Dieci

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Si diressero insieme verso l'ingresso, rimodellandosi disinvoltamente nel loro ritmo antico. Anche prendere l'ascensore, per scendere al piano dove Alex trascorreva alcune ore della sua giornata, si rivelò un'esperienza quasi extrasensoriale.
Migliaia di piccoli dettagli si ricomposero con naturalezza per formare il quadro di quelli che erano stati un tempo. Forse troppa naturalezza. Kate si sentiva girare la testa, notando la facilità inconscia con cui si era adeguata alla sua presenza, lì al distretto. Per qualche attimo, aveva avuto addirittura l'impressione che non fosse mai stato via, che fosse rimasto sempre al suo fianco. Il che era ridicolo. Doveva trattarsi del desiderio irrazionale che quell'assenza non fosse mai avvenuta, perché non era umanamente possibile cancellare con un colpo di spugna tanti mesi di dolore e attesa.
Anche Castle, in piedi accanto a lei, attento a non sfiorarla, dovette arrivare alla medesima conclusione, perché spezzò il silenzio sospeso, carico di aspettative, mormorando: "È proprio come se stessimo uscendo per andare a risolvere un omicidio, in un giorno qualunque".
Kate si limitò ad annuire, incapace di pronunciare una sola parola.
"Manca solo il caffè", aggiunse Castle, quasi a se stesso, evitando di guardarla.
Kate arricciò le labbra. In effetti, quando si era voltato nella sua direzione, dopo averlo raggiunto alla sua scrivania di un tempo, l'immagine di lui che le porgeva una tazza di caffè ancora bollente era stata così vivida da esserle sembrata quasi reale.
"Ci sarà tempo, Castle, per quello".
Lo aveva detto solo per rassicurarlo – era diventata ormai una reazione automatica al suo vederlo fragile - , ma la sua risposta aveva lasciato scorgere la promessa di un futuro condiviso di qualsiasi natura che, in effetti, non aveva formulato intenzionalmente e che Castle, invece, aveva subito notato, visto il breve sorriso sfuggente che le aveva rivolto.
"No. Te l'avevo portato". Lo guardò confusa. "Il caffè", specificò, forse ritenendola un po' ottusa per via del grande evento incombente. "Ma poi si è fatto tardi e così si è raffreddato. Quando mi sono sembrato un po' patetico a starmene seduto con una tazza di caffè imbevibile in mano ad aspettarti, l'ho gettato". Si strinse nelle spalle.
Kate si intenerì per il gesto, anche se segretamente fu felice che non l'avesse sorpresa con la ricostruzione identica di una scena che non sarebbe ancora stata in grado di sopportare. C'era un limite ai tuffi nel passato che precipitavano su di lei con troppa irruenza. Avrebbe preferito riprendere un po' fiato, tra un giro di giostra e l'altro, visto che ce n'era già uno bello grosso, pronto ad aspettarli.
Lisa era stata inaspettatamente favorevole all'idea che Castle vedesse Alex. Le era parsa perfino entusiasta, quando glielo aveva proposto al telefono. Non sapeva se si trattava del fatto che avrebbe gestito l'avvicinamento – non era ancora sicura che ci sarebbe stato un incontro – nel suo territorio o se era lei ad aver esagerato con il suo istinto protettivo.
Forse Alex era ancora abbastanza piccolo perché potesse accettare in fretta l'improvvisa comparsa nella sua vita del padre assente. Rimaneva comunque dubbiosa e in apprensione. Ed era anche molto emozionata. Di più. Era un miscuglio di ansia e di eccitazione pronto a esplodere.
Il cuore le batteva in petto tanto furiosamente, che non si sarebbe stupita se fosse saltato sul pavimento davanti ai loro piedi.
Cercava di calmarlo con profondi respiri, ma senza che se ne sortisse alcun effetto.
Castle doveva essere altrettanto turbato, perché era stranamente silenzioso. Di solito a quel punto avrebbe parlato a vanvera e scherzato in modo compulsivo, mandandola fuori dai gangheri, invece sembrava compresso su se stesso, come se riuscisse a contenersi a malapena.
Era indubbiamente un momento significativo delle loro vite, ma, come le accadeva ogni volta che si trovava davanti a una pietra miliare della sua esistenza, le sembrava di non coglierne appieno la portata. Forse doveva dire qualcosa di simbolico e ispirato, come madre che stava per presentare a un padre il proprio figlio? Qualcosa che sarebbe rimasto inciso nei loro cuori a futura memoria? Non era brava in queste cose. Perché diamine toccava a lei? Era lui il maestro cerimoniere delle loro vite, il cronista che sapeva sottolineare ogni rito di passaggio con le parole adeguate, che sembravano fluire da lui con tanta naturalezza, come se fossero state ordinatamente sedute in un angolo in attesa che andasse a liberarle.
Castle sembrava sperduto e preoccupato, più di lei. Toccava quindi a lei prendere in mano la situazione. Decise che sarebbe stato un momento che avrebbero ricordato con gioia, qualsiasi cosa fosse accaduta. Come aveva confessato a Castle in uno scatto di rabbia – si vergognò un po' ricordando il loro scambio acceso di poco prima - aveva sognato quell'incontro da quando Alex era nato. E anche durante tutti i mesi precedenti, quando era stato al sicuro dentro di lei.
Era consapevole che avrebbero dovuto prepararsi tutti in modo più adeguato, ma la sua pianificazione era saltata per via dell'intempestività e impulsività di Castle. Non era sempre così che andava con lui? Doveva concentrarsi sulla sostanza. Sarebbe stato perfetto anche così.
