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Le nuvole erano già scomparse da tempo e i marciapiedi bagnati dalla pioggia rischiavano seriamente di farla scivolare. Doveva coprirsi bene con il foulard perché l'aria non era proprio calda sebbene il sole di quella mattina fosse particolarmente luminoso e donasse un profondo senso di pace.
Non sapeva in che modo, ma per la prima volta dopo parecchio tempo si sentiva tranquilla, in pace con se stessa, senza lavoro, senza programmi per il pomeriggio.

Camminava soltanto per i marciapiedi di Kyedi, senza meta, osservando le pozzanghere dove parecchie volte dei piccioni si dissetavano. Inoltre le strade erano deserte, nessun mormorio, solo il cinguettio degli uccellini speranzosi di un possibile ritorno alla primavera.

Lentamente raggiunse un sentiero la cui strada era stata sistemata da poco tempo. Era contornato da alti pini, e dunque, i raggi di sole in quel momento la illuminarono a sprazzi.
Pochi metri dopo raggiunse una panchina situata lungo il sentiero e vi si sedette; sapeva che in quel modo avrebbe riflettuto al meglio.
Fissò per un attimo le sue mani pensando nuovamente alla bizzarra idea che le era saltata in testa il giorno precedente.

Forse non era proprio sbagliato inviare un messaggio a Mark Jemmin- perché chiamarlo le avrebbe fatto perdere le forze dato che l'ansia di scegliere le parole piú opportune l'avrebbero fatta stancare troppo- per chiedergli di andare a trovare sua figlia.
Facile. Non avrebbe dovuto ascoltare i suoi sospiri e nemmeno le sue imprecazioni, tutto sarebbe filato liscio come l'olio, senza dubbio.
Prese il cellulare dalla borsa e scrisse il messaggio in modo chiaro, preciso, non troppo invadente.

"Buongiorno, scusi se la disturbo, sono la dottoressa Wond. Le ruberò solo un secondo. Volevo dirle che sua figlia sta facendo progressi, ma avrà bisogno di una spinta paterna per migliorare del tutto. Se vuole venirla a trovare sarà il benvenuto".

Terminato il messaggio inviò dopo una breve revisione grammaticale. Doveva ammettere che aveva mentito sui "progressi" citati nel testo e soprattutto sul fatto di "rubare solo un secondo".
Silvia, anche provandoci, non riusciva ad essere troppo breve. Nei suoi discorsi doveva sempre esserci un saluto e una premessa, solo alla fine di questi due passaggi- ogni volta estremamente chiari e precisi- arrivava il tanto atteso punto del discorso.
Non aspettò impaziente la risposta, perché semplicemente sapeva che, eventualmente, non l'avrebbe di certo ricevuta all'istante.

Cosí gettò casualmente il cellulare nella borsa e rimase alcuni secondi a fissare la strada deserta finché un gruppo di signore le passò davanti. Avevano tutte circa sessant'anni. Alcune scuotevano la testa sistematicamente, altre avevano assunto un'espressione di disgusto e ribrezzo.

«Una volta non era cosí» sentí mormorare da una di loro, una di quelle che scuotevano il capo.
«Correre in questo modo per il centro abitato, e perlopiú con un grande camion, ma come si é arrivati a questo punto» disse un'altra di loro.
Alla parola camion qualcosa si risvegliò in Silvia. La pace era svanita, era ritornata l'angoscia, la paura e la voglia di scoprire qualcosa, di saperne di piú.

Si alzò dalla panchina trovandosi faccia a faccia con quelle signore, le quali si voltarono contemporaneamente verso di lei, osservandola dalla testa ai piedi.
«Scusatemi, é forse successo qualcosa?» domandò fingendosi preoccupata per loro e soprattuto fingendo di voler sapere dell'accaduto per pura curiosità.
«É successo che stavamo tranquillamente attraversando la strada e un camion é sfrecciato a pochi centimetri da noi. Potevamo morire» disse una di loro, la piú disgustata del fatto.
«É sconvolgente» esclamò Silvia fingendosi nuovamente dispiaciuta. «Nel caso vedessi questo camion potreste dirmi di che colore é? Non vorrei che io o qualche mio conoscente vi si imbatta e...»
«Bé, piú che un camion direi che é un furgoncino, non é molto grande, ed é di colore bianco» affermò soddisfatta la signora per l'aiuto appena dato.
«Molte grazie, buon passeggio» disse Silvia sorridendo e andandosene con una sensazione diversa rispetto a quella che sentiva quando aveva raggiunto il sentiero.

Prima il sole trasmetteva tranquillità, calma, pace, ora sembrava che con i suoi raggi volesse gridargli in faccia che la giornata stava terminando e aveva poco tempo per risolvere tutto. Aveva sempre meno tempo.
L'esigenza di parlare con Fred diveniva sempre piú grande e non appena vide un bar entrò al suo interno per acquistare una bottiglietta d'acqua frizzante. Si sedette a un tavolino appartato e bevve qualche goccia d'acqua, ma inviò ugualmente un messaggio a Fred chiedendogli di raggiungerla. Non le era passata nemmeno per la testa l'idea di chiamare Mike, amico da una vita.

Non se lo seppe spiegare. Forse Fred trasmetteva piú fiducia, sincerità, ma se si trattasse di pura apparenza? Se Mike avesse avuto ragione? Magari doveva fidarsi di entrambi, ma non era quello il problema in quel momento.
Doveva calmarsi, eventualmente assumere alcuni farmaci per tranquillizzarsi. Tutto per togliersi dalla testa il maledetto "capo dei camion" che era entrato nella sua vita senza avere intenzione di uscirne.




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