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La pioggia batteva insistente, e aveva riempito le finestre di goccioline che, come lacrime, rigavano i vetri. Evidentemente doveva trattarsi della perturbazione di cui parlavano al telegiornale in quei giorni. Quella sera, però, i pensieri che inondavano il cervello di Silvia erano più violenti, più prepotenti di qualunque temporale. Se ne accorse ripensando all'incontro con Fred- che avrebbe avuto luogo a meno di un'ora, e a cui non era davvero pronta-, e se ne rese conto ricordando ciò che aveva letto nelle e-mail che si erano scambiati Mike e quello sconosciuto. Sconosciuto98.  Di cosa stavano parlando? Era forse lei la famosa "disgraziata da togliere di mezzo" di cui parlava il misterioso tizio? Oppure parlava di Laura? E la cosa più importante, in cosa si era immischiato Mike, che cosa aveva fatto?
Si massaggiò le tempie e per un attimo sentì l'impeto di commettere una sciocchezza, ma strinse i pugni e si calmò. In testa le ronzava un'idea, un'idea assurda. Lei stava indagando sulla paziente, su chi fosse il conducente di quel maledetto furgone, ed evidentemente qualcuno non voleva che la verità venisse a galla. Ci pensò su, e nella sua testa quel dubbio pian piano stava diventando certezza. Rabbrividì. Fu a quel punto che decise: l'indomani avrebbe mostrato qualcosa a Laura.

Era da molto tempo che non faceva una passeggiata nel paese. L'aria fredda penetrava dall'impermeabile e le scompigliava i capelli. Guardando i passanti dall'aria spensierata, non poté evitare di invidiarli. Non vedeva l'ora che tutto finisse, che la solita routine -che riusciva a concederle la serenità che tanto amava- rientrasse a far parte della propria vita. Da lontano scorse Fred seduto su una panchina al lato della piazza, e anche lui l'aveva vista perché ora le stava facendo un cenno con la mano.
Dopo essersi salutati Silvia si sedette accanto all'amico.
«Fred, cosa dovrei sapere? Volevi parlarmi giusto?». Si accorse che le tremavano le mani, quindi le infilò nelle tasche dell'impermeabile. Fred a quel punto abbassò lo sguardo, poi si passò una mano tra i capelli, sorrise nervosamente. «Non credo ti farà piacere». Silvia iniziò ad allarmarsi. Perché non arrivava al punto?
«Fred, ti supplico».
«Okay, perdonami. È che... è umiliante, imbarazzante. Sono stato licenziato. Ecco, l'ho detto» disse guardandola dritta negli occhi.  Ma con sorpresa, la donna che aveva davanti aveva iniziato a ridere, nascondendosi il viso tra le mani, e scuotendo il capo. Poi aveva alzato lo sguardo e aveva detto divertita: «Mi avevi fatta preoccupare, e non sai quanto ».
«Silvia, non credo sia così divertente » disse serio, «È successo un po' di tempo fa, perché non mi presentavo al lavoro, ma non ho avuto mai il coraggio di dirtelo.»
La dottoressa ammutolì di colpo, capì di aver reagito in modo troppo esagerato, quasi fosse contenta della notizia, quando in realtà era soltanto sollevata dal fatto che Fred non le avesse tenuto nascosto qualcosa di più grave.
«Perdonami Fred, non volevo offenderti, è solo che non sapevo cosa aspettarmi. È una situazione assurda» disse rammaricata.
«Non importa è tutto apposto» la rassicurò prendendole la mano, poi aggiunse: «Temevo di deluderti».
«Fred, non mi deluderesti mai».
Dunque si abbracciarono.

Mentre passeggiavano per le strade di Kyedi parlarono di argomenti poco importanti. La pioggia iniziava a cadere lentamente, per poi aumentare, finché non li travolse. Corsero sotto il diluvio, riparandosi poi sotto il portico di una chiesa. I brividi le percorrevano tutto il corpo, veloci come saette, proprio come quelle che dominavano il cielo in quel momento. «Silvia, non mi hai più parlato della tua paziente, qualche novità a riguardo?»
«Non ho scoperto molto» mentì abbassando lo sguardo.
«Silvia, mi stai dicendo la verità?» la incalzò l'ex ispettore.
La dottoressa a quel punto lo guardò negli occhi.
«In verità qualcosa so, o perlomeno credo di sapere, ma non vorrei espormi senza confermare i miei sospetti» disse, facendo una breve pausa, sospirando. Poi aggiunse «Diciamo che domani ne saprò qualcosa in più ». A quel punto l'espressione dipinta sul volto della dottoressa aveva inquietato Fred.  Aveva degli occhi diversi, e la luce che spesso vi notava sembrava essersi spenta tristemente. Aveva da sempre visto Silvia come una fonte di energia, e se qualcuno gli avesse chiesto di paragonarla a un essere inanimato l'avrebbe messa a confronto con un lampadario, un grande lampadario di cristallo. Per un attimo immaginò Silvia mentre si avvicinava all'interruttore e lo schiacciava per spegnere quella luce.
«Capisco che tu non voglia parlare senza avere delle certezze, ma ti prego di stare attenta. Non fare nulla di cui ti possa pentire in seguito»
La dottoressa sorrise timidamente, incerta abbassò lo sguardo e schiuse le labbra. Stava per dire qualcosa, ma si era fermata. In seguito aveva semplicemente detto «Te lo prometto».

Intanto era smesso di piovere, e Padton riaccompagnò la dottoressa a casa. Finse di stare tranquillo, di aver creduto alla promessa che Silvia gli aveva fatto. Ma più ripensava alle parole della donna, più temeva che avrebbe fatto un passo falso, e quando gli tornò in mente l'immagine di Silvia, impaurita ma determinata, sentì la paura invadergli il corpo.

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