CAPITOLO 26

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Quando mi svegliai la mattina seguente, Mihael non era più nel letto; presi il telefono e guardai l'ora: erano le dieci passate. Mi alzai dal letto di malavoglia, indossai qualcosa e andai a vedere dov'era.
Quando uscii dalla stanza, fui investita da un odore delizioso; mi resi conto che avevo parecchia fame, così mi diressi verso la cucina. Stava di spalle, ai fornelli; l'odore lì era ancora più forte ed invitante. Mi avvicinai silenziosa a lui e l'abbracciai, ma lui non si spaventò, sembrava quasi che mi stesse aspettando. Mi misi di fianco a lui e vidi cosa stava cucinando: dei pancakes.
Quando arrivai, aveva già finito di prepararli; ne presi un piatto abbondante e ci sedemmo sul divano, uno vicino all'altro. L'odore era delizioso, ma il sapore era divino; gli chiesi, con la bocca piena, dove avesse imparato a cucinare. Mi rispose che all'orfanotrofio insegnavano ai ragazzi anche questo; gli dissi che anche io ero una brava cuoca e l'invitai a casa mia, una sera, per cucinare insieme. Lui propose di vederci lo stesso giorno; io accettai. Mi baciò sulla fronte ed iniziò a mangiare la colazione.
Guardavo fuori dalla finestra: era una domenica triste, il cielo era grigio, nevicava e faceva freddo, ma stare in sua compagnia, anche una giornata come quella diventava magnifica.
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Erano più o meno le sette quando arrivammo a casa mia. Tra scherzi e risate, più che cucinare, iniziammo a pasticciare. Il nostro piano era quello di cucinare un tacchino al forno con purè di patate dolci e come salsa, una salsa di peperoni. Avevamo preparato tutto e aspettavamo solo che le varie portate cuocessero, ma tra una chiacchera e un'altra, finì che il tacchino si bruciò, le patate furono stracotte e i peperoni non assomigliavano più a dei peperoni. Il frutto del duro lavoro di qualche ora di preparazione, finì tutto nella pattumiera. Era ormai tardi ed avevamo fame, così ordinai una pizza;
dopo venti minuti di attesa, stavamo seduti sul divano di casa mia a mangiare la pizza e a guardare una maratona di film. Fu la pizza più buona che avessi mai mangiato.
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La mattina seguente dovevo andare al lavoro ma ero terribilmente in ritardo; mi vestii in cinque minuti e scrissi un messaggio a Mihael, dicendogli che ero andata al lavoro.

Mentre percorrevo a piedi la strada che mi portava all'ospedale, notai un cosa che mi mise confusione in testa, e che mi terrorizzò: continuavo a vedere, dovunque guardassi, lo spettro del DemoneAngelo che mi perseguitava. Appariva in mezzo alla strada, si fiondava nella mia direzione per poi dileguarsi pochi centimetri prima di toccarmi, vedevo persone con il suo volto venire nella mia direzione. Ero terrorizzata, ma riuscivo a mantenere la calma; sentivo il rumore dei miei denti sbattersi per la paura. Provai a guardare in basso, per evitare di vedere quel viso macellato, ma se non lo vedevo, lo sentivo. Nella mia testa c'erano delle voci che sussurravano; mi fermai sul marciapiede: provavo a trattenere le lacrime ma era difficilissimo. Volevo tornare a casa e dire al lavoro che quel giorno stavo poco bene; mi girai e iniziai a tornare verso casa, ma ad ogni passo che facevo, il tono delle voci si alzava sempre di più fin quasi a gridare. Corsi verso casa e quando arrivai davanti alla porta di casa mia, le voci erano diventate insopportabili; appena aprii la porta ed entrai dentro, esse sparirono, lasciandosi dietro un terribile mal di testa. Mihael si era svegliato, stava mangiando; quando entrai non ebbe neanche il tempo di venirmi incontro per chiedermi cosa stesse succedendo, che già l'abbracciavo. Iniziai a piangere, ero spaventata. Perchè continuava a tormentarmi?
Mihael non fece nessuna domanda, mi abbracciava e basta.
Quando alzai gl'occhi vidi fuori dalla finestra il suo volto; anche Mihael si girò, ma appena la vide, essa sparì.
Dopo averla vista, Mihael sembrò preoccupato ed iniziò a tenermi acora più forte a lui, dicendomi che non dovevo preoccuparmi di quel "mostro": ci sarebbe stato lui a proteggermi...
Passarono un paio di minuti dove tutto sembrò essere normale.
Mi sedetti al tavolo insieme a lui, mentre lui continuava a mangiare la colazione, o meglio, gli scarti della pizza della sera prima.

Andai nel bagno per farmi il bagno, quando sentii una sensazione strana...
D'un tratto, qualcosa mi prese per i vestiti ed iniziò a sbattermi ripetutamente contro il muro. Non capivo cosa stesse succedendo, cosa mi stesse capitando... gridavo a squarciagola e quando vidi una macchia di sangue sul muro, gridai ancora più forte, poi non ricordai più nulla...

Stavo sdraiata sul letto, Mihael mi guardava e mi chiese come mi sentissi; ero talmente confusa e sconvolta, che quasi mi dimenticai dell'accaduto. Avvicinandosi al mio viso, mi disse che sarei stata al sicuro se avrei trascorso tutto il tempo insieme a lui: mi propose di andare a vivere insieme a lui... non potei che accettare.

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