Epilogo

272 25 12
                                    


Epilogo

Stranamente quel giorno era sereno, il cielo limpido, il sole che riscaldava leggermente la pelle. Si immaginava diversi i funerali, nei film da sempre ambientati durante un temporale o un cielo nuvoloso che prometteva pioggia. Quella mattina però era diverso, era come se fosse la fine di un incubo, era la luce della speranza. Di una rinascita. Il funerale di Anne si era svolto nel suo paese natale, a Wiklin, ed era terminato da poco. Avevano assistito pochissime persone. Forse l'unico che tra di loro l'aveva conosciuta meglio era stato Mike, che ora affiancava la dottoressa insieme a Fred, mentre tornavano in auto. Durante il tragitto erano stati in silenzio, quasi per rispetto nei confronti di due famiglie andate in frantumi. Anne, Nicole, Mark, Jessie, Laura. Vittime di una sola persona e soprattutto della crudeltà. John era stato visitato con cura dai medici, e questi avevano affermato che non era poi così malato come si credeva. Non era solo la pazzia a guidarlo, era il male.
Laura era stata da tramite tra il passato e il presente, Silvia aveva colto i suoi segnali e ora poteva aiutarla, ora che ogni pericolo era passato.
Silvia e Mike, da buoni psichiatri, erano certi che in giro di poco tempo Laura avrebbe fatto enormi progressi e sarebbe addirittura diventata una donna forte e con leggeri disturbi. A quel punto la dottoressa l'avrebbe dimessa e l'avrebbe accolta in casa sua, come una sorella. Laura stava già meglio da quando aveva saputo che il terribile capo dei camion non avrebbe più fatto del male a nessuno. Era più serena e calma, e spesso Silvia dimenticava di stare parlando con una paziente della clinica psichiatrica. Mike intanto aveva deciso di entrare di nuovo a far parte della clinica. Avrebbe iniziato nuovamente a fare lo psichiatra, a fianco a Silvia. Fred stava cercando lavoro in un bar ed era fiducioso che l'avrebbero assunto.
Una volta arrivati a Kyedi scese dall'auto di Mike e salutò i due con un bacio sulla guancia, guardò verso il cielo ricordando il viaggio fantastico che aveva fatto quando era in sala rianimazione, ed entrò in clinica. Indossò il camicie, sistemò delle scartoffie e si avviò verso la camera di Laura.
La donna aveva il volto che emanava luce. Corse verso la dottoressa gioiosa, e la strinse in un forte abbraccio. Fu a quel punto che Silvia cedette. Tutto ciò che aveva passato le era rimasto dentro e ancora non se ne era liberata. Scoppiò a piangere e singhiozzare senza riuscire a fermarsi. La paziente si staccò e la guardò dispiaciuta. Le avvicinò una mano al viso, con i movimenti di una bambina, e tentò di asciugare le lacrime della dottoressa.
«Stai male?» domandò Laura, sempre con rammarico.
Silvia scosse la testa e sorrise, asciugandosi anch'essa il volto con le maniche del camice.
«No Laura, non piango perché sto male. Piango perché sono felice» spiegò facendole una carezza sui capelli.
Laura sorrise di rimando e prese la mano della dottoressa.
«Ti voglio bene » le rivelò dolce.
Anche Silvia posò una mano sopra quella della paziente.
«Ti voglio bene anche io».

In quel momento ebbe un altro ricordo di sua madre.
Erano in cucina, stavano mangiando la pasta al pomodoro, quando al telegiornale avevano dato la notizia di un omicidio. Silvia non ricordò di cosa si trattasse, non rammentava le dinamiche, ma doveva essere successo qualcosa di molto grave. Evelin a quel punto aveva posato la forchetta sulla tovaglia, lentamente aveva preso il telecomando e aveva abbassato il volume, tanto che tutto si era ridotto a suoni poco riconoscibili e semplici sussurri.
Poi aveva rivolto lo sguardo a Silvia e aveva detto «Ricorda sempre Silvia, la pazzia si cura, la crudeltà no».

Ora, guardando gli occhi della paziente, luccicanti e pieni di luce, capì quanto quella frase fosse vera.

LA PAZIENTE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora