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Mike Stander non era solito bere. Ma quella sera evitò di pensare ai buoni raccomandamenti che faceva ai tempi in cui si dedicava totalmente ai suoi pazienti affetti da patologie psichiatriche notevolmente serie. Decise quindi di prenotare un tavolo al "Bestfood" per bere qualcosa in compagnia di un amico. In quel momento fece una smorfia.

Quale amico intendi, eh? Non ne hai nessuno.

Pensò triste e infastidito.

Prese il cellulare e chiamò il locale prenotando quindi un tavolino appartato per una sola persona.
Proprio quando stava per infilare il cellulare in tasca udí la fastiosa musica della suoneria. Sbuffando controllò che la chiamata non fosse importante. Sullo schermo appariva un numero che non ricordava: il cellulare aveva, di punto in bianco, cancellato qualunque contatto, ma lui sapeva riconoscere i numeri piú importanti. Quello non lo ricordava affatto. Quindi chiuse la chiamata.

Silvia lanciò il cellulare con rabbia scaraventandolo sul divano. Si sedette su quest'ultimo a si passò una mano tra i capelli. Poi si lasciò andare riposando la propria schiena sui morbidi cuscini blu. Pensò al perché il suo caro amico Mike Stander non avesse risposto alla sua chiamata. Magari non voleva piú avere rapporti con il passato, oppure in quel momento aveva da fare... Ma cosa?
Aveva lasciato il mondo della psicologia da molti anni e solo quello avrebbe potuto tenerlo impegnato anche la sera. No, non seppe darsi una spiegazione totalmente valida. Allora riprese il cellulare e vide il registro chiamate; erano passati quattro minuti dalla prima chiamata. Avrebbe riprovato.

Posteggiò la macchina proprio davanti al locale. Uscí dal veicolo e si incamminò verso l'entrata. Non appena entrò venne investito da una tremenda confusione mista a mormorii di ogni tipologia. Il locale era colmo di persone e si congratulò con se stesso per aver prenotato. Il suo tavolo era in fondo e, arrivato, si sedette sulla panca. Poi accartocciò il fogliettino dove era stato scritto "Stander" e si rilassò. Subito arrivò una giovane ragazza dal volto scarno e con un piercing sul naso a portargli il menù. Ringraziò con un cenno del capo ed iniziò a sfogliare. Nello stesso istante percepì la vibrazione del telefono che teneva in tasca: un'altra chiamata.

Maledizione!

Afferrò il cellulare e notò che quello sullo schermo era il medesimo numero che aveva cercato di contattarlo precedentemente.
Voleva smetterla con le chiamate per poter mangiare in pace, dunque si decise a rispondere.
«Pronto?»
«Ciao Mike. Disturbo?»
«Lei chi é?»
«Non ti ricordi di me? Sono io, Silvia»
Per un attimo rimase in silenzio, ma in pochissimo tempo riaffiorò nella sua mente l'immagine di quella ragazza con i capelli dorati a cui si era affezionato tanto quando lavorava nella clinica.
«Oh Silvia, perdonami veramente, non avevo riconosciuto la tua voce»
«Figurati.Come stai? Hai trovato un lavoro?»
«No, nulla di soddisfacente. Per un periodo ho lavorato come commesso in un centro commerciale, ma non venivo pagato e me ne sono andato. Erano bei tempi quando lavoravamo insieme. Purtroppo è passato»
«Mi dispiace molto. »
«Credimi, dispiace piú a me... Ma tu dimmi, a te come va?»
«Beh, in realtà non benissimo. Temo di non riuscire a sostenere la situazione, non so come comportarmi con una nuova paziente»
«Caspita.»
«So di chiederti tanto, e dopo tutto questo tempo potresti pensare male di me, ma mi chiedevo...potresti aiutarmi? Sono consapevole dello sforzo che dovresti fare, ma vorrei che almeno ci pensassi un pochino»
Dall'altra parte silenzio, poi un sospiro.
«Silvia, ascolta. Tu sai perché non mi occupo piú di tutto questo. Non me la sento. Sono sicuro che tu sarai capace di...»
«No Mike, non credo di esserne capace. La situazione mi sta sfuggendo di mano e non mi era mai capitato» mentre parlava si accorse che stava disperatamente scuotendo la testa.
«Ti capisco, ma io non potrei aiutarti in alcun modo. Mi dispiace Silvia, vorrei ma...»
«No davvero, non preoccuparti. Ci ho provato, ma non sarò io a dirti cosa devi fare. Ti auguro buona fortuna, Mike» terminò la dottoressa sorridendo.
«Grazie, auguro a te altrettanta fortuna»
«Comunque se ci ripensi chiamami okay?»
«Certo. Stanne certa. »

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