25.

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Mark sbadigliò, mentre con un braccio teneva sollevato il biberon da cui mangiava William. Erano forse le quattro di notte e, più addormentato che altro, si era dovuto svegliare per poterlo sfamare. Il corvino, che anche lui si era dovuto alzare nel cuore della notte per preparare del latte, ora si era momentaneamente riassopito di fianco ai due.
-Ehi Dan- richiamò la sua attenzione, sperando di poterlo trovare ancora sveglio, per fortuna così fu.
-Mhh... che c'è?- biascicò, senza però aprire gli occhi, e Mark continuò lo stesso. -Quando torneremo a Seattle, ovvero tra due giorni, tu riprenderai a lavorare ed io dovrò passare le giornate da solo... mi mancherai moltissimo- ammise, un po' in imbarazzo, era da un po' che ci pensava e il fatto di doversene andare da quel magnifico posto e tornare a casa per passare lunghe giornate da solo lo rattristavano non poco. Daniel sorrise, allungando un braccio e accarezzando la schiena del biondo.
-Farò solo mezza giornata, ti ricordo. E comunque mi mancherai anche tu... mi mancherete- rispose con voce assonnata, accarezzandolo sulla parte bassa della schiena, dove riusciva ad arrivare rimanendo sdraiato.
-Mi chiedo cosa faremo in futuro, per ora ho a disposizione un anno per stare a casa con Will, ma non posso mica fare la "casalinga in pensione" per sempre.-
Daniel si alzò poco, sorreggendosi col gomito -possiamo sempre assumere una baby sitter- rispose semplicemente, con voce impastata dal sonno. -A me piacerebbe che andasse all'asilo nido, insomma, un bambino che ci va impara già da subito a rapportarsi con gli altri ed io la trovo una cosa fantastica- commentò, riponendo il biberon vuoto sul comodino, per poi battere lievemente la mano sulla schiena del figlio, ora aggrappato alla sua spalla.
-Sono d'accordo- rispose il corvino accoccolandosi meglio nel letto, intenzionato a riprendere il sonno... forse.
Mark accarezzò la testolina morbida del figlio, passando le dita fra i pochi ma già lunghi capelli biondi. -Ci hai mai fatto caso? I capelli di Will sono davvero lunghi rispetto a quelli di un qualsiasi bambino della sua età. Secondo me saranno tutti riccioluti- disse, con tono dolce, continuando a coccolarlo con amore.
Daniel mugulò, per poi sbadigliare -mhh, sì... anche secondo me, ma proprio ora ti sembra il momento di parlarne?- domandò ironico. -Che chiacchierone che sei sta sera- aggiunse.
-Non è che sia così divertente restare svegli a quest'ora a cullare questo fagiolo che non vuole addormentarsi- mormorò con un tono vagamente offeso lanciando un'occhiataccia a Daniel -quindi continuerò imperterrito a parlare, perché sennò rischio di addormentarmi prima io!-
Rise insieme al marito, che però non dava segno di voler continuare a partecipare alle sue conversazioni.
-Sai, certe volte mi ritrovo a pensare a come sarebbe stato se non avessi accettato di aiutarti a studiare per quello stupido esame, che, tra parentesi, non hai mai superato!- esclamò, dopo qualche minuto di silenzio, ridendo ancora. Ma non ottenne una risposta, nemmeno un semplice verso. A quel punto, il sorriso divertito di poco prima, divenne ben presto un sorriso dolce. Si fermò ad osservare il marito addormentato, sembrava un bambino.
Decise di lasciar perdere il suo inutile intento di far addormentare il figlio, facendolo poi sdraiare tra il suo corpo e quello di Dan. Baciò entrambi sulla bocca attendendo paziente che Will si addormentasse del tutto.
-Sono così felice di aver accettato- mormorò, per poi vedere gli occhi di Will chiudersi nel sonno, come ben presto accaddero anche ai suoi.

