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Un piano.

Fred Padton aveva escogitato un piano formidabile. La mattina seguente Silvia sarebbe dovuta andare a lavoro come di consueto, e l'ispettore avrebbe dovuto seguirla.
In questo modo avrebbe visto la targa del camion e tutto il resto.
Quella mattina si alzarono entrambi molto presto.
Fred si sedette in cucina e iniziò a fissare il vapore che stava uscendo dalla tazza del cappuccino.
Decise quindi che quando il vapore avrebbe cessato di uscire, avrebbe potuto berlo. Ma il vapore continuò ad uscire, a disperdersi nell'aria, e Fred ebbe del tempo per pensare a quei fatti tanto misteriosi che avevano colpito la dottoressa. Quella dottoressa con cui poco tempo prima litigava e litigava di continuo.
Si strofinò gli occhi e sbadigliò.
Voleva rimanere tutta la mattinata lí, a casa, perché aveva un viso talmente gonfio che le persone- soprattutto Silvia- si sarebbero spaventate.
Questo non perché la gente non ha il viso gonfio di prima mattina, ma perché l'ispettore era un tipo talmente affascinante- con il suo taglio corto di capelli e la sua statura- che chiunque avrebbe preso le distanze vedendolo in simili condizioni.

Silvia invece se ne stava lí, in camera sua a guardare l'armadio in tutta tranquillità. Questo era di colore verde, verde come l'erba secca. Concentrandosi le sembrò quasi di sentirne l'odioso odore. Quindi si alzò e si diresse in cucina.
Guardando l'orologio si meravigliò; per essersi vestita e truccata era anche troppo presto. D'altronde si era alzata in anticipo per colpa di un colpo di vento il quale aveva aperto la finestra, rimasta socchiusa, della sua camera.
Dopo la colazione notò un messaggio sul cellulare. Era Fred:

"Sto arrivando"

Infatti, solo dopo dieci minuti, l'ispettore arrivò. Osservò per un po' la porta della casa ed esitò.
Il marrone della porta assomigliava parecchio al suo divano. Quanto amava quel colore...

«Sembri inquieto» disse la dottoressa appena l'ispettore entrò.
«E hai perfettamente ragione» ribatté l'ispettore sospirando. «Mi é tornato in mente un terribile fatto del passato. »
«Vuoi parlarmene? É ancora presto...» osservò la dottoressa guardando l'orologio da polso.
Si sedette sul divano e aspettò che anche Fred facesse come lei.

Lentamente anche lui si sedette di fronte a Silvia e sospirò nuovamente.
«É estremamente doloroso per me parlarne, ma riconosco che solo sfogandomi riuscirò a stare meglio. »
E fece una breve pausa.

«Tutto risale a due anni fa. C'era una donna, si chiamava Clara, la quale riteneva che un uomo la seguiva ovunque. Non sembrava avere tutte le rotelle a posto, e per questo ho mandato due miei colleghi per sorvegliarla. Dopo due giorni mi hanno riferito che nessuno seguiva Clara e io la tranquillizzai dicendole che si era sbagliata.»

Fece una seconda breve pausa.
Silvia non osò interromperlo.

«Dopo tre giorni» riprese a parlare «ho saputo che Clara era scomparsa. La cercammo divorati dal senso di colpa, ma non la trovammo...» disse abbassando lo sguardo.
«Non la trovaste piú?» intervení Silvia.

Fred scosse la testa.
«No» rispose «sono passati due anni e non so ancora dove sia» disse massaggiandosi la fronte.
Silvia rimase in silenzio per riflettere su ciò che era piú opportuno dire.
«É per questo che mi stai aiutando? Perché non vuoi che accada nuovamente?» domandò la dottoressa in modo tranquillo, per consolarlo.
«Credo di si» rispose.
«Ascolta, il senso di colpa ti sta divorando completamente. Non pensarci piú. Magari aiutandomi riuscirai ad allontanare i rimorsi...»
«È la cosa migliore, » rispose perplesso «ma ora dovremmo andare, altrimenti il piano salterà. »
«Si, andiamo»

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