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Erano solo quattro mura, nulla di piú, nulla di meno, ma le trasmettevano pur sempre quella sensazione di tranquillità, pace e protezione che non avrebbe percepito nemmeno vivendo in quelle lussuose ville per ricchi situate a pochi metri dalla spiaggia. Era lí, nella sua camera dove trascorreva i momenti piú sereni mentre stringeva le coperte, le tirava a sé finché non la ricoprivano del tutto. E fu proprio nella sua camera che trascorse le ultime ore di riposo, senza pensare al dopo, senza pensare a quando avrebbe risentito quell'assordante e fastidioso suono della sveglia. Suo malgrado all'alba dovette alzarsi e prepararsi psicologicamente a una nuova giornata di lavoro che avrebbe affrontato con grinta e lucidità, si sentiva piena di energie, accumulate in piú di due giorni di riposo, di distacco dal lavoro.

Prima di uscire, Silvia, controllò il suo cellulare e trovò due chiamate senza risposta da parte di Mike, e un messaggio non letto di Fred. In quel momento, però, decise che avrebbe risposto piú tardi, e quindi lanciò il cellulare sul sedile a fianco.

Il cielo era colmo di nuvole e preannunciava un temporale quando entrò nella clinica. Appena varcò la porta dell'ingresso l'odore e i rumori tipici del posto la riportarono alla realtà fin da subito. Mentre camminava vide i colleghi indaffarati che si spostavano velocemente da una parte all'altra, e tra loro cercò di individuare Frank; voleva sapere come stava la paziente dal momento che gli aveva chiesto di occuparsi di lei in sua assenza. Il suo collega, però, non era tra la folla in quel momento e la dottoressa pensò che sarebbe stato piú conveniente sfruttare il tempo per vedere la paziente di persona anziché andare alla ricerca di Frank!

Si avviò dunque verso il reparto 6; solo pochi metri e avrebbe rivisto la paziente. Appena arrivò di fronte alla camera 7 sistemò un piccolo ciuffo di capelli dietro l'orecchio, poi entrò.

La stanza era fredda, vuota. Un cumulo di coperte - che le ricordavano i panni sporchi pronti per essere messi in lavatrice - erano sistemate in modo disordinato sopra al letto, la minuscola finestra - se tale poteva definirsi - situata in alto era spalancata, e uno strano profumo di pulito aleggiava nell'aria. Inoltre, c'era un ultimo particolare, il piú importante di tutti: di Laura nessuna traccia.

Un dubbio si insinuò nella sua mente; tentò di scacciarlo con tutte le sue forze, ma mentre lei rimaneva in piedi come una statua al centro della stanza, i minuti passavano, e sperò che quel brutto presentimento non diventasse realtà.

Pensaci Silvia, sembrava dirle una voce interiore, potrebbe aver commesso una sciocchezza, forse stanno pulendo la camera e stanno cambiando le lenzuola per un nuovo arrivato... Sarebbe tutta colpa tua!

Scosse bruscamente la testa, come per non sentire piú quella voce che, d'altronde, non aveva tutti i torti, anzi.
Se alla paziente fosse successo qualcosa di brutto sarebbe stata tutta colpa sua, perché si era presa quei dannati giorni di riposo senza pensare che forse Laura si fidava soltanto di lei e non poteva sopportare la presenza degli altri colleghi.

Mentre l'ansia la stava assalendo, però, sentí una voce e il cuore si fermò per un attimo; era Frank.

«Silvia, sei tornata» si sentí dire.
Poi si voltò.
Il collega era sorridente, non scosso o turbato come avrebbe dovuto essere se fosse accaduto qualcosa. Cosí in quel momento si accese un piccolo barlume di speranza.

Ma la paziente dov'é?

«Ti vedo pallida Silvia, » constatò l'uomo, ora con uno sguardo piú serio, «stai bene?» chiese.
«Sí, sto bene» mentí Silvia, «Ho avuto un giramento di capo, tutto qui» rispose appoggiando una mano sulla fronte. «Ma cosa significa questo?» domandò poi indicando la stanza, ma soprattutto il letto.
Frank la guardò per un attimo e poi ridacchiò, il che irritò Silvia ulteriormente.
«Ti sembra strano che abbiano pulito la camera? Ti assicuro che qua dentro c'era un odore davvero insopportabile!» esclamò quasi divertito.

Ma cosa c'é da ridere!? Certo che mi sembra strano. Per dieci minuti qui non vola una mosca, e tu entri in questa camera dopo alcuni giorni che non ci sono e mi ridi in faccia!

«Va bene, ma Laura dov'é?» chiese infastidita.
«A fare la doccia» rispose come se fosse ovvio. «Anche lei non aveva un buon odore» disse con una smorfia di disgusto.
Silvia provò sollievo. Fortunatamente non era accaduto nulla di grave. Frank continuava a parlare, ma lei non lo ascoltava, annuiva e basta mentre fissava la porta aspettando di rivedere Laura.

Cosí pochi secondi dopo la paziente entrò in camera, con vestiti e capelli puliti. Era accompagnata da Kate, l'addetta alle pulizie, la quale teneva in mano un cesto con lenzuola e coperte nuove, profumate.
Appena vide Silvia la paziente sorrise e sgranò gli occhi, poi si avvicinò velocemente alla dottoressa e le accarezzò il viso come una bambina alla ricerca delle coccole materne.

«Ciao Laura, ti ricordi di me, vero?» domandò Silvia.
La paziente fece cenno di assenso mentre il suo sorriso trasmetteva ancora piú stupore.
Intanto Kate salutò Silvia con un cenno, poi iniziò a sistemare accuratamente le lenzuola sul letto, dopo aver raggomitolato e buttato in malo modo il cumulo di coperte sporche e ingiallite nel cesto.
Sistemò tutto in un batter d'occhio e prima di uscire dalla stanza chiuse la piccola finestra. Finalmente lasciò Laura e Silvia sole.

Si sedettero dunque sul letto e la dottoressa iniziò a parlarle, tentando di far comunicare Laura il piú possibile.

«Quindi sei andata a fare la doccia?» chiese Silvia.
Laura annuí, ma la dottoressa puntava a un discorso, anche a una sola frase di senso logico.
«Hai conosciuto altre persone...»
«Sí.» Poi si portò un dito alla bocca cercando di ricordare. «Abbie, Diana...»
«Sono simpatiche?» domandò la dottoressa.
Laura assentí entusiasta.
«Diana sí, perché é tutta mora!»
«E Abbie?»
La paziente scosse la testa facendo il broncio.
«Abbie é antipatica, ed é tutta bionda!»

Silvia cosí sorrise e prese la mano di Laura.
«Vedrai che le altre saranno piú simpatiche» la rassicurò.

E cosí, inaspettatamente, la dottoressa notò un particolare in Laura, qualcosa di positivo; la paziente aveva sorriso, ma non come faceva sempre. Si trattava di un sorriso diverso, un sorriso che per la prima volta, anche se solo per un secondo, l'aveva fatta sembrare una persona lucida e sana di mente.

E se questo fosse stato il primo segno di un miglioramento? A Silvia piaceva pensarla cosí, era ottimista.













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