Trentuno

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Era sprofondata nell'oblio, come sempre le succedeva quando Castle era nei dintorni. Si abbandonava inconsapevolmente al sonno, ritirandosi dentro di sé come la sabbia sotto i piedi trascinata via dalla risacca.
Si stupiva sempre di come non si rendesse conto di perdere i sensi, affidandosi fiduciosa a un'oscurità benevola, quando era protetta dal suo abbraccio.
Chissà se era crollata non appena il loro respiro si era fatto meno convulso, o quando Castle si era scostato da lei. Magari era scivolata via nel bel mezzo di una frase, lasciandolo a vegliare sconcertato il suo attacco letargico. Si rendeva perfettamente conto di non essere stata di buona compagnia. Almeno da un certo punto in avanti. L'unica cosa che rammentava con chiarezza – insieme a numerose altre che ora le incurvavano le labbra – era la sensazione di assoluto benessere provata nel sentire il peso familiare del suo corpo sopra di lei, e la riscoperta di gesti mai dimenticati che erano fioriti innati non appena aveva deliberatamente abbassato l'ultima asticella che ancora li teneva separati.

Aprì gli occhi, divertita dai suoi stessi pensieri, per dare un'occhiata a come se la stesse cavando Castle.
Non aveva nessuna intenzione di muoversi da lì, nonostante lo spazio ristretto in cui erano costretti. Le sembrava che il posto più confortevole in cui avesse mai voluto trovarsi fosse rannicchiata contro il petto di Castle.
Aveva le palpebre abbassate. Questo le diede l'agio di osservare liberamente i suoi lineamenti, che erano rilassati e distesi come non succedeva da tempo. Probabilmente anche lei doveva avere un'espressione imbambolata, meditò.
Si chiese se dovesse farla scomparire o se, nella nuova dimensione raggiunta, dettagli del genere non fossero più importanti.
Si appoggiò su un gomito, e nel farlo sgusciò dalla coperta che Castle aveva avvolto intorno a loro chissà quando.
Rimpianse di non essere rimasta nel tepore del loro giaciglio, visto che la temperatura del suo appartamento si era abbassata, nel corso della notte.
Si chinò a baciargli piano una palpebra, che fremette sotto le sue labbra, prima di aprirsi per metà.
Castle le sorrise a occhi socchiusi, ancora insonnolito. Forse avrebbe dovuto concedere a entrambi qualche minuto di riposo in più. Ma si sentiva rigenerata e piena di vitalità e non aveva voglia di sprecare il lusso di avere Castle tutto per sé. Svestito.
"Ehi", lo richiamò bisbigliando.
"Ehi", grugnì lui, prima di schiarirsi la voce, voltandosi a guardarla con più attenzione, avendo recuperato qualche briciola di lucidità. "Sei tornata nel regno dei vivi?".
"Non me ne sono mai andata dal regno dei vivi, Castle", protestò ridendo.
"L'hai fatto, invece. Ti sei afflosciata e hai perso completamente i sensi. Ho dovuto accertarmi che stessi ancora respirando. Trovi piacevole spaventarmi a morte così?".
Kate ridacchiò. Non era affatto andata in quel modo. Lui amava esagerare. Gli spettinò i capelli, prima di appoggiare la testa sulla sua spalla nuda.
"Volevo chiederti un appuntamento", mormorò Castle con fare rassegnato, accarezzandole piano un fianco con dita pigre, strappandole qualche brivido.
"Quando?", chiese, incerta se si trattasse di una delle sue solite battute, o se fosse serio.
"Presto", rispose. "Ma tu hai rovinato tutto".
"Io avrei rovinato tutto?". Di che cosa stava parlando? Forse i recenti eventi l'avevano scombussolato? Forse stava invecchiando. Anche se, a dirla tutta, l'aveva trovato piuttosto rinvigorito.
"Sì. Per colpa della tua precipitosità".
"Già, è proprio uno dei miei peggiori difetti. Sono così avventata", convenne sarcastica.
Castle le sorrise, complice, prima di proseguire con il suo discorso senza capo né coda.
"Volevo fare le cose come si deve. Invitarti fuori, magari a cena. Anzi, sicuramente a cena. Portarti fiori, cioccolatini, scegliere un ristorante con un'orchestra di violini. Andare a vedere le stelle. Questo genere di cose".
"E non avremo niente del genere per via della mia precipitosità", commentò lei in tono monocorde, sillabando la parola che Castle si divertiva tanto a usare. Erano passati mesi dal suo ritorno. Se avesse aspettato ancora più a lungo prima di riaccettarlo completamente nella sua vita, sarebbero morti sfogliando margherite.

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