Si fermarono davanti all'ingresso, prima di proseguire. Kate alzò una mano per sfiorargli il braccio in segno di incoraggiamento. Lui l'afferrò freneticamente, stringendola in modo compulsivo.
"Andrà tutto bene, Castle", lo rincuorò, sorridendogli. Aveva pronunciato la stessa frase, usando il medesimo tono, quando aveva portato Alex in quel luogo la prima volta, fermandosi qualche istante davanti a quella porta. Erano strane le cose che le frullavano nella testa quando era sotto stress. Come allora, anche adesso cercava di mostrarsi più tranquilla e ottimista di quanto non si sentisse in realtà.
"E se non dovessi piacergli? Intendo, nel caso decidessimo che posso incontrarlo", era improvvisamente diventato rauco, o gli si era fermato qualcosa gola? Le venne voglia di dargli qualche colpetto sulla schiena.
"Castle, tu sei il sussurratore di bambini, come potresti non piacergli?". Cercava di suonare credibile, ma era molto nervosa anche lei. Voleva che fosse una bella esperienza per tutti, voleva che Alex non venisse scombussolato e Castle non ne uscisse emotivamente malconcio. La sua preoccupazione era equamente divisa tra entrambi i poli. Per la prima volta il suo barometro protettivo, che prima era stato unicamente dedicato al benessere di Alex, si era spostato a coprire anche lo spazio di Castle.
Non volle indagare cosa significasse quel cambiamento di percezione. Aveva troppe cose per la testa.
"Non gli ho portato nessun regalo", le comunicò allarmato, come se se ne fosse ricordato a un tratto e gli dispiacesse confessarle un crimine tanto grave, temendo la sua reazione.
"Non permettono che si introducano oggetti dall'esterno", gli spiegò, nel tentativo di calmare le sue immotivate ansie da prestazione. "Castle, non devi impressionarlo. Devi soltanto esserci", sussurrò ruotando il corpo nella sua direzione. Gli sistemò il colletto della camicia, mentre parlava. Un altro gesto automatico che non aveva avuto alcuna intenzione di compiere. Staccò le mani, un po' imbarazzata.
"Però li ho comprati online", annunciò Castle, più sollevato. "Dovrebbero arrivare a giorni, al loft".
"Hai ordinato l'intero reparto di giocattoli?", si informò, ironica.
"Temo di sì", ammise orgoglioso, senza fingere di avere un po' di ritegno.
"Non devi viziarlo, Castle", lo ammonì, permettendo di far trasparire una nota divertita nella voce. Come se fosse stato possibile, conoscendolo. E come se Alex non fosse già stato abbastanza coccolato dall'intera famiglia allargata che non mancava di fargli regali, che ci fosse l'occasione o meno.
"Farò il possibile", le promise. Sapevano entrambi che non sarebbe andata così.
Lo prese sottobraccio, per spostarlo da lì, visto che sembrava essersi pietrificato sul posto. "Andiamo?". Non riuscì a smuoverlo.
"Come intendi procedere?", le domandò con tono molto serio. "Dobbiamo metterci d'accordo, organizzarci".
"È quello che ho sempre sostenuto io, ma tu ti sei precipitato qui accusandomi di nascondertelo". L'occasione era troppo ghiotta per non concedersi una piccola vendetta, di cui si pentì subito. Castle sembrò non dar peso alle sue parole.
"Non dirgli subito che sono suo padre. Mantieniti sul vago. Non... formalizziamo la situazione. Vediamo come va". A Kate scappò una risatina.
"D'accordo, Castle, gli diremo che sei il mio partner. Non è così che l'abbiamo sempre raccontata a tutti?", gli chiese sbattendo un po' troppo le ciglia e abbassando volutamente la voce con fare civettuolo.
Castle registrò immediatamente il cambio di approccio nei suoi confronti, e ne approfittò per appoggiare una mano calda sulla sua.
"Lo ammetti, allora, finalmente", riuscì a sorriderle nonostante la tensione e in quelle labbra curvate all'insù, Kate rivide il Castle galante di un tempo.
"Ammetto cosa?", chiese nel modo più innocente che riuscì a formulare.
"Che non ti vestivi in quel modo per Esposito".
"Ah, pensavo volessi tirar fuori il tuo solito cavallo di battaglia inventato, cioè che mi sono innamorata di te fin dal primo giorno", lo punzecchiò, fingendosi esasperata.
"Non è inventato, è la verità. E proprio perché lo è, non ho nessun bisogno di tirarla fuori".
Mentre parlava, si era avvicinato con uno sguardo eloquente, costringendola a indietreggiare, con la bocca improvvisamente secca e il cuore a batterle per qualcosa di molto diverso che non la semplice apprensione.
Castle fece un altro passo verso di lei, chinandosi nella sua direzione, appoggiandole una mano su un fianco. Kate si sentì mancare, inondata da emozioni ben poco gestibili.
Fu proprio così che li trovò Lisa, venuta a controllare chi stesse facendo tanto rumore fuori dalla porta, rivolgendo a entrambi un'occhiata molto esplicita di rimprovero, che la fece arrossire per la vergogna. Farsi cogliere in flagrante mentre stavano flirtando, proprio a pochi passi dal loro ignaro bambino ancora senza un padre. Si ricompose in fretta, con le guance che ancora le bruciavano per l'imbarazzo, ma sentendosi segretamente divertita. O, forse, era solo sulla strada dell'isteria.

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