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Pov.Cristy

Mi svegliai come al solito, sognando 'Vento di Passione'. Scostai le lenzuola rosa, scendendo, sentendo sotto la pianta del piede il tappeto di pelo caldo.
Mi feci una doccia veloce, che lavasse via gran parte dei pensieri che mi affollavano la testa, ed il brusio allo stomaco. Non avevo toccato niente ieri sera, troppo presa da altro, ed ora ne subivo le conseguenze.

Mi vestii con una gonna nera a matita ed una maglietta a maniche lunghe beige, con uno scollo non molto esagerato. Mi truccai leggermente, mettendomi gli occhiali. Almeno a lavoro li tenevo.

Presi una fetta di pancarrè dal mobile della cucina bianca laccata, afferrando la borsa e la cartellina con i fogli, chiudendo la porta, scendendo le scale di fretta.

Quando uscii, cercando le chiavi della macchina, frugando nella borsa come una forsennata, alzai lo sguardo, trovando Trevor con le braccia incrociate e le caviglie accavallate, appoggiato alla sua macchina, rivolgendomi un sorriso, per poi staccarsi venendomi incontro. Roteai gli occhi, imprecando, lasciando perdere la ricerca nella borsa, andando verso di lui.
"Che ci fai qui Trevor?" Gl'intimai infastidita, portando le braccia al petto.

"Buongiorno anche a te" affermò guardandomi, per spostare i suoi occhi scuri altrove, come in cerca di qualcosa.
"Sono passato a prenderti. Se non ti offende vorrei accompagnarti a lavoro" rivelò come se niente fosse, come se il discorso di ieri fosse stato d'abitudine, indugiando su i miei occhi.

Ci pensai qualche attimo. Infondo non era niente di male. Forse era lui Teodoldo, ed era venuto per una seconda possibilità. Ma avrei perdonato come Rosita? Ancora dovevo pensarci, ed i pensieri si sovrastavano, si ammucchiavano, lasciando poco spazio per il pensiero.
"Certo" affermai facendo spallucce, girando intorno alla macchina, per aprire lo sportello e sedermi, portando la borsa su i ginocchi, che tenevo serrati, come l'ansia che non davo a vedere.

Il tragitto breve fu calmo e silenzioso, e ne ero grata, non avrei retto altre discussioni. Sopratutto non di prima mattina, con solo un pancarrè che si stava ribellando nel mio stomaco.
Parcheggiò nello spiazzato ghiaioso, offrendosi di accompagnarmi. Anche se non la ritenevo una buona idea, ma non avevo voglia di discutere, perciò acconsentii.

Spinsi la porta in vetro dell'azienda, vedendo i suoi occhi miele in primo piano. Ed il mondo scompariva, non esisteva la gente che mi passava accanto, mi sfiorava non volutamente. Non udivo voci. Ero incollata a quegli occhi che da caldo divennero glaciali, sentendo spezzarsi qualcosa dentro, ed un senso di colpa che non mi sembrava sensato.

"Cristhina" mi rinsavì Trevor, toccandomi una spalla. Mi girai vedendolo sorridermi, porgendoli la cartellina contenente i fogli.

"Si scusa, grazie" scossi la testa, scusandomi, salutandolo con la mano, mentre mi sorrise di nuovo, un sorriso sincero. Almeno sembrava. Entrando dentro l'ascensore, privandomi di ogni risorsa d'aria necessaria, non con lui lì.
Sentivo i suoi occhi, infiammarmi, mentre tenevo lo sguardo basso, come colpevole.

Azzardai a salutarlo, con un magone che mi serrava la gola, mentre ricambiò freddo, gelido, asettico.
Ed il mio sguardo divenne più cupo.

Uscii dall'ascensore in fretta, andando nel mio studio, per non pensare. Volevo staccare la spina da ogni cosa, ma era troppo salda per potersi rompere.
Mi misi a rovistare le scartoffie, quando sentii un rintocco di nocche sulla porta.
Mi portai l'indice ed il medio su entrambe le tempie, massaggiandomi, sentendo fitte come emicranie.
"Avanti" sussurrai fioca. Vedendo Trevor apparire sulla soglia.

Sