Capitolo 30

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Continuiamo a scendere e finalmente le scale finiscono.

Siamo arrivati in una specie di cunicolo scavato nel sottosuolo. Per farlo ci hanno impiegato sicuramente parecchio tempo... a meno che non si siano aiutati con la magia.

A distanze regolari ci sono dei piccoli globi sospesi che emanano una luce verdastra e che rendono il corridoio artificiale quasi vivo, pulsante, ma dall'aspetto malato. I globi di luce sono mantenuti in essere dalla magia di qualcuno e scommetterei che sono opera di Agrios.

Iniziamo ad inoltrarci nel corridoio che prosegue per metri e metri sotto terra.

Tocco la spalla di Simon. Lui si gira.

A quel punto gli dico, quasi sussurrando: "Questo cunicolo è troppo lungo. Stiamo sicuramente allontanandoci dall'edificio da cui siamo entrati."

Lui fa un cenno affermativo con la testa e poi si volta di nuovo cominciando a camminare con più velocità. Sta sicuramente pensando a Daniel e comprensibilmente non può più aspettare. Deve fare qualcosa.

Ad un tratto il cunicolo gira verso destra. Poi a sinistra andando più verso il basso.
Arriviamo improvvisamente ad un bivio.

"Merda!" Dice Simon.

"Quali dei due è più frequentato? Riesci a capirlo?"

Lui mi guarda: "No, sembrano egualmente frequentati e di recente."

"Va bene. Lo sai che non abbiamo tempo da perdere. Io vado a destra e tu a sinistra. Così aumentiamo le probabilità di trovarli."

Lui non sembra convinto, infatti dice: "Non dovremmo dividerci. Siamo qui sotto da soli. È pericoloso."

Quasi gli scoppio a ridere in faccia, ma mi trattengo: "Simon, lo so anche io che non è la situazione ideale, ma dobbiamo proseguire. Quando gli altri ci raggiungeranno si divideranno in due gruppi e avremo i nostri rinforzi. Se sono entrambi frequentati non possiamo escluderne uno con certezza. O magari è solo un modo per rallentarci e alla fine portano comunque alla stessa destinazione. Chi lo sa?"

Lui annuisce con reticenza: "Ok, hai ragione, non possiamo fare altrimenti. Ma Makhaira... Fai attenzione per favore."

"Certo, come sempre. A dopo."

Simon si infila nel corridoio di sinistra, io in quello di destra.

Inizio a correre, non velocemente, ma ho una sensazione d'ansia. Come se sapessi che devo sbrigarmi, che il tempo sta per scadere.

Dopo una serie di svolte che mi fanno temere che abbiano costruito a posta questi corridoi come un labirinto, arrivo ad un altro bivio.

Purtroppo non ho l'olfatto di Simon, ma posso sfruttare altre qualità.

Mi accovaccio a terra e osservo il pavimento vicino alle due entrate. Su quello di destra ci sono delle impronte fresche, ma anche su quello di sinistra. Mi avvicino ancora di più e noto però che le impronte di sinistra sono stranamente più profonde.
Sorrido tra me e me perché ho capito cosa hanno tentato di fare: qualcuno è passato nel corridoio di sinistra andando avanti per qualche metro e poi è tornato indietro, ricalcando le proprie impronte. Da qui il motivo per cui sono più profonde e con i bordi imprecisi, slabbrati.

Mi avvio nel corridoio di destra.

Sto quasi per rimettermi a correre, ma il mio istinto mi dice di fermarmi. Un avvertimento ben preciso che mi fa formicolare la pelle sulle mani: una vera e propria reazione fisica al pericolo.

Osservo le pareti e non vedo nulla di strano.

Prendo allora un piccolo sasso da terra e lo lancio in avanti sul pavimento: dopo due rimbalzi, improvvisamente spuntano delle lame dalle pareti.

Se avessi proseguito mi avrebbero tagliato esattamente a metà.

Procedo con più prudenza e dopo aver evitato un altro paio di trappole, compreso una buca che mi avrebbe fatto precipitare nel vuoto, finalmente il corridoio finisce e mi ritrovo in una sala più ampia.

Guardando più attentamente, mi rendo conto di essere arrivata nel sistema metropolitano della città. Forse una delle diverse stazioni e aree ormai in disuso e dismesse.

Continuo a camminare e finalmente sento delle voci più avanti.

Vedo delle scale e le salgo subito per evitare di incrociare persone troppo presto. Mi ritrovo su una sopra elevazione che costeggia sotto un corridoio.

Alla fine arrivo in un'enorme sala rettangolare. Una vecchia ringhiera in legno, talmente alta che quasi mi impedisce di vedere sotto, fa da corollario all'intera sala. Il rumore delle persone che si muovono al piano di sotto rimbomba nello spazio vuoto creando degli strani echi.

Oltre alle voci, che faccio fatica a distinguere da qui in alto, sento anche dei lamenti.

Forse ci siamo, è il posto giusto.

Silenziosamente procedo lungo lo stretto corridoio che costeggia il lato più lungo della sala. Rimanendo accovacciata per non farmi individuare, sbircio da una fessura.

Quasi rimango paralizzata per quello che vedo.

Disposti a raggiera a formare una specie di ruota, ci sono degli strani sarcofagi di pietra nera, e sopra ci sono circa venti corpi distesi.

Sono i rapiti.

Alcuni di loro si muovono ancora e, con le poche forze rimaste, cercano di liberarsi dalle maglie della magia verde che li tengono intrappolati come serpenti tra le proprie spire. Altri invece giacciono inermi, con gli occhi chiusi e da questa distanza potrebbero essere anche morti, per quanto ne so.

La cosa più terribile però, è che i poveri malcapitati vengono lentamente dissanguati: i sarcofagi hanno delle scanalature e, grazie al principio dei vasi comunicanti, il loro sangue defluisce velocemente verso il basso. Ogni rapito sta fornendo la propria dose e al centro della ruota formata dalle bare, c'è una vasca innestata nel terreno che raccoglie il sangue di tutti, mischiandolo insieme.

Solo ora realizzo che quel fastidioso suono regolare e persistente che ho sentito fin dal primo momento e che crea una macabra colonna sonora di sottofondo, è il sangue che cola e cade con regolarità, zampillando dai sarcofagi per poi scivolare più in basso e raggiungere la vasca centrale.

Che diavolo stanno combinando questi pazzi?

Cerco di guardare con più attenzione, ma non capisco se Daniel è sdraiato insieme agli altri. Non vedo, dannazione. Sono troppo in alto e distante.

Uno degli individui incappucciati dice rivolgendosi a un altro bastardo incappucciato e vagamente familiare: "Mio signore, sono entrati nell'edificio, tra non molto potrebbero arrivare."

L'altro individuo si toglie il cappuccio ed è proprio quel figlio di puttana di Agrios: "Sapevamo che sarebbero arrivati prima o poi. Non immaginavo così presto... Comunque il rituale è già iniziato e tra non molto lo finiremo. Non faranno in tempo. Appena finito qui, li spazzeremo via come formiche."

L'altro si inchina in segno di rispetto: "Sì, mio signore. Manca poco ormai."

Merda! Non posso aspettare. Devo fare qualcosa per rallentarli. Se mi muovo ora posso distrarli a sufficienza finché gli altri e Simon non saranno arrivati.
Devo provarci, per lo meno.

Snudo la spada nel modo più silenzioso possibile.

Continuo lungo il corridoio e arrivo dall'altra parte. La mia speranza è che ci sia una via di salita e di discesa su entrambi i lati corti della sala.

Non mi sbaglio: ecco lì le scale che riscendono al piano terra. Arrivata in basso giro l'angolo. Proprio lì di fronte a me uno degli incappucciati mi sta dando le spalle.

Entro nel mio luogo calmo, la respirazione e il battito cardiaco rallentano.

Mi avvento su di lui e senza dargli il tempo di accorgersi di nulla, gli taglio la gola. Poi trascino il corpo in un angolo, dietro una colonna, affinché non lo scoprano subito.

Proseguo furtiva, ma improvvisamente altri due individui travestiti da monaci e incappucciati in queste strane tuniche di un colore marrone scuro, mi bloccano la strada.

Mi hanno scoperto.

The Bounty Hunter - La cacciatrice di taglie (Vol. 1) - (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora