno riesci ad allontanarlo... sempre che tu non lo voglia, stronzo!- gli sbraitò contro senza dare controllo ai propri pensieri, per poi allontanarsi di fretta e con passi pesanti verso la camera da letto. Daniel guardò fugacemente Gregory negli occhi e poi si alzò per raggiungere il marito e, magari, risolvere una volta per tutte quel maledetto problema.
Quando arrivò alla camera abbassò la maniglia ma la porta era chiusa a chiave da dentro. -Mark, per favore, apri la porta- chiese, bussando con una certa forza.
-Vattene! Non voglio nemmeno vederti!- urlò dall'altra parte.
-Ma dobbiamo parlare. Apri- disse cercando di mantenere la calma, appoggiando la fronte sulla superficie liscia. Sentì dei passi farsi più vicini e dopo qualche secondo sentire la chiave girarsi e la maniglia abbassarsi. Daniel si rimise dritto e davanti gli si pararono due occhi lucidi. Si guardarono per interi secondi, poi Mark finalmente parlò con voce flebile -non sono inutili scenate di gelosia, voglio che tu capisca questo- ricacchiò indietro le lacrime, Daniel buttò l'occhio dentro la camera e vide il figlio che si teneva impegnato con un peluche sul loro letto. Riportò gli occhi in quelli del biondo, erano gonfi e stanchi. 
-Per favore, lasciami da solo- mormorò Mark con un filo di voce, con l'intenzione di chiudergli la porta in faccia, ma Daniel prontamente la bloccò con la mano.
-Ascoltami. Non puoi fuggire dai problemi e non puoi permetterti di dirmi che io non ti sono fedele. Ti amo e non ho bisogno di altri... e questo penso di dimostrartelo ogni giorno- disse, col viso a pochi centimetri da quello del biondo. -Lo capisci che io faccio tutto questo perché non ho scelta? E ti posso assicurare che per quanto siano insistenti sono pur sempre chiamate di lavoro, niente di più- Mark abbassò lo sguardo, una lacrima gli sfiorò il viso e quando riportò gli occhi in quelli del marito erano colmi di lacrime. -Lo so... m-ma non ce la faccio a stare calmo con quello che ti gira intorno tutto il giorno. Che ti chiama, scherza con te ed è palese a chiunque quello che vuole davvero- si girò e andò a sedersi sul materasso dietro di loro, prendendo la testa fra le mani. Daniel gli si sedette accanto, -È vero, non te lo posso negare, ma io amo te e da lui non voglio niente... se ti fidi veramente di me allora non dovresti accusarmi nemmeno ingiustamente per ciò che non ho fatto.-
Mark strinse i pugni e con un veloce scatto si alzò in piedi -non è di te che non mi fido! È di quello stronzo che pur sapendo che hai una famiglia, vuole farsi scopare!- prese un respiro profondo, si passò entrambe le mani fra i capelli e continuò. -Non capisci, cazzo, che se non lo allontani tu allora lui non farà altro che approfittarsene e magari un giorno ottenere quello che vuole senza nemmeno che tu te ne accorga o senza farlo apposta?! Non ci vuole un genio per capire come vanno a finire queste cazzate!- esclamò, le lacrime scorrevano lente e il viso era color porpora, le labbra tremanti.
-E tu non capisci che è lavoro?! Che quello è il cugino del mio capo e che se provo anche solo a rispondergli male mi ritrovo senza?!- rispose con tono di voce alto, alzandosi e fronteggiandolo.
-Il tuo cazzo di lavoro l'ho sempre odiato! Dimmi una cosa Daniel, quante volte ti è capitato di toccare un tuo cliente? Quante volte lui ha toccato te? Non ce la faccio, davvero, sei circondato da bei uomini tutto il giorno e tu mi chiedi di stare tranquillo... ma come, Dio mio, se mi da fastidio persino quando ti guardano mentre cammini per strada?!-
Daniel sgranò gli occhi, sconcertato e senza più parole. Sapeva che suo marito era un tipo molto possessivo e geloso, lo amava anche per questo, ma sentirlo dire da lui era un'altra cosa. Come se ormai Mark si fosse accettato, un sentimento che prima reprimeva chiudendosi e soffrendo, aspettando che tutto fosse finito. Ma ora era palese cosa volesse dire con quelle parole.
-Io amo solo te, piccolo. Voglio solo te e il pensiero di stare con qualcun'altro, di fare quello che faccio con te con un altro, mi fa male e schifo solo pensarlo- mormorò sfiorandogli la guancia con le dita, i visi a pochi millimetri di distanza, gli sguardi che non si staccavano.
Mark abbassò lo sguardo e trovò il coraggio per dire ciò che davvero desiderava nel profondo. -Io... vorrei tanto che tu... che tu cambiassi lavoro.-

Il pomeriggio arrivò in fretta e con esso anche il dovere: Daniel aveva il turno di lavoro e Mark aveva una riunione importante a scuola.
Dopo aver detto quelle parole al marito, quest'ultimo aveva strabuzzato gli occhi e mormorato: "Non puoi chiedermi questo" e poi tra loro era piombato il silenzio e per tutta la mattina non si parlarono neanche per sbaglio.

