Trentatre

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Si ritrovarono seduti a un tavolo collocato al centro del locale affollato. Di certo non l'auspicabile posizione appartata che Castle aveva richiesto al telefono e poi dal vivo, con toni cortesi, ma via via più determinati. Non c'era stato niente da fare. Castle avrebbe voluto andarsene, ma lei l'aveva convinto a rimanere.
Dopo essere stati fatti accomodare, una volta che il responsabile dello sfortunato equivoco si era allontanato, Castle si era scusato profusamente con lei, un po' dispiaciuto e abbattuto, quasi convinto di aver fatto partire la loro serata sotto i peggiori auspici.
La inteneriva vederlo così coinvolto dal loro appuntamento, ma la cosa che le importava di più, e che gli aveva ribadito con decisione, era quella di essere fuori a cena con lui, nonostante la confusione da cui erano attorniati e una reale mancanza di privacy.
Lei non ne era infastidita, quasi non se ne accorgeva.
Per quel che la riguardava, potevano benissimo essere finiti su un'isola deserta circondati dal nulla in un silenzio perfetto. Strinse le labbra quando formulò il pensiero nella sua mente, ma lo bloccò prima di farselo scivolare fuori in direzione di Castle.
Non era da lei essere tanto sentimentale, si rimproverò. Meglio tenere certe cose per sé.

Castle le prese la mano con la consueta delicatezza, come se fosse qualcosa di prezioso e le accarezzò adagio le nocche con il pollice, mentre erano impegnati a leggere ciascuno il proprio menu.
Non si erano scambiati molte frasi, fino a quel momento. Non erano state necessarie. Avevano preferito godere della compagnia dell'altro, senza il rischio di essere interrotti da una vocina imperiosa che voleva comunicare loro impellenti necessità.
Kate osservò il movimento ipnotico delle dita di Castle sul dorso della propria mano, chiedendosi pigramente, nella totale beatitudine da cui era avvolta, se dovesse dare una sbirciata al cellulare, per accertarsi che non ci fossero disperate richieste di aiuto da parte della linea femminile della sua famiglia impegnata in coppia a prendersi cura di Alex.
L'influenza da cui era stato colpito, peggiorata da un'infezione, non era stata facile da debellare e aveva avuto dei lunghi strascichi che l'avevano indebolito, anche se da qualche giorno stava bene ed era tornato all'asilo. Continuava ad avere sempre un incarnato un po' pallido che non la lasciava tranquilla.
Sentì il familiare gomitolo di preoccupazione materna farsi strada lungo la sua trachea, per posizionarsi stabilmente in fondo alla sua gola.
"Ho già controllato io", annunciò Castle dal nulla.
Alzò gli occhi stupita. Significava che le leggeva davvero nel pensiero, come aveva sempre sospettato?
"Ho appena ricevuto un messaggio da mia madre. Alex sta bene. Pare che si stiano divertendo un mondo".
Gli sorrise grata dell'informazione.
"Comunque non stavo affatto pensando ad Alex", replicò combattiva subito dopo, per non dargli nessuna soddisfazione.
"E a cosa stavi pensando? A noi due e alla nostra cena romantica?", scherzò con tono languido contraddetto dagli occhi ridenti.
"Se la metti su questo piano, allora confesserò che stavo pensando ad Alex". Gli fece anche una linguaccia, ma si ricompose in fretta quando arrivò il cameriere a prendere le ordinazioni.
Castle non le aveva lasciato la mano nemmeno per un istante.
"Non ti sembra troppo azzardato quello che stai facendo? Non dovremmo seguire le regole del primo appuntamento? Forse stiamo bruciando le tappe", lo punzecchiò, pronta a infilare di nuovo la mano sotto la sua, se solo avesse provato ad allontanarsi.
"Considerando che prima abbiamo avuto un bambino e solo dopo il nostro primo appuntamento, direi che le tappe sono già state tutte bruciate", ribatté con un po' troppa enfasi.
Kate gli accarezzò il monte di Venere alla base del suo pollice con la punta di un dito.
"E qual è il prossimo passo? Tornare al distretto per indagare qualche omicidio con me?", gli chiese per stemperare l'atmosfera carica di aspettativa che si era inavvertitamente creata intorno a loro.
Lei aveva scherzato, ma il silenzio che le tornò indietro come risposta le fece spalancare gli occhi.
"Davvero, Castle? È questo quello che ti piacerebbe fare?".
"Sì", ammise lui non senza fatica, come se non si trattasse affatto di una battuta, ma di un desiderio che non aveva mai avuto il coraggio di esprimere. "Ma so che non è possibile perché adesso sei capitano e non te ne occupi più in prima persona". Si strinse nelle spalle, come a voler liquidare la questione.
"Come capitano posso prendermi tutti i casi che voglio", ribadì impulsivamente, provocando un'alzata di sopracciglia.
"Cioè intendi che vuoi far valere la tua autorità per rubare le indagini ai tuoi detective?".
"Non è affatto così, Castle", protestò punta sul vivo.
"Se l'avesse fatto qualcuno degli altri capitani, avresti lanciato il distintivo sulla scrivania", commentò molto più che divertito.
"Non so di che parli", rispose sprezzante, sapendo che aveva ragione. "Lo vuoi un caso di omicidio tutto per noi o no?". Gli fece l'occhiolino, certa che non avrebbe rifiutato.
"Assolutamente sì. Sono più che pronto", le rispose euforico, stringendole forte la mano e facendole un po' male.
Chissà se gliela avrebbe lasciata per consentirle di mangiare le pietanze che si stavano facendo attendere un po' troppo, per i suoi gusti. Non aveva tutta la vita da passare al ristorante.


Castle si perse in qualche riflessione che non condivise con lei. Kate si chiese se stesse per arrivare uno di quei discorsi seri che non amava affrontare.
"Che ne dici di andare negli Hamptons, tra qualche mese?", propose rasserenandosi. Kate non sapeva se fossero stati quelli i pensieri che l'avevano reso assente per qualche minuto, o se stesse facendo virare la conversazione verso un campo neuto.
Si irrigidì, togliendo il braccio dal tavolo. Gli Hamptons significavano solo una cosa. Il loro matrimonio mai celebrato. Castle proseguì, come se non volesse dare peso alla sua evidente reazione contrariata.
"Magari solo un week end a inizio estate, se non puoi prenderti dei giorni di vacanza. Potrei insegnare ad Alex a nuotare".
"Nell'oceano?".
L'apprensione per le sorti del figlio le fece dimenticare la sua primigenia intenzione di non andare nel luogo che racchiudeva il cuore di ogni sua sofferenza.
"No. Dimentichi che c'è anche una piscina".
"L'acqua è troppo alta", obiettò petulante.
"Per questo è necessario che impari a nuotare. Oppure possiamo sempre far costruire una piscina per bambini", aggiunse, sorridendole con calore.
Kate capì che sapeva benissimo di toccare un argomento doloroso, ma voleva, forse, aiutarla a superare l'assoluto diniego a tornare alla loro villa al mare. Del resto prima o poi sapeva che avrebbe dovuto affrontare le sue resistenze. A meno che non vendessero l'intera proprietà, cosa che, si rendeva conto da sola, era un sacrificio estremo che non avrebbe avuto alcun senso pretendere.
Lui era tornato. La casa poteva essere riempita di felicità e risate. E piedini nudi che correvano sui pavimenti freschi e ombreggiati nei pigri giorni d'estate.
"Non mi dispiacerebbe", concesse non senza un po' di timore.
"La vacanza o la piscina bassa?".
"Entrambe", si permise di sorridergli, rilasciando un po' della tensione che le aveva imprigionato le spalle.
"Consideralo fatto. Sarà bellissimo. Solo noi tre", commentò Castle sognante. Era bello poterlo rendere felice. "E di Alex me ne occuperò io, così tu potrai alzarti a mezzogiorno, poltrire in spiaggia e farti portare centrifugati di barbabietola preparati al momento con le mie mani. E ce ne andremo in giro a fare i turisti e poi la sera...".
Kate gli diede un colpetto severo.
"Ehi!", protestò. "Io non bevo centrifugati di barbabietola per colazione!".
"Ti preparo tutto quello che vuoi. Anzi, passerò la sera prima con il tovagliolo sul braccio a presentarti quello che offre la casa. E mi alzerò alle tre di notte per andare al porto ad accogliere i pescatori...", continuò con fervore ispirato.
Kate si mise a ridere forte, attirandosi qualche occhiata.
"Castle, ti ringrazio, ma vengo volentieri in vacanza con te senza bisogno di allettarmi con le tue leccornie", gli fece presente.
"Non lo sto facendo per allettarti. Amo cucinare per te. Anche le barbabietole, se fosse necessario", replicò con un tono così amorevole da farle venire voglia di appoggiare la fronte sul tavolo e arrendersi al nemico.

Si limitò a mormorare un "grazie" impacciato, presa in contropiede dalle sue stesse emozioni. Non vedeva l'ora che fosse già estate, per preparare qualche borsa al volo per sé e una molto più capiente e ragionata per Alex, salire in auto e dirigersi verso l'oceano per qualche giorno di perfetta solitudine, senza nessun altro dovere che quello di condividere momenti spensierati come le altre famiglie normali. Era così proiettata su quell'immagine che sentiva già i granelli di sabbia sotto le dita e il profumo di salsedine della bassa marea.
"Credi che... Posso portare Alex a fare un corso di nuoto, qui in città?". Castle interruppe le sue riflessioni con una domanda esitante.
Kate fu più che lieta di cambiare discorso e tornare a concentrarsi su qualcosa di pratico.
"Pensavo che volessi insegnarglielo tu negli Hamptons", si stupì.
Lo vide rannuvolarsi.
"È solo che mi piacerebbe fare qualcosa con lui che sia... nostra", concluse un po' titubante. "Ma non significa che voglio escluderti o non sia grato del tempo che trascorriamo tutti insieme", proseguì pieno di ansia.
Kate alzò una mano per fermarlo.
"Non c'è bisogno di giustificarti, Castle. Mi fa piacere che abbiate le vostre attività esclusive. In effetti ci avevo pensato anche io, quando era più piccolo, ma non ho mai trovato il tempo di portarlo in piscina", concluse abbassando lo sguardo sul piatto che aveva davanti a sé. Come genitore single, aveva dovuto fare i salti mortali per far combaciare tutto. Le faceva piacere poter offrire ad Alex molte altre opportunità, grazie alla presenza e alla disponibilità di Castle. Ed era ovviamente più che felice che i due uomini passassero del tempo insieme, senza di lei. Era così che sarebbe sempre dovuta andare. Fin dall'inizio. Fin dal loro matrimonio, che avrebbe avuto sì una sorpresa, ma, tragicamente, non quella che si erano trovati davanti e che aveva quasi distrutto le vite di tutti.

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