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«Scenda maledizione! Scenda!»
Il sole gli faceva male agli occhi, si fece ombra con la mano mentre agitava l'altra per farsi notare. I vetri oscurati del furgone non gli permettevano di vedere bene all'interno. Il conducente si era forse addormentato? Strizzò gli occhi tentando di vedere, ma riconobbe solo una figura. Se solo quel sole non fosse stato così accecante avrebbe di sicuro visto chi sedeva al posto di guida.
«Ehi! Mi sente?»
Nessuna risposta. Alcun movimento. Il suo pensiero si spostò all'idea di un infarto. Come aveva fatto a non pensarci prima? Era stato lì come un idiota sperando che il conducente scendesse e soccorresse la ragazza investita. Ora però doveva chiamare assolutamente i soccorsi. Estrasse il cellulare dalla tasca e iniziò a digitare il numero dei soccorsi. Si portò il cellulare all'orecchio.
«Fermo, togli il cellulare» Sentí il braccio stretto come in una morsa. Guardò avanti a lui e si trovò l'uomo a pochi centimetri dal suo volto. In quel momento giurò di aver socchiuso la bocca ed essere rimasto pietrificato. Era John, quel signore gentile, premuroso che si preoccupava per la sorte della moglie.
Nel frattempo sentì la voce provenire dall'apparecchio. Era una donna. «Pronto? Mi sente?» diceva. «Ha bisogno di aiuto?» Mike era rimasto immobile.
John gli strappò il cellulare dalla mano, chiuse la chiamata in modo sciolto, e lo schiantò a terra come se nulla fosse. Il giovane dottore aveva seguito incredulo con lo sguardo ogni movimento dell'anziano, senza riuscire a proferire parola.
«Cosa hai visto?»domandò il signore apparentemente calmo.
«Lei ha... ha investito la ragazza» Mike si ritrovò a balbettare disperatamente mentre d'istinto indicava a fianco a lui.
Poi si avvicinò al paraurti e sussultò.
La giovane era sotto le ruote, in una posizione innaturale, le gambe rotte. Il viso era sporco di sangue e aveva un'estesa lacerazione in testa. Allibito tornò a guardare l'uomo.
«Ti sbagli» affermò John. «Tu non hai visto un bel niente» aggiunse mentre puntava il dito contro lo psichiatra.
«Non dirai assolutamente nulla e guai a te se provi a raccontarlo a qualcuno» lo minacciò serio.
Mike non fiató. Deglutì e riempì i polmoni d'aria con un respiro profondo.
«Come crede di nascondere una cosa del genere? Come fa a sapere che non domanderanno di questa povera ragazza?»
John sogghignò e guardò verso il corpo senza vita. «Nessuno ha visto nulla» disse guardandosi intorno. «E poi nessuno chiederà di lei. L'unico potrei essere io, ma non lo farò» sorrise.
Il dottore rimase perplesso, non capiva.
«A cosa si riferisce?»
«Come a cosa mi riferisco? A mia figlia, o a quello che era, ovvio».

Mike si svegliò con la fronte imperlata di sudore e il fiatone. Con la gola secca protese il braccio verso il bicchiere d'acqua posato sul comodino affianco al letto. Si portò il bicchiere alla bocca, ma con rammarico notò che non era rimasta neanche una goccia. Doveva aver bevuto durante la notte.
Fino ad allora aveva fatto incubi sì, ma non aveva mai ricordato quasi interamente ciò che accadde a Wiklyn quel maledetto giorno. Quel giorno che cambiò tutta la sua vita.
Pensò a Silvia, a quanto si battesse per la giustizia, per curare la propria paziente. Non poteva dirle nulla. Se lo avesse fatto, John, scaltro com'era nonostante l'età e la dipendenza da alcool, lo avrebbe scoperto e le avrebbe fatto sicuramente del male. Non poteva rischiare di uccidere l'unica vera amica che le restava a quel mondo. Ovviamente era dispiaciuto anche per Laura Jemmin. Un passato così macabro, insidioso. La sua famiglia sembrava maledetta. E Mark Jemmin? Anche lui era stato ucciso, ne era sicuro. Anche lui aveva visto qualcosa quel giorno, ma per amor dell'amico a cui ancora voleva bene nonostante tutto, voleva si costituisse o che venisse curato in una buona clinica. John però non lo accettava, lo aveva avvertito, e quando aveva saputo che aveva parlato con Silvia temette di essere scoperto. Per questo lo uccise. Era solo un'ipotesi, ma Mike conosceva bene gli uomini, aveva avuto a che fare con molti casi ed era convinto fosse avvenuto quello che pensava.
Annuì debolmente, poi prese il cellulare e inviò un messaggio a Silvia, anche se sapeva bene che non era l'orario giusto. Rimase a fissare lo schermo per lungo tempo, finché non si accorse che a Silvia non arrivava il messaggio. Forse aveva spento il cellulare, anche se era solita tenerlo sempre acceso, per le emergenze, come diceva lei.
Si distese sul letto cercando di addormentarsi di nuovo, ma il cuore gli martellava in gola, forse più forte di prima. Il suo pensiero era solo per Silvia.

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