Pov. Cristy
Cosa servirebbe dire che mi ero sognata per tutte l'intere notti Mark?. Dovevo finirla di pensarlo. Certo riuscivo a tenergli testa, ma richiedeva uno sforzo enorme.
Da quella serata erano passati 4 giorni. Avevo imparato anche la dose giusta di zucchero nel suo caffè. 1 cucchiaino ed un quarto. Nè dolce nè amaro. Il perfetto connubio.
Natasha era una presenza costante. Un'ape che andava sempre a succhiare il polline dello stesso fiore. Per lui ero solo tornata la Cristy di sempre. Niente più sguardi fugaci, battutine. Ero solo la segretaria svampita, che compilava moduli, impilava per ordine le cause vinte e perse. Io ero una causa persa.
Fissavo lo schermo bianco del computer, sulla pagina di word. Con un dito innalzato, pronta a digitare, sulla tastiera nera. La testa era altrove. Quando lo sentii chiamarmi dall'ufficio.
Mi ridestai scuotendo la testa, alzandomi di scatto dalla sedia girevole, sopra pensiero. Mi aggiustai la gonna a matita con uno spacco laterale, e la camicetta verde velata. Se non altro il vestiario era migliorato.
Mi avviai nel suo ufficio, aprendo la porta senza bussare.
Lo guardai intento a scrivere su i fogli. Quando alzò lo sguardo verso di me. Dio quegli occhiali che portava. Sembrava Clark Kent in versione giornaliera. E come sempre avvampavo, stringendo le gambe.
"Mi volevi?" Azzardai, tentando di non masticare le parole, spostando lo sguardo altrove. Guardavo gli scaffali pieni di libri e statuette. Foto con sua madre. Per poi incrociare il suo. Alzò il sopracciglio in maniera sfacciata, intimandomi di chiudere la porta con un gesto del dito.Oh santo patrono, assistimi. Pregai mentalmente.
"Ti voglio...si" si alzò dalla poltrona di pelle girevole, venendo verso di me, che riuscivo solo, a starmene impalata come una statuina, messa in modo preciso su quegli scaffali di legno massello."In che senso?" Replicai deglutendo, spostandomi una ciocca di capelli all'indietro, per non far trapelare che ero in imbarazzo.
"Credo che tu sappia in che senso" mi riprese, mostrandomi il suo sorrisetto, compresa la virgola che si formava sul lato destro. Poggiando il fondoschiena sulla scrivania, incrociando le braccia, e le caviglie.
Mi avvicinai, osservando il panorama che dava la vetrata. Cavolo era stupendo. Potevi vedere grattacieli, il cielo pieno di nuvole, e potevi specchiarti, guardando la sua figura vista da dietro. Cristy stai diventando una pappa molle.
"Preferirei che tu fossi più esplicito" lo rimbeccai, tentando un tono suadente. Sorrise, abbassando lo sguardo, aggiustandosi la manica arrotolata della camicia, sull'avambraccio scolpito. Dio la morte era più dolce di questa tortura."Preferiresti?" Stava giocando, si divertiva a mettermi in soggezione. Avvertivo quanto adorasse vedermi rossa in volto, e completamente spaesata come una ebete.
Decisi di mettere da parte la ragazzina imbambolata, togliendomi gli occhiali, portandoli sullo scollo della camicetta che si abbassò appena con il peso dell'asta dell'occhiale. Lo guardai seguire quel movimento, spostando la testa in modo laterale, come se avesse un torcicollo. Avevo capito che la mia mossa era notevole e molto scorretta. Ma se voleva giocare l'avrei fatto.
"Mi piacerebbe si, meglio essere diretti su ciò che si vuole" affermai, avanzando, andandogli di fronte.
Alzò lo sguardo, dalla scollatura Fino ai miei occhi. Dipingendomi un sorriso dolce ma sfrontato, alzando un sopracciglio.
"Allora?" Lo ripresi suadente, sentendolo sospirare.Rilasciò le mani, portando i palmi dietro il bordo della scrivania di legno.
"Ti stai divertendo Cristhina?" Si avvicinò al mio orecchio, sfiorandomi. Il tono roco mi causò i soliti brividi che sapevano elettrizzarmi.
