Trentasette

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Kate fece irruzione in casa sgocciolando la pioggia che non l'aveva risparmiata, nel breve tratto tra il marciapiede e il portone, e che si raccoglieva in piccole pozze sotto ai suoi piedi.
Dopo aver lasciato il suo appartamento, ed essersi accomiatata da Lanie, pronta a conquistare la notte appena iniziata con un appuntamento misterioso, aveva deciso che fosse più saggio chiamare un taxi, nonostante la sua macchina fosse parcheggiata in bella vista proprio davanti al portone d'ingresso del suo ex palazzo.
Avevano decisamente ecceduto con i festeggiamenti e non le sembrava quindi il caso di farsi fermare da una pattuglia di zona né, soprattutto, farsi sottoporre a un test alcolemico.
Ferma sul ciglio della strada, aveva udito il borbottio di un tuono, in lontananza.
A metà strada verso il loft, quando era convinta di farcela prima che il cattivo tempo li raggiungesse, il temporale si era abbattuto sulla città con tutta l'impetuosità dell'estate accorsa in ritardo a sostituire una primavera ormai esausta.
Il traffico si era fatto istantaneamente caotico, rallentando la loro marcia, fino quasi a fermarli. Aveva fissato la pioggia scrosciare sul finestrino, impaziente di tornare a casa. Alla sua casa. Dove l'aspettava la sua famiglia.

Entrò di colpo, spalancando la porta come un'Erinni indiavolata, fradicia e grondante, e se li trovò davanti proprio come li aveva immaginati. Castle era in piedi dietro al bancone, impegnato a preparare la cena e, insieme, intratteneva Alex seduto nel seggiolone davanti a lui.
Fecero un sobbalzo in simultanea e si voltarono a guardarla, sconcertati - Castle brandendo a mezz'aria un cucchiaio di legno e Alex pronto a tuffarsi per andare a salutarla, dopo aver gettato a terra l'orsetto di pezza che aveva avuto in mano.

Castle si affrettò a liberarlo dalla prigionia, sollevandolo da sotto le ascelle e posizionandolo a terra, perché potesse correre ad abbracciarla. Non avrebbe voluto che si bagnasse anche lui, ma riuscì solo a legarsi i capelli in un nodo improvvisato, prima di ricevere le solite effusioni entusiaste con cui lei e Castle venivano sempre accolti dopo qualche ora di lontananza.
Castle li raggiunse con calma, reggendo qualcosa in mano con circospezione come se si fosse trattato di una corona su un cuscino di velluto rosso. Perché in effetti lo era. Era una corona di cartone.
"Mamma, Alex ti ha preparato una sorpresa, per festeggiare il vostro trasferimento ufficiale", annunciò Castle, porgendo ad Alex il risultato dei loro sforzi congiunti. Doveva essere stato un lungo pomeriggio operoso, pensò Kate.
"Se ti rivolgi un'altra volta a me come mamma, ti mando a dormire sul divano, Castle", lo avvisò con aria molto seria e nessuna voglia di scherzare.
Dall'occhiata che le lanciò, fu sicura che Castle avesse in mente dei festeggiamenti che avrebbero previsto la presenza di entrambi nella stessa stanza, dove non ci sarebbe stata nessuna madre né tanto meno lo gnomo che in quel momento le stava tirando la stoffa dei pantaloni, per avere la sua attenzione.

Alex, che teneva in mano la corona con la stessa cura che se fosse stata tempestata di diamanti, le fece segno di abbassarsi, ordine a cui aderì senza protestare.
Con grande consapevolezza del gesto nobile che si accingeva a compiere, le diede qualche manata poco delicata sui capelli per appiattirglieli e creare il giusto spazio per deporvi il sacro simbolo della regalità, che lui e Castle avevano realizzato per lei.
Caste lo aiutò a sistemarla meglio, anche se fu evidente che doveva esserci stato qualche problema tecnico nel decidere le misure della circonferenza, perché l'oggetto aveva la curiosa tendenza a scivolarle di sbieco sulla fronte. Lo resse con una mano, mentre Alex faceva un passo indietro per ammirare la sua opera d'arte, rivolgendo un'occhiata ansiosa a Castle, per cercare il suo consenso. Si rilassò solo quando gli venne rivolto un sorriso di conferma e un complimento per l'ottimo lavoro svolto.
Fu uno scambio privato da cui fu esclusa, ma che la invase di piacere.
Alex aveva accettato la presenza di Castle con una naturalezza che si era augurata spesso, ma senza la certezza che si sarebbe realmente avverata. Ammirare la loro sintonia come spettatrice esterna era qualcosa che, come madre, la riempiva di orgoglio e di sollievo.
I tempi in cui si nascondeva dietro alle sue gambe, per scrutare esitante la nuova presenza, che con insistenza invadeva il ristretto cerchio dei suoi affetti più cari, erano un ricordo lontano.
Si sentì fortunata per tutto quello che la vita le aveva ridato, con gli interessi. Ed erano solo all'inizio, si impose di ricordare.

