Capitolo 10

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Dopo due giorni noiosissimi di quasi nullafacenza totale, finalmente riesco ad alzarmi dal letto.

Me ne vado orgogliosamente in bagno da sola e mi faccio una bella doccia. Non so con che intrugli mi stanno curando, ma sono davvero efficaci. O forse hanno qualche strega sul loro libro paga. Le ferite mi pulsano soltanto ormai e hanno già un bel colore rosa. Altre cicatrici da aggiungere alla mappa intricata già presente sul mio corpo.

Ci ho fatto l'abitudine, purtroppo.

Dopo essermi fatta con puro piacere una doccia tiepida, mi rimetto le bende sulle ferite e mi vesto.

Mi prendo un attimo per osservarmi allo specchio. Lo faccio raramente perché non mi è mai interessato essere vanitosa per apparire. Esteticamente parlando sono una ragazza normalissima, oserei dire comune, non vistosa e di certo non mi si può definire bella, né che sia sexy o affascinante. Forse l'unica parte di me degna di nota, sono gli occhi: verdi smeraldo, grandi e allungati, contornati da lunghe ciglia folte. Ho avuto pochissimi uomini nella mia vita e fin da ragazzina ho sempre dedicato poco tempo alle cotte o agli amori. Il mio unico obiettivo, quello per cui ho lavorato duramente, è sempre stato imparare a combattere, a difendermi, ad uccidere e ad usare alla perfezione la mia spada. Lei, nella sua perfezione, una lama nera come l'ebano, che può tagliare qualsiasi cosa e sopra un'incisione con una scritta: Makhaira. L'unico oggetto che mi appartiene davvero e che posso ricollegare alla mia famiglia. Una famiglia che non ho mai conosciuto, però.

Mi guardo attentamente.

Io non so chi sono.

Non so dove sono nata.

Non so chi siano i miei genitori.

Solo una spada, diventata l'estensione e la manifestazione fisica della mia anima, che qualcuno ha lasciato nella mia culla quando mi ha scaricato davanti alla Sua porta.

Quel che so per certo, è che sono stata abbandonata e poi Lui mi ha accolta, nonostante fossi una sporca e inutile umana. Mi ha accudita e allenata, facendomi diventare ciò che sono ora.

Gli devo tutto.

Poi ho perso anche lui e sono rimasta sola.

Di me non parlo perché non posso... non so nulla, non ho origini. So solo usare bene la spada e spaccare il culo al prossimo, quando è necessario.

Niente di più.

Continuo a osservarmi: ho il volto un po' scavato, sconvolto dal dolore e dal sangue perso. Nonostante abbia dormito parecchio, sotto gli occhi ho delle profonde occhiaie nere.

Per fortuna i capelli corti, anche se un po' spettinati, sono sempre a posto. Mi scosto un ciuffo. La mano mi trema. La blocco immediatamente con l'altra, in modo rabbioso.

Mi scende una lacrima.

Odio essere debole e dover dipendere da altri. Ho atteggiamenti da dura, da un lato perché ovviamente lo sono, anche se ultimamente sto rischiando di rimanerci secca un po' troppo spesso, ma anche perché ho costruito intorno a me una corazza di impassibilità, a volte di rigidità, per non rimanere ferita, scottata. Non ho mai consentito a nessuno di toccarmi davvero l'anima. Nessuno mi ha mai davvero conosciuta fino in fondo. Non l'ho mai permesso. Non credo lo permetterò mai...

Forse ho paura di amare perché non potrei mai sopportare un'altra perdita, un altro abbandono. Mi ridurrei in pezzi e non ci sarebbe nessuno disposto ad aiutarmi a raccoglierli.

La benda sul collo mi copre la brutta ferita. Per fortuna il tatuaggio si trova sull'altro lato del collo. Mi sarebbero girate un bel po' le ovaie se quei bastardi lo avessero distrutto.

The Bounty Hunter - La cacciatrice di taglie (Vol. 1) - (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora