Il viaggio trascorse in un silenzio confortevole, interrotto solo da qualche comunicazione sporadica.
Si lasciarono in fretta la città alle spalle per attraversare i sobborghi, file allineate di case pittoresche tutte uguali, in cui l'umanità ignara si affaccendava intorno ai propri doveri giornalieri, comportandosi come se la vita non potesse essere sconvolta di punto in bianco, proprio come era successo a lei.
Kate strinse con forza entrambe le mani sul volante, espellendo profondamente tutta l'aria dai polmoni. Era cosciente di non doversi illudere, lo sapeva per esperienza diretta provata innumerevoli volte sulla propria pelle scorticata. Eppure non poteva farne a meno.
Esposito era in costante contatto con la centrale, e controllava regolarmente gli aggiornamenti sulla situazione che, però, sfortunatamente, si facevano attendere. Non erano state inviate prove fotografiche dell'uomo ritrovato, avevano solo una sommaria descrizione fisica, e cioè la stessa che avevano trasmesso all'inizio, né sapevano se lo sconosciuto – Kate si imponeva di riferirsi a lui in modo impersonale – avesse ripreso conoscenza. Temeva che le stessero tenendo nascosto di proposito qualche peggioramento delle sue condizioni, o forse era semplicemente l'ombra lunga dell'inquietudine a farle immaginare mostri sotto il letto. Più di tutto le premeva di arrivare a destinazione, per valutare la situazione in prima persona.Aveva cercato di mantenersi calma, di non mostrare all'esterno l'ansia che la stava divorando, anche se qualche brusca sterzata e numerosi insulti lanciati contro gli autisti delle altre automobili, rei di essersi messi alla guida con il solo scopo di rallentare la sua marcia, avevano provocato qualche occhiata di sospetto da parte del suo compagno di viaggio, che aveva però preferito lasciar correre. Fu lieta che Esposito riuscisse a sopportare la sua guida nervosa senza lamentarsi. Probabilmente temeva di venir abbandonato alla prima stazione di servizio, se solo avesse protestato.
Era una bella giornata, si stupì guardando per la prima volta con attenzione il paesaggio che scorreva veloce – troppo veloce - dal finestrino.
Era gennaio, un mese che aveva odiato per anni, perché legato allo spaventoso evento della morte di sua madre ma che, adesso significava qualcosa di molto meno amaro.
Scosse la testa, per evitare di perdersi in memorie che non poteva permettersi.Si concentrò di nuovo sulle condizioni atmosferiche. La neve, che qui era caduta più copiosa che in città, si stava lentamente sciogliendo sotto i raggi di un sole più caldo della media stagionale. Le giornate si stavano allungando, anche se il profumo della primavera era una chimera ancora lontana. O magari la sua primavera personale era ad attenderla a soli dieci minuti di strada.
Una morsa le strinse lo stomaco anticipando quello che avrebbe dovuto affrontare di lì a poco. Nonostante si trattasse di una procedura che conosceva quasi a memoria, era da diverso tempo che non le toccava sottoporvisi, perché nel corso dei mesi segnalazioni tanto specifiche si erano diradate fino a cessare del tutto.
Parcheggiò nel primo spazio disponibile, sentendosi turbata e scossa. Non si era mai abituata a quell'infame procedimento. Si ripresentavano ogni volta le medesime emozioni, un insieme di paura e speranza che ancora, ostinatamente, continuava a sopravvivere.Si avviarono verso l'entrata a passi veloci. Espo aprì la porta per lei e attese che lo superasse. Vinta da un'ultima esitazione, Kate si fermò sulla soglia, aggrappandosi alla maniglia e bloccando il passaggio alle persone raccolte dietro di loro, che la guardarono con curiosità e impazienza.
"Che cosa c'è?", le chiese Espo preoccupato, invitandola a spostarsi da lì e conducendola in un angolo appartato per permettere al normale flusso di visitatori in entrata e in uscita di riprendere a scorrere.
"Niente. Sto bene. Andiamo". Raddrizzò le spalle e alzò il mento, una postura automatica che assumeva quando la vita la invitava a prenderla di petto senza tentennamenti.
"Beckett, lo so che ci sei passata molte volte. Troppe. Ma io credo che in questo caso...".
Gli lanciò un'occhiata raggelante e proseguì senza aspettarlo e senza dargli la possibilità di continuare. Il momento di sbandamento era passato. Era prontaa sfidare stoicamente la sorte.
Quello che l'aveva fatta vacillare per un breve istante non era il timore che l'uomo non fosse Castle. Sarebbe stato indubbiamente doloroso, ma in qualche modo l'avrebbe superato e sarebbe tornata, solo un po' più ammaccata, alla sua vita quotidiana che richiedeva la sua partecipazione attiva. L'indomani, e tutti i giorni a seguire, avrebbe continuato quella che si era abituata a considerare la sua nuova normalità. A questo punto la sua paura più grande era che si trattasse davvero di Castle. Se questa ipotesi si fosse rivelata fondata, dopo tanti mesi – venti, non aveva ancora smesso di contarli – si sarebbe trovata di fronte alla verità. Avrebbe finalmente appreso se fosse stato rapito o se, come le aveva suggerito un zelante agente dell'FBI, Castle, se ne era semplicemente andato perché stanco di lei. Sentì il familiare grumo di sofferenza dilatarsi dal centro del suo essere verso le periferie, al pensiero di essere stata abbandonata all'altare, al pensiero che lui non avesse avuto il coraggio di dirle che aveva smesso di amarla. Quando? Quando era successo? Perché non se ne era accorta? Era stata colpa sua?
La rabbia, che così abilmente aveva imballato nelle sacche capienti della sua negazione, si riversò come liquido bollente nelle vene. Non era pronta a dover fronteggiare questioni lasciate irrisolte: se fino ad allora aveva bramato di trovar loro una spiegazione, per via della sua natura rigorosa, adesso tremava all'idea che il vaso di Pandora venisse finalmente aperto e andassero a rimestare sul fondo, facendo salire a galla verità dolenti.
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Rainbow
Fanfiction7x01: Castle viene ritrovato dopo essere stato via un po' di più di otto settimane... e il suo ritorno sarà ricco di sorprese