-È semplicemente favoloso, Cole... non so cosa dire, è magnifico! Mi piace un sacco, ti sei superato questa volta! Veramente bravo!- si congratulò Mark, ammirando il dipinto per almeno la milionesima volta da quando era tornato dalle Hawaii. Diede una pacca sulla spalla del rosso, senza smettere di riempirlo di complimenti.
-Sono molto contento che le piaccia... sono lusingato, davvero!- aveva un sorriso da orecchio a orecchio, era davvero entusiasta del proprio lavoro.
-Che mi piaccia? Lo adoro!-
Mentre veniva ringraziato Cole non riusciva a non badare agli occhi scuri che continuavano a scrutarlo a distanza. Gregory era lì da parte con in braccio Will, sorridente, mentre senza nemmeno rendersene conto aveva gli occhi puntati sul ragazzo.
-Adesso devo scappare, ho un incontro con gli insegnanti tra pochissimo e sono già in ritardo! Ti ringrazio ancora e ti faccio tanti complimenti!- detto ciò salutò con un bacio il figlio, dopodiché i due lo accompagnarono alla porta e lo salutarono calorosamente, rimanendo a guardarlo sulla soglia mentre saliva in auto e sfrecciava sulla strada.
-P-Prendo la mia roba e tolgo il disturbo- mormorò a disagio, voltandosi, andando diretto verso il piano di sopra. Ora che aveva visto che Gregory era impegnato con un altro uomo, era morto persino quel briciolo di speranza che aveva. Ormai non gli rimaneva che andarsene e dimenticarsi di qualcosa che non era mai stato suo.
Gregory chiuse la porta e lo seguì con l'intenzione di aiutarlo, posò momentaneamente un Will agitato nella culla appena fuori dalla camera e poi vi entrò.
-Ci penso io, grazie- disse il rosso, mentre riempiva lo zaino dai propri colori ammassati sul pavimento.
-Non c'è problema- rispose l'altro, chinandosi per fare lo stesso.
Poi Gregory si trovò con lo zaino tra le mani mentre Cole lo riempiva con le ultime cose per poi chiuderne la cerniera. Sollevò appena il capo trovandosi a pochi centimetri di distanza dal viso del corvino. Erano quasi alti uguali, Cole era solo di qualche centimetro più basso. Deglutì a fatica e mormorò un grazie in un flebile respiro. A quel punto qualcosa scattò; nessuno dei due sembrava voler distogliere gli occhi da quelli dell'altro. In quel momento non sentiva nemmeno le guance arrossarsi o diventare calde. Non sentiva la confusione che proveniva da fuori e che entrava dalla finestra aperta. Perché in quel breve istante sembravano esserci solo loro due e nessun altro. Gregory sembrava aver perso la ragione e la coscienza, quasi come se quello in piedi difronte al ragazzo non fosse lui. Allentò la presa sullo zaino e lo stesso fece il rosso, entrambi i cuori palpitavano impazziti ma nessuno sembrava farci caso.
La testa di entrambi era vuota da qualsiasi pensiero e i loro sguardi erano come rapiti l'uno dall'altro.
Solo quando Gregory chinò appena la testa per avvicinarsi, Cole ritornò in lui e arrossì, ma non si mosse da quella posizione. La sua mente sembrava essersi improvvisamente fermata, non riusciva nemmeno a pensare. Sentiva il calore del suo corpo sempre più vicino, sentiva appena il suo respiro mescolarsi col proprio. Le loro labbra erano a pochissimi millimetri di distanza, i loro nasi si sfioravano e Cole chiuse d'istinto gli occhi.
Fu quel gesto che ricordò a Gregory dove si trovava e che cosa stava per fare. Due occhi azzurri gli offuscarono per un secondo la mente e con un movimento brusco, forse era più uno spasmo, si riscosse da quella specie di trance. Risollevò il viso, raddrizzò la schiena e fu abbastanza perché Cole se ne accorgesse, inducendolo a riaprire gli occhi.
Ora era diventato una nuova varietà di pomodoro e la delusione che provò fu indescrivibile. Erano così vicini! Erano sul punto di farlo, Cole non aspettava altro, ma era andato tutto in fumo così velocemente.
-Credo che tu ora debba andare- disse il corvino, ora lontano almeno due metri da lui, guardandolo con occhi colpevoli. Adesso lo stava persino cacciando?! Prima lo aveva illuso ed ora lo stava letteralmente mandando via!?
Cole abbassò il proprio sguardo per non dover incontrare quello del corvino. -Non... non intendevo cacciarti via... scusa.-
Una lacrima offuscò la vista del rosso, pizzicandogli l'occhio. Tirò su il capo senza riuscire a nasconderla e non si pentì minimamente di ciò che fece dopo.

Finally a familyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora