Ventisette

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Il breve tragitto in auto verso casa servì a Kate per tranquillizzarsi riguardo alle condizioni di Alex, che, adagiato nel suo seggiolino, sembrava aver recuperato la sua normalità infantile. Decise di aggiornare Castle non appena avesse avuto un attimo libero, per rassicurarlo che andava tutto bene e che, come da ipotesi più plausibile, si era trattato solo di un po' di stanchezza dovuta alla frenesia, che, ne era certa, aveva caratterizzato la loro uscita.

Una volta rientrati nel loro appartamento, decise di dedicarsi subito al bagnetto serale, di cui Alex aveva un gran bisogno. Solo dopo avrebbe chiamato Castle, nella calma che ne sarebbe seguita, una volta messo Alex a letto. Pregustava già una lunga chiacchierata rilassata a luci basse e senza nessuno intorno.
Non si era stupita quando, raggiungendoli al parco, l'aveva trovato travestito e con il volto dipinto. Anzi, era qualcosa che, con il senno di poi, era sicura di essersi aspettata, anche se non in modo cosciente.
Era quello che aveva sempre voluto per Alex e che si era disperata di non potergli garantire: un padre come Castle che, con grande naturalezza, sapeva volare sulle ali della fantasia per mostrargli mondi che lei non sarebbe mai riuscita a sfiorare, nemmeno sforzandosi. Era felice che suo figlio potesse fare tesoro di esperienze di quel genere. Non che lei non avesse mai pensato di infilargli un costume bizzarro per portarselo in giro in città, perché poteva invece vantarsi di averlo già fatto. Si trattava di qualcosa di diverso, la sottile genialità unita alla sfrenata immaginazione di Castle che si palesavano in ispirazioni improvvise, originatesi da suggestioni quotidiane che altri, lei per prima, non avrebbero colto.

Lo svestì con cura, mentre preparava la vasca prima di cena. Mise da parte l'abito ormai imbrattato per lavarlo più tardi visto che doveva aver accompagnato Alex in numerose avventure svoltesi, con tutta probabilità, in mezzo al fango.
Alex era tranquillo. A quel punto non c'era niente che potesse far sospettare che covasse qualcosa di strano dentro di lui.
Fu solo quando lo immerse nell'acqua non troppo calda che notò il primo segnale allarmante. Il loro rito serale, da entrambi molto amato, nonostante mettesse qualche volta a dura prova la sua pazienza, prevedeva che Alex – a differenza di molti altri bambini – pretendesse di rimanere a mollo il più a lungo possibile, esprimendo a gran voce la sua gioia incontenibile, che avrebbe rischiato di infradiciarli entrambi, se non fosse stata più che previdente.
Questa volta fu diverso. Alex non manifestò il solito entusiasmo, anche se non protestò. E questo fu il secondo indizio che qualcosa non stava andando nel modo consueto. Alex non era un bambino che sapesse ancora scendere a patti con la frustrazione, in nessun ambito di vita. Se qualcosa non gli piaceva, non esitava a farlo sapere al mondo intero.

Si fece invece insaponare senza nessun borbottio, lasciando in disparte i giochi galleggianti dai quali voleva sempre circondarsi e, a un certo punto, le sembrò addirittura che si stesse appisolando, inclinandosi all'indietro, senza forze. O la giornata era stata molto stancante, oppure si trattava del propagarsi di un malessere che era iniziato con l'episodio di cui era stato testimone Castle e che adesso si ripresentava in seconda battuta davanti ai suoi occhi.
Lo lavò in fretta, insistendo solo con più cura sul volto, per togliergli i segni dei cosmetici e lo tirò fuori dalla vasca per asciugarlo il prima possibile. Non le andava che prendesse freddo, soprattutto considerando che era stato tutto il pomeriggio all'aria aperta.
Alex vacillò sotto il massaggio energico dell'asciugamano, come se non fosse in grado di di tenersi seduto. Kate sperimentò il sapore vivo dell'angoscia che le pizzicò le carni. Non l'aveva mai visto così.
Lo toccò sulla fronte e poi sul collo. Era bollente. Era sicura che prima non avesse mostrato segni di febbre incipiente. Lo raccolse contro di sé, sentendosi tremare, e si avvicinò al cassetto dei medicinali per cercare il termometro. I pochi secondi di attesa furono lunghissimi. Nell'esatto momento in cui lo strumento rilasciò il bip che segnalava la conclusione della misurazione, Alex si lasciò andare ai singhiozzi prima mesti e poi disperati.
Per qualche secondo lo fissò esterrefatta senza sapere come reagire, ma subito dopo il pilota automatico materno entrò in azione. Non era la prima volta che succedeva, si rimproverò alzandosi in piedi con il bambino in braccio, camminando avanti e indietro per la stanza con passi nervosi per calmare il pianto che le stava ormai penetrando nei timpani fino a farle esplodere il cervello.
Non era facile rimanere calmi e operativi con quelle grida sconsolate nelle orecchie. Provò a entrare in contatto con lui, almeno visivamente, ma senza riuscirci. I suoi tentativi non sortirono nessuna reazione. Sentì qualcosa di gelido strisciarle lungo la spina dorsale.

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