"A cosa devo tanto onore?", chiese mantenendo lo stesso tono di rispetto con il quale avevano inscenato la cerimonia che aveva appena avuto luogo.
"Perché sei la regina del nostro castello", spiegò Castle con solennità, rivolgendole allo stesso tempo l'occhiata di scuse per il terribile gioco di parole, che la fece scoppiare a ridere.
"Castle, questa è molto, molto bassa perfino per te", lo apostrofò prendendosi gioco di lui senza ritegno.
Anche Alex si unì alla sua ilarità, non ancora in grado – per fortuna di tutti – di cogliere il sarcasmo.
"Lo so. Ma lui ci teneva a incoronarti sovrana del nostro regno". Gli rivolse uno sguardo di puro scetticismo. "D'accordo, l'idea è stata mia", si corresse. "Volevo festeggiare in qualche modo il tuo trasferimento e mi sembrava che addobbare la casa con festoni e palloncini fosse poco originale. L'abbiamo già fatto per il suo compleanno. Però li ho comprati e se vuoi, più tardi...", le indicò con la testa la loro stanza. Di nuovo. Doveva avere in mente dei festeggiamenti molto, molto precisi.
"Se sono la regina della casa, dove è il mio scettro?", si informò stando al gioco, mentre tornava a una altezza normale, con Alex in braccio.
"Sei già abbastanza dispotica senza fornirti un ulteriore pretesto di comandarci a bacchetta", replicò asciutto.
Questa non l'avrebbe passata liscia.
"Non sono dispotica. Ho solo grandi doti di leadership", protestò, se pur vanamente, visto che venne interrotta dalle manovre diversive di Castle che le cinse i fianchi e le mormorò all'orecchio qualcosa sul fatto che, più tardi, avrebbe accettato ogni dimostrazione di leadership che avesse avuto in mente.
Quanto mancava prima che Alex venisse messo a letto? Pensò, cedendo di qualche millimetro alle lusinghe di Castle. E lei che si era aspettata un lungo discorso preceduto dal tintinnio del cucchiaino sul bicchiere, che sarebbe magari culminato nel taglio del nastro di inaugurazione della loro vita insieme. Invece, Castle sembrava molto deciso a mettere in scena ben altri festeggiamenti.

"Perché non vai a farti un bagno caldo e ti togli quei vestiti bagnati?", propose Castle prendendo Alex dalle sue braccia, tornando a concentrarsi su questioni più pratiche. O forse no? Non era del tutto sicura di riuscire a leggere le sue vere intenzioni dietro l'aria maliziosa con cui condiva tutti i loro scambi verbali.
"Così più tardi vengo a portarti un bicchiere di vino, e mi racconti come è andata la tua giornata", concluse.
"No, niente vino. Io e Lanie abbiamo finito un'intera bottiglia", gemette, sentendosi ancora un po' brilla.
Le sopracciglia di Castle disegnarono un arco di perfetto stupore, ma lui non disse niente, limitandosi a deporre Alex a terra e a seguirla in camera. La precedette in bagno, dove fece scrosciare l'acqua bollente nella vasca lussuosa, proprio come piaceva a lei.
Dalla soglia la osservò con grande interesse slacciarsi i bottoni della camicia resa trasparente dalla pioggia.
"Come è andato il vostro pomeriggio?", si informò, tornando al discorso precedente.
"Bene", mormorò, avvicinandosi a lui perché l'aiutasse a liberare i capelli che si erano incastrati nel fermaglio della collana.
Avrebbe potuto farlo da sola, ma in quel modo non sarebbe stata premiata da una scia di baci lenti sul collo e dalle mani calde che le fecero solletico sulla pelle ancora umida.
"E il vostro in piscina?", gli chiese a sua volta, facendo cadere a terra la camicetta, insieme al resto degli indumenti, sfilandogli davanti senza degnarlo di uno sguardo, ma percependo molto bene lo sbuffo di frustrazione che si lasciò sfuggire.
Si infilò nell'acqua calda piena di schiuma con un sospiro di puro godimento, tremando mentre i muscoli si rilassavano nel tepore balsamico.
"Bene", rispose Castle sedendosi sul bordo della vasca, appoggiando la schiena sul muro di mattonelle, trovando la posizione più comoda per chiacchierare con lei. "È stato più faticoso del solito, per Alex", aggiunse. "Infatti io ho dovuto fare un sonnellino".
Gli sorrise. "Alex no?".
"No, lui è rimasto sveglio e pieno di vita in compagnia di Alexis e mia madre, mentre io crollavo sul divano".
Ridacchiò. Non stentava a crederlo. Castle tornava sempre molto provato dalle loro lezioni di nuoto, mentre Alex era sempre arzillo come un grillo, con un surplus di energie di cui stentavano a capire l'origine. Però la notizia confortante era che dopo qualche ora aveva un crollo improvviso, che lo faceva finire a letto prima del solito e che impediva inopportuni risvegli notturni.
Era una fortuna che Castle l'avesse portato a nuotare proprio quel giorno. Il letargo non era lontano, pregustò senza sentire nemmeno l'ombra del senso di colpa.

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