Si girò piano, incrociando il mio sguardo. Il suo color miele era divenuto ambrato, quasi un fuoco che ti brucia lentamente, entrandoti dentro le ossa. Il desiderio accecava. Arrivando vicino alle mie labbra che attendevano impazienti di essere prese e baciate in modo passionale e sconfinato.Finché quella rossa rifatta, non bussò alla porta, vedendo Mark scostarsi, sbattendo piano una mano sulla scrivania. Mi morsi le labbra. Stava per succedere. L'istinto era di portarmi un pollice sulle labbra, ma invece lasciai le mani lungo i fianchi. Come una soldatessa.
"Avanti" asserì, guardandomi in modo freddo, ma vedevo ancora desiderio risplendere.Sentii la porta aprirsi debolmente, vedendola arrivare, su quei tacchi vertiginosi.
"Spero di non aver interrotto nulla" affermò con tono falsamente fievole.
Spostando lo sguardo dalla mia figura, superandomi con un'occhiata superiore, per avviarsi verso Mark.Scostò la sedia girevole, rimettendosi a sedere. Mentre anche Natasha prese posizione, accavallando le gambe lunghe. Neanche fosse stata Sharon Stone nel film cult, Basic Instinct.
"Comunque volevo la fotocopia di questo foglio" mi riscosse Mark, dall'incendio che stavo per appiccare con i miei occhi, rosso quanto i suoi capelli.
Le sue parole fredde, arrivavano come grandine in una giornata dove prima c'era un sole che ti riscaldava.
"Certo" asserii irruente, avviandomi verso di lui, strappandogli il foglio dalle mani, in modo brusco.
Uscendo dall'ufficio, sbattendo quasi violentemente la porta.Feci la fotocopia, ritornando nel mio piccolo ufficio o mondo, in cui ero persa. Quando trovai un mazzo di rose rosse adagiate sulla scrivania in legno scuro.
Mi venne spontaneo un sorriso, forse mi aveva mandato un mazzo di rose, chiamando un fioraio mentre facevo le fotocopie, per scusarsi del comportamento, e l'interruzione per colpa di Natasha.Mi avviai tremante verso quel fascio, perfettamente rilegato con la stoffa dorata. Era bellissimo. Mi piegai per annusarlo. Profumavano anche. Toccai i petali con i polpastrelli che tremavano, sentendo le guance tirare da quanto sorridevo. Finché non scorsi un bigliettino bianco.
Lo sfilai, leggendo.Spero apprezzerai questo piccolo pensiero. Non importa che specifico chi sono, forse te lo immagini benissimo Cristhina.
Non aveva neanche firmato. Probabile era davvero lui. Lo ripiegai mentre lo sentii tossire dietro le mie spalle.
"Cristhina" affermò, girandomi di colpo.Mi aveva chiamata come nel bigliettino. Stupida è il tuo nome. Mi rimbeccò la mia vocina interna che iniziava a darmi su i nervi, scacciandola con la mano. Vedendolo alzare un sopracciglio scuro e delineato.
"Che gesto era?" Chiese incuriosito, mentre mi volevo prendere a cazzotti.
"Una mosca, fastidiosa. Via mosca" ripetei il gesto, appurandomi che mi fissava ancora.
Brava Cristy, vai sempre meglio con le figure. Alla prossima il mongolino d'oro non me lo toglieva nessuno."Comunque ti volevo dire che tra una settimana partiremo. E il figlio fotocopiato, se me lo dai" fece un cenno della testa, seguito dal dito verso il foglio, che tenevo sulla scrivania.
"Si, certo" scossi la testa, porgendoglielo.
"Comunque grazie dei fiori" lo intimai debolmente, vedendolo spostare l'attenzione dalla mia figura, ai fiori. Tenendo una mano sullo stipite."Belli. Ma non sono stato io" affermò scocciato, guardandoli attentamente, come se volesse incenerirli, dileguandosi dalla mia vista.
Adesso potevo ufficialmente andare a ritirare il mio fedele mongolino, diventare invisibile fino al giorno della partenza. E se non era stato lui, solo un nome fastidioso mi gironzolava nella testa, accasciandomi sulla sedia.
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Una Seduzione Divertente
ChickLitMark uomo brillante e sicuro di se, è un donnaiolo senza scrupoli. Cristy donna caparbia, sa quello che vuole e come ottenerlo. Se solo non fosse così impacciata, sbadata, un vero disastro da ogni punto di vista. Due caratteri così diversi, non po...