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Sarebbe uscita con quello stronzo, che poteva darla a bere a lei, la storia del ritorno di fiamma, ma a me non incantava. Ma ciò che volevo sapere era come Natasha conoscesse Trevor. Parlavano troppo animatamente per essere due persone appena conosciute. E l'unico modo era portarla a cena fuori, anche se non mi avrebbe detto la verità speravo di giocare d'astuzia facendola cadere in una trappola, per metterla in difficoltà, se non altro.

Ero in ufficio ad esaminare gli ultimi casi, quando vidii la porta aprirsi e subito dopo una Cristhina titubante, con il vestito in mano, che aveva ritirato dalla lavanderia.
"Lascialo lì grazie" incrociai i suoi occhi azzurri spenti, indicandogli con il dito la poltrona di pelle difronte la mia scrivania, vedendola annuire, poggiandolo delicatamente sopra.

"Se non c'è altro, io...vado" affermò con la voce sottile, avviandosi verso la porta. Volevo dirgli di rimanere, che si cazzo, c'era altro, il fatto che lei doveva essere con me e non con quel coglione del suo ex, ma non ero nessuno per impedirglielo e non ero quello adatto.
Chiuse la porta alle sue spalle, sbattendola, mentre imprecai frustato.

Mi lavai velocemente, sistemandomi il vestito allo specchio, evitando di mettere la cravatta. Avevo già la gola serrata di mio.

Arrivai davanti casa di Natasha, vedendola fuori con la borsa tenuta con due mani che gli copriva le cosce, fasciata in un abito blu cobalto.
Appena mi vide, si dipinse un sorriso avviandosi verso di me, aprendo lo sportello per salire.
"Ciao bel moro" mi salutò con quel nomignolo che mi urtava i nervi, girandosi verso di me, piegandosi in avanti per baciarmi, quando la bloccai con un gesto della mano.

"Siamo in ritardo, meglio rimandare a dopo" la redarguì freddo, per poi sorriderle, per non lasciargli intendere che non avevo voglia, vedendola annuire debolmente, tornando al suo posto.

Parcheggiai la macchina, vicino al marciapiede, scendendo. Avviandoci all'entrata.
"Un tavolo per due" informai il signore che ci scortò al tavolo, accendendo la candela nel centro, dividendo i nostri spazi esattamente come volevo dividerli io.

"Insomma, come mai la scelta di portarmi a cena" chiese curiosa, portandosi una mano stretta a pugno sotto il mento, mentre il cameriere ci versava del vino rosso nei calici.

"Così. Non si può?" Le domandai, scrutando i suoi occhi verdi che s'illuminarono.

Annuì divertita, portandosi il calice sulle labbra contornate da un rossetto bordeaux.
Ordinammo una zuppa di pesce. Decidendo che fosse il caso di discutere di ciò che interessava, lo scopo della cena, piuttosto che su cose futili.
"Oggi ti ho visto parlare con Trevor. Lo conosci?" iniziai vedendola cambiare espressione improvvisamente, non lasciando trapelare interesse, ma solo una punta di curiosità. Ed era lì che la volevo. Posò la forchetta nel piatto quasi stizzita, rivolgendomi un sorriso finto e stirato, che stonava su quel volto.

"Trevor, no." Si parò la bocca con il tovagliolo, facendo finta di pulirsi. Stava pensando a qualcosa da dire, ne ero sicuro.

"Strano, sembravate...intimi" rincarai la dose, vedendola girovagare con lo sguardo, per poi fare una risata per mascherare l'agitazione che l'attanagliava, spostandosi i capelli con un gesto della mano.

"Si, beh. Frequentava il corso di chimica e storia con me al liceo. Ecco tutto" ammise limpida, ma non era cristallina. Cesellando l'ansia con un altro sorriso, riprendendo a mangiare.

Presi un sorso di vino. Mi sembrava chiaro che c'era qualcosa che non quadrava.
"Mi hai detto un secondo fa di non conoscerlo" ribattei secco, fissandola negli occhi. Avvertivo il suo disagio, la stavo mettendo in una posizione sfavorevole. Mandò giù il boccone a fatica, quasi fosse cemento.

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