CAPITOLO 38

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Tendendo sempre in mano il mio vecchio diario segreto, scendo leggera come un soffio le scale che conducono verso il piano inferiore; la luce del sole penetra nella casa, mettendo in risalto il fremito della polvere nella stanza. In un angolo c'è una figura nè troppo alta, nè troppo bassa un po' curva; dubbiosa, mi avvicino.
Cado a terra e l'eco della stanza amplifica il rumore della mia caduta.

<<N-non può...
C-come...
Tu?!?!
N O!!!>>

<<Sì sono io... ho promesso a tua madre che ti avrei aiutata, anche se ora... aiutare te significa sconfiggere mia figlia...>>

<<Maestro?! Come fai ad essere ancora vivo? Io ti ho ucciso! E-e poi, lei non è tua figlia!>>

<<Vera, come te sono un Mezzosangue, quando mi hai ucciso sono passato a questa vita. Non voglio ostacolarti, voglio solo aiutarti.
...

Ho crescito tua madre, per me è come una figlia.>>

<<O-okay...
E come mi vorresti aiutare?>>

Mi fa segno con la mano di sedermi vicino a lui, ma io resto in piedi e lo guardo con uno sguardo fermo e serio; mi racconta di ciò che ha in mente...
Può funzionare.
Inizieremo i "preparativi" la prossima settimana;

<<Vera, in cambio del mio aiuto, vorrei restare in questa casa. Prometto che non ti infastidirò neanche una volta.>>

In mia risposta, annuisco con la testa dopodiché salgo le scale per andare nella mia vecchia camera.

Ho il mio vecchio diario in una mano e il libro di Shyla nell'altra; non so quale leggere, entrambi mi fanno riaffiorare brutti ricordi.
Mi metto a pancia in giù sul duro materasso e apro il mio diario; le pagine si sono assottigliate e ingiallite per via del tempo, l'odore mi ricorda quello della mia biro nera. Su alcune pagine le parole sono sbiadite per via delle numerose lacrime che sgorgarono dai miei occhi; vedo precipitare delle piccole goccioline sulle pagine. Rimango interdetta; mi tocco le guance e le sento bagnate... piango e non me ne rendo neanche conto, ma non voglio fermarmi, voglio continuare a ricordare: i ricordi sono fatti per essere ricordati, siano essi belli o meno belli.
Leggo con nostalgia quei ricordi dolorosi resi eterni sulla carta; su quel diario sono scritti i momenti più difficili della mia vita: il fatto di essere minimizzata e abbandonata dai miei "genitori", di non avere amici e di aver rinunciato al mio unico amico.
Lentamente, richiudo il diario e lo poso vicino a me, sul letto, poi mi metto a pancia in su e faccio un lungo sospiro; prendo in mano il libro di Shyla e lo apro di malavoglia.
Con Mihael, per capire il testo del libro, abbiamo dovuto seguire delle formule matematiche per poi arrivare a dei numeri che corrispondono al alfabeto umano. Ora che ci penso, è molto strano... è stato fin troppo facile. Ci penso un po' su e arrivo alla conclusione che ci devono essere due chiavi di lettura; grazie ai miei poteri faccio apparire il sacchettino che contiene le foto e gli anelli nel palmo della mia mano. Mentre tento di slegare il sacchettino, mi scivola dalla mano e tutto il contenuto si riversa sul libro; inizio a scostare le foto dalle pagine e mente allungo la mano per riporre gli anelli al lato del letto, noto una cosa strana: se guardo attraverso l'anello, i numeri scritti sulle pagine si trasformano in lettere del alfabeto mistico. Eccitata da quella scoperta, porto un anello all'occhio e inizio a leggere il vero testo del libro; prendo anche il secondo anello, ma guardandoci dentro, i caratteri non cambiano. Alzo lo sguardo continuando sempre a tenere l'anello vicino all'occhio, e vedo una creatura mostruosa nell'angolo della mia stanza: è alta e ricurva su se stessa, con una bocca larga dalla quale si intravedono denti lunghi e affilati. Le sue mani sono lunghe e squamose, con lunghi artigli; appena si rende conto di essere spiata, si fionda nella mia direzione. Allontano d'istinto l'anello dall'occhio, ma attraverso di esso, la creatura riesce a far passare la mano e a graffiarmi metà del viso;  per via del dolore lancio un grido e faccio cadere l'anello a terra, facendo scomparire la mano all'istante.
Rimango immobile sul letto e guardo con orrore l'anello a terra; il mio respiro è veloce e le orecchie mi fischiano. Sento provenire dei forti colpi da dietro la porta: è il Maestro e mi sta chiedendo cosa sia successo.
Dopo essermi calmata leggermente riesco a rispondergli:

<<N-non è successo niente... ora v-vai.>>

<<Okay Vera.>>

Sento i suoi passi allontanarsi sul corridoio; con le mani che continuano a tremarmi,  prendo da terra l'anello e lo metto velocemente nel sacchetto,  chiudendolo. Mi alzo dal letto e mi guardo nello specchio appeso sul muro vicino alla finestra; metà del viso è sfigurato e coperto di sangue. Come faccio a sanguinare se sono morta? Ci sono ancora troppe domande a cui cerco una risposta; mi porto una mano sulla parte del viso ferita e inizio a premere forte. Il dolore è quasi insopportabile, ma quando tolgo la mano, la ferita è sparita e sul mio viso non c'è nessuna cicatrice; mi giro e guardo con intensità l'altro anello. Velocemente, prendo il libro e lo scaravento sulla scrivania insieme all'anello, mi metto seduta e inizio a leggere ma qualcosa o meglio, qualcuno, mi distrae.
Mi affaccio alla finestra e vedo le persone che vivono in vicinanza della mia vecchia casa;

<<Il tuo grido... l'hanno sentito Vera.>>

Sento la voce del Maestro alle mie spalle. Come ha fatto ad entrare?
Non riesco a scostare lo sguardo dalla finestra.

<<Possiamo iniziare da domani.>>

<<Come vuoi tu Vera.>>

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