Con grande dispiacere di Cole il mattino seguente arrivò piuttosto in fretta. Troppo in fretta.
Venne svegliato da dei colpetti leggeri sulla spalla e quando aprì gli occhi se li ritrovò immersi in quelli color carbone di Greg. Per un secondo pensò a come sarebbe stato meraviglioso se tutte le mattine si fosse svegliato con quella visione davanti.
Andò in bagno e si guardò attentamente allo specchio; Lo zigomo era gonfio, viola e giallognolo intorno, il taglio sul sopracciglio era coperto da un cerotto che si stava già per staccare e il labbro sembrava un canotto viola che sarebbe potuto scoppiare da un momento all'altro. Poi c'erano alcuni piccoli lividini bluastri sparsi ovunque. E infine sollevò la maglietta per controllare il più grave e, anche se il ghiaccio non aveva fatto granché, di sicuro era meno peggio della sera prima.
-Quando torni a casa, mettiti ancora il ghiaccio sia lì che sul labbro, per almeno due o tre volte- gli aveva detto il più grande, e così si sarebbe impegnato a fare.
Dopodiché fecero colazione insieme con i pancakes rigorosamente preparati da Cole e subito dopo salirono in macchina.
-Mettiti la cintura- disse serio il corvino, accendendo il motore. Cole lo squadrò per qualche secondo per il suo tono autoritario, -Okay, mamma- rispose ironico, legandosi poi al sedile. Nessuno rise, uno perché la parola 'mamma' lo aveva fatto rabbrividire e l'altro perché sapeva che nemmeno una cintura di sicurezza può salvarti la vita.
Partirono e il tragitto fu breve. Troppo breve per i gusti di Cole.
Casa sua era al quarto e ultimo piano di un piccolo condominio in una zona poco abitata della città. Era un quartierino semplice, molto vecchio e forse non uno dei più puliti ma pur sempre accogliente.
-Eccoci qui, siamo arrivati- disse guardando Cole, che agitato si mordicchiava la parte sana del labbro. Bruciava, bruciava tantissimo, ma era troppo nervoso e quando era nervoso prendeva sempre di mira il suo labbro inferiore. Gregory fece cadere lo sguardo su quel gesto e improvvisamente, colto di sorpresa da sé stesso, alla mente gli arrivò una immagine tutto tranne che casta. Per pochissimi secondi vide quei grassi petali rosei avvolti attorno dove probabilmente nemmeno lui si toccava più.
Scosse la testa cacciando via qualsiasi pensiero, da cui era spaventato, quelle immagini prepotenti che si erano insediate nella sua testa proprio non se le aspettava. Rimase qualche secondo ammutolito, cadde talmente tanto nella paranoia che non sentì neppure la voce del rosso che gli stava rispondendo.
-...prego, vieni con me- sentì solamente queste parole, dette col tono che userebbe un bambino quando vuole le caramelle a lui negategliele dalla mamma.
-Cosa? No... perché?- chiese confuso, riconnettendo il cervello e ritrovando lentamente il buon senso.
-Per favore! Non mi crederà mai... tu... tu potresti dirle quello che è successo e forse...-
-Okay, okay, ma ti prego tranquillizzati!- esclamò, spegnendo il motore e slacciando la cintura con velocità della luce. Uscì dall'auto in cerca di aria fresca e distrazione, e intanto venne seguito da Cole fino al portone principale. Il rosso tirò fuori le chiavi dalla tasca e lo aprì, salirono le scale, perché l'ascensore, disse Cole infastidito, era rotto da ormai un anno e mezzo.
Quando si trovarono finalmente difronte la porta della casa, ripresero fiato e Cole ne approfittò per prendere coraggio.
-Prima lo farai meglio sarà- disse Greg, posandogli una mano sulla spalla su cui poi lasciò una pacca di rassicurazione. -Okay, sono pronto!- esclamò, premendo con un gesto fulmineo il pulsante del campanello.
Secondo dopo secondo sentirono dei passi farsi sempre più vicini e una cantilenante voce femminile dire ad alta voce "sto arrivando!"

Finally a familyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora