Prologo

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Sfilai i tacchi non curandomi di abbandonarli nel mezzo del salotto e mi lasciai cadere a peso morto sul divano.

"Non mi sento più i piedi." mi lamentai sbuffando.

Erano le tre e mezzo di notte e stavamo tornando dalla festa del mio diciottesimo compleanno. Non avevamo organizzato un qualcosa di eccessivo o troppo elaborato, in fondo era stata semplicemente una festa tra amici e familiari. O meglio, di amici non ne avevo molti e per 'famiglia' si intendono i miei genitori adottivi e mio fratello acquisito.

"Non dirlo a me." si lamentò mia madre di rimando, sedendosi accanto a me sfinita.

In quel momento avrei semplicemente desiderato rifugiarmi nelle braccia dei miei veri genitori, eppure non c'erano più da dieci anni. Dieci anni, incredibile come il tempo fosse trascorso così lentamente.

"Sarah, ti ricordi di...quella cosa?" chiese mio padre eloquente.

Mia madre lo guardò ancora stordita dalla festa, poi vi fu l'intesa.

"Di cosa state parlando?" mi intromisi.

Non potevo negare di essere una persona curiosa. Il fatto che non sopportassi le sorprese ne era un chiaro indicatore.

"Ascolta Agatha, c'è una cosa di cui dovresti venire a conoscenza. Però devi dirmi se ti senti pronta a-" non le diedi il tempo di terminare la frase.

"Certo, sono pronta e sveglissima." affermai preparata.

Ero ancora gasata per i festeggiamenti, ma se mi fossi infilata nel letto mi sarei sicuramente addormentata in meno di cinque minuti.

"No, ascoltami, è una cosa seria." mi rivolse uno sguardo quasi compassionevole prendendomi le mani tra le sue.

"Oh." mormorai sorpresa e un po' intimorita.

Quel linguaggio del corpo non era di certo un buon segno. Il mio battito cardiaco stava iniziando ad aumentare impercettibilmente.

"Hem...vedi, nell'incendio di dieci anni fa non è andato tutto completamente perduto. Tu non ne hai mai saputo nulla, ma io e Paul abbiamo concordato che i tuoi diciotto anni sarebbero stati il momento adatto per parlarti di questo." fece una pausa "Quando ti abbiamo adottata, ci hanno consegnato le tue cose e in più uno scatolone. Non l'abbiamo mai aperto, aspettavamo che giungesse questo giorno." terminò sembrando che non avesse più voce.

Per lei non doveva essere semplice parlarne, proprio come per me non era semplice ascoltare.

Aprii la bocca per dire qualcosa, ma non emisi alcun suono. Mi si appannarono leggermente gli occhi e cercai di reprimere quei sentimenti che tentavano di ritrornare violentemente a galla.

"Io non capisco. Mi era sempre stato detto che nulla si era salvato, avevo sempre pensato che non mi fosse più rimasto nulla dei miei genitori." parlai alternando il mio sguardo tra Sarah e qualunque altro punto nella stanza.

Non potevo sostenere quella situazione così facilmente. Credevo di aver superato quel trauma, di essere in grado di poterne parlare da adulta, ma non potevo negare che tutto ciò facesse ancora male.
Più gli anni trascorrevano e più notavo il vuoto che la morte dei miei genitori aveva lasciato dentro di me.

Ero spiazzata, non sapevo come dovessi sentirmi: tradita dalla mia famiglia adottiva o forse grata per non avermene mai parlato.

"Forse ora come ora non era il momento adatto, ma se ci pensi non lo è mai." Sarah abbozzò un triste sorriso "Possiamo darti lo scatolone domani, se preferisci." propose parlando delicatamente.

"No, ora va più che bene."

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