CAPITOLO 23

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Ero persa tra le sue braccia, tra le sue parole e le sue carezze. Dopo tutti quegli anni, ero riuscita a vederlo ancora...

Il sole era già tramontato da tempo, il vento aveva ricominciato a soffiare impetuoso ed in lontananza si sentivano i tuoni; nonostante tutto, noi stavamo ancora lì, abbracciati, come se fossimo le uniche anime sulla Terra. Lentamente, smise di tenermi tra le sue braccia e mi prese per mano; mi sussurrò all'orecchio che dovevamo andarcene da lì, perchè sarebbe arrivato un temporale.
Ero riluttante, non m'importava se sarebbe venuto un temporale, volevo rimanere così; svogliata, smisi di abbracciarlo e gli presi la mano. Non avevo il coraggio di guardarlo in faccia e neanche lui non l'aveva; camminavamo mano nella mano, con lo sguardo basso e gli occhi rossi dal pianto.
Eravamo quasi arrivati all'incrocio della via che portava a casa mia, quando lui mi lasciò la mano e se ne andò. Non disse nulla, non mi salutò... nel frattempo, aveva iniziato a piovere; la pioggia era così fitta, che la sua figura alta e nera si dileguò tra le gocce d'acqua.
La pioggia mi aveva completamente bagnata: i miei jeans erano incollati alla mia pelle, il cappotto era zuppo e i miei capelli erano attaccati al mio viso. Rimasi a guardare nella direzione in cui era andato Mihael, nella speranza che ritornasse, ma nulla.
Mi avviai verso casa mia.

Stavo sotto la doccia, e pensavo a cosa avevo potuto sbagliare... forse l'aveva infastidito qualche mio comportamento? Non sapevo a cosa pensare, in quel momento volevo solo piangere e gridare, gridare per il dolore, perchè dopo la felicità di aver rivisto la persona amata dopo tanto tempo, avevo interpretato il suo gesto come uno di rifiuto nei miei confronti.
Le gambe stavano diventando sempre più deboli e la testa sempre più pesante; dovetti sedermi dentro la doccia per evitare di cadere. Piangevo in modo incontrollato, non sapevo che potessi soffrire ancora di più di quanto non avessi sofferto prima. Tenevo la testa tra le ginocchia, quando alzai lo sguardo e vidi che l'acqua si era tinta di un rosso sangue. La doccia era ricoperta di sangue, me compresa; mi strofinai la pelle, tentavo di pulirmi; una sensazione di panico mi assalì, i miei respiri erano sempre più brevi e veloci. Tentai di uscire dalla doccia, ma era come sigillata; intanto, invece dell'acqua continuava ad uscire sangue. I miei capelli erano diventati rossi per via del sangue; tentavo disperatamente di uscire dalla doccia: battevo le mani contro la cabina della doccia, chiedevo aiuto e intanto continuavo a piangere. All'improvviso, riuscì ad uscire dalla dalla doccia, ma scivolai, caddi a terra e battei la testa sul pavimento.

Quando mi svegliai, sentii un forte dolore alla testa; a rilento, mi rammentai ciò che era accaduto prima che svenissi a terra. Mi guardai, ma non ero più ricoperta di sangue. Anche la doccia era pulita e intanto l'acqua continuava a scorrere. Mi alzai da terra e chiusi il rubinetto; quando mi girai vidi solo una piccola pozza di sangue. Mi toccai la tempia e mi guardai la mano: era sporca di sangue. Mi avvicinai allo specchio per vedere meglio la ferita, ma vidi una cosa che mi spaventò ancor di più; lo specchio era appannato e con il mio sangue, c'era scritta una frase:
"Presto capirai"
La sensazione di panico mi assalì nuovamente e in un gesto dettato dal terrore, passai la mano sullo specchio per cancellare la scritta.
Alle mie spalle vidi un viso nero, con occhi incavati e le labbra, come il viso, macellati. Per l'orrore, gridai e con una mano, tirai un pugno contro lo specchio; esso, si infranse in mille pezzi, tagliandomi la mano e il braccio. Presi un pezzo di specchio affilato, lo strinsi forte e mi girai velocemente per colpire quella figura. Quando mi voltai, era sparita; continuavo a tenere in mano il frammento di specchio, lo stringevo talmente forte che lo sentivo affondare nella mia carne.
Dopo qualche minuto, lo lasciai cadere a terra; mi girai verso il lavandino: era pieno di schegge di specchio e di sangue. Mi guardai la mano: era colma di tagli, alcuni molto profondi; presi un altro pezzo di specchio e mi specchiai: il sangue della ferita che avevo alla testa continuava a sanguinare, sporcandomi metà del viso. Lasciai cadere anche quel pezzo di vetro e, senza far nulla, mi diressi in cucina, dove presi una mela e la mangiai. Era solo uno scherzo della tua mente, niente di più. Non era successo veramente , pensai.
Mi misi gli slip e la mia camicia da notte, dopodiché mi infilai sotto le coperte. Se il giorno seguente le ferite non sarebbero passate, significava che erano vere e non erano state solo delle allucinazioni provocate da un spettro di un DemoneAngelo, come credevo io.
Presi il telefono e scrissi un messaggio di buona notte a Mihael, poi caddi in un sonno profondo.

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