CAPITOLO 21

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Ero seduta sul divano, guardavo fuori dalla finestra e sorseggiavo una tazza di caffè bollente. Ripensavo all'incontro con Mihael, alle sue parole, ai suoi movimenti... non sapevo se fosse veramente lui, o solo una coincidenza incredibile; dovevo trovare un modo per capire se fosse lui, senza che se ne rendesse conto. Guardai il suo numero di telefono sul palmo della mia mano, ormai sbiadito. Erano passati quattro giorni dal nostro incontro, ma non l'avevo ancora chiamato; volevo farlo aspettare un po'. L'avrei chiamato tra due giorni, venerdì, intanto avrei pensato allo studio e al mio lavoro.
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Era venerdì mattina, quasi pranzo, quando mi svegliai. Senza neanche alzarmi dal letto, presi il telefono e lo chiamai.
《Allora non ti sei dimenticata di me!》
Furono le sue prime parole dopo che gli dissi che ero io.
Mentre parlavo con lui, avevo il viso affondato nel cuscino e il corpo avvolto nelle coperte. Parlammo per circa mezz'ora, per poi salutarci. Dovevamo vederci lo stesso giorno all'entrata di Central Park intorno alle cinque di sera, per poi andare a mangiare qualcosa in un piccolo ristorante della zona.
Erano le quattro e mi stavo preparando per uscire; non volevo essere ne banale, ma neanche provocante. Dopo che rimasi a guardare per circa un quarto d'ora i vestiti nell'armadio, decisi di mettermi vestito di lana fino al ginocchio, delle calze pesanti, un cappotto e dei stivaletti. Era quasi inverno ed a New York faceva molto freddo. Prima di uscire di casa, decisi di mettermi anche un paio di guanti, un cappello e una sciarpa di lana. Mi guardai allo specchio; stavo bene, solo che il mio viso era pallido. Avevo messo il rossetto rosso, come sempre, ed insieme ai miei occhi azzurri spiccava tanto, forse troppo sul mio viso pallido. Guardai l'ora; non avevo più tempo per struccarmi. Decisi di uscire così e successivamente, avrei tolto il rossetto.

Quando arrivai a Central Park, lui era già lì, vestito completamente di nero, cosa molto buffa perchè io mi ero vestita solo di bianco. Mi avviai verso di lui sorridendo, quasi ridendo; quando si girò, anche lui si mise a ridere. Riuscivo a intravedergli gl'occhi sotto la sua frangetta; anche i suoi occhi sorridevano; erano blu, profondi, sinceri, bellissimi... il suo sorriso era quello dell'altra volta: un po' sghembo, impacciato e buffo, ma allo stesso tempo dolcissimo. Ci salutammo ed entrammo dentro Central Park.
Sembravamo due persone completamente diverse, ma avevamo in comune più di quanto qualcuno potesse immaginare.
Mentre camminavamo, le nostre mani si sfioravano e venivo pervasa da una sensazione di calore. Dopo poco tempo ci sedemmo su una panchina in prossimità del fiume; stavamo seduti vicini, senza guardarci in faccia e senza toccarci, ma eravamo abbastanza vicini da sentire i calore dell'altro. A volte sembrava impacciato mentre mi parlava, altre volte era sicuro di sè; il suo modo di fare mi incuriosiva e mi piaceva. Di lì a qualche momento, iniziò a nevicare; la prima nevicata d'inverno. Non mi ero vestita esattamente bene per una nevicata e dopo poco tempo iniziai a tremare di freddo. Provai a non darlo a vedere e provai in tutti i modi a nasconderlo, ma non ci riuscì. Lentamente, sentii le sue braccia che mi cincevano e che mi portavano verso di lui; mi teneva stretta, ma allo stesso tempo dolcemente. Ero molto più bassa di lui, non gli arrivavo all'altezza della testa; così mi appoggiò la testa sul suo petto. Riuscivo a sentire il suo cuore, il suo calore e il suo profumo. Ero tremendamente imbarazzata, ma allo stesso tempo mi piaceva. Sentii che mi scostò i capelli dall'orecchio e si avvicinò a me per sussurrarmi qualcosa:
《Lo so che non ci conosciamo neanche, ma ho visto che tremavi. Tranquilla, non ci sto provando.》
Le sue parole erano fluide e dolci come il miele; questo mi fece arrossire più di quanto non lo fossi prima. Ero come paralizzata, non riuscivo a muovermi o a dire qualcosa  e credo che anche lui se n'era accorto. Smisi di pensare e chiusi gli occhi; volevo bloccare quell'istante per sempre.
Dopo un po' di tempo passato così, andammo al ristorante; lungo la strada, tenevo lo sguardo basso. Ero imbarazzata.
Mi prese sotto braccio ed io non ebbi la forza di contestare o dire qualcosa. Pian piano mi tirava a sè ed io provavo una sensazione strana: mi sentivo leggermente a disagio, ma la cosa mi piaceva.
Entrammo nel ristorante e ci sedemmo ad un tavolo per due. L'imbarazzo per le situazioni di prima sparirono e tornai a sentirmi perfettamente a mio agio in sua compagnia. Dopo poco che iniziammo a mangiare, mi fece una domanda che mi shoccò:
《Nicki non è il tuo nome, vero?》
Mi strozzai con il cibo.
《Qualche giorno fa ti avevo vista camminare per strada. Ti avevo chiamata con il tuo nome, ma non ti eri girata.》
Forse potevo salvarmi ancora.
Gli risposi che forse non avevo sentito, ma lui mi disse che era stato vicino a me e che era impossibile non sentirlo.
《Di me ti puoi fidare. Non voglio ferirti o farti del male.》
Volevo dirgli il mio vero nome. Lo volevo veramente.
Gli risposi che gliel'avrei detto tra una settimana. Sì, avevo bisogno di una settimana per farmi forza.
Apprezzai molto le sue parole: accettò le mie condizioni senza neanche contestare, anzi mi disse che se non volevo non era necessario. Fu la prima volta nella mia vita che qualcuno pensò a ciò che desideravo, senza obbligarmi. Mi alzai dalla sedia, lo abbracciai e gli sussurrai all'orecchio "grazie".

Stavo nel mio letto; era tardi. Mi preparavo per dormire quando sentii trillare il mio telefono. Era un messaggio da Mihael:
"Buona notte ragazza misteriosa".

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