Ventidue

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"Quello di cui Alex ha bisogno è che i suoi genitori non corrano rischi superflui. Entrambi. Soprattutto tu, in questo momento. Non puoi entrare nella sua vita e poi cacciarti - per scelta - nel primo pericolo in cui ti imbatti, come un dannato irresponsabile! Hai dei doveri nei suoi confronti! Sei suopadre", replicò inorridita e spaventosamente inquieta per la sua completa mancanza di buonsenso.
Trovava ridicolo doversi esprimere attraverso frasi che suonavano a mo' di slogan e che sottolineavano semplicemente l'ovvio. Avrebbe dovuto arrivarci da solo. Un uomo adulto e sensato l'avrebbe fatto. Chi era la persona che era tornata da loro? Chi era questo sconosciuto?

"Kate...". Gli lanciò un'occhiata raggelante. "È proprio per questo che ho voluto presentarmi all'appuntamento...".
Non lo lasciò finire di parlare, in preda alla frenesia di dimostrargli che l'unico punto di vista accettabile in una situazione del genere era quello che gli aveva appena illustrato. Doveva capirlo. Doveva essere d'accordo con lei. Altrimenti non ci sarebbe stato futuro, non a quelle condizioni.
"Avrebbero potuto ucciderti, Castle! Rapirti di nuovo. Poteva rivelarsi una trappola e tu ti ci sei infilato allegramente dentro senza pensarci due volte, solo a causa della tua fottuta curiosità, che non ti fa fermare davanti a nulla!", lo accusò perentorea, alzando la voce, per quanto poteva permettersi.
"Come sopravviveremmo se dovessimo affrontare di nuovo la tua scomparsa io, tua madre, Alexis, chiunque tenga a te? A noi non pensi? Che cosa racconterei ad Alex, quando fosse abbastanza grande da capire? Che suo padre era un perfetto idiota?".
Nell'intento di sottolineare uno a uno tutti i suoi clamorosi errori, Kate non si era accorta di aver spostato il focus della discussione dal sacrosanto diritto di Alex di avere un padre responsabile - o almeno presente nella sua vita, che era tutto quello che gli si chiedeva – al supplizio indicibile che aveva sopportato per quei venti lunghissimi mesi di assenza.
Si sentiva come un enorme contenitore colmo fino all'orlo di strati di sofferenza, con la quale non era scesa ancora a patti, nonostante i suoi sforzi di razionalizzare la vicenda, soprattutto una volta che l'aveva riavuto con sé.
Lo strazio si limitava a starsene in agguato nelle pozze buie del suo inconscio, pronto a balzare fuori inaspettato al minimo inciampo sul terreno sconnesso.

Castle doveva avere notato il cambio di registro, ma non fece nessun commento. Accettò la sfuriata a capo chino, senza ribattere, per non provocare un'altra escalation di sentimenti feriti del tutto giustificati.
Le diede il tempo di riprendersi, aspettando che l'affanno si placasse gradualmente. Poi le fornì la sua spiegazione.
"Mi sono presentato all'appuntamento - sapendo molto bene i rischi che correvo -, perché al telefono hanno minacciato te e Alex di ritorsioni. Non potevamo vivere con una minaccia del genere a incombere sopra le nostre teste, senza sapere come e quando si sarebbe palesata".
"Avresti solo dovuto smettere di ficcare il naso in cose più grandi di te. È quello che ti hanno detto di fare. Non era difficile, Castle", ribatté sprezzante, logorata dalla sua stessa rabbia, che fino a poco prima l'aveva riempita di energia.
Era stata ingiusta e lo sapeva. Le "cose più grandi di lui" riguardavano un evento che l'aveva visto protagonista e vittima. Non si era fermato a guardare un incidente capitato per caso sotto ai suoi occhi, impicciandosi in questioni a lui estranee. Si stava parlando della sua vita. Ma lei non poteva permettere che succedesse. Che le venisse strappato di nuovo.

"Come potevo essere certo che mi avrebbero lasciato in pace, se non sapevo quali erano i termini della questione? E se il loro fosse stato un bluff? Se l'avessero detto solo per non far intervenire la polizia? Cosa sarebbe successo se di punto in bianco fossero venuti meno all'accordo? Non avevo niente tra le mani, niente. Non una prova. Non un motivo per ritenere valido il loro consiglio e accettarlo. Ero in balia del capriccio di gente sconosciuta. Come avremmo mai potuto dimenticarcene? Rilassarci? Vivere?", le rispose con tono accorato, spinto dal medesimo bisogno di convincerla della correttezza del suo punto di vista.
"È stata l'unica pista che mi si è aperta davanti, senza che io la cercassi. E ti assicuro che ci ho pensato molto bene, prima di andare. Ma non avevo alternative. Non potevo chiamare la polizia. Non potevo coinvolgerti. Non mi importa se sei capitano di un distretto. Se minacciano la mia famiglia, io la lascio fuori. A qualsiasi costo", continuò categorico.
"Non vedi come ora la situazione è molto più chiara? Per qualsiasi motivo mi sia fatto cancellare la memoria, adesso so che era l'unico mezzo per tornare da te e tenerci al sicuro. Sì, vorrei sapere che cosa ho fatto in quei mesi. Lo vorrei immensamente. Ma almeno sono ragionevolmente sicuro che andrà tutto bene, finché non ficcherò il naso, come sostieni tu, in questa storia. Prima di ricevere questa busta non potevo sapere di essere stato io a organizzare tutto, benché sia qualcosa a cui faccio ancora fatica a credere, conoscendomi. Tutto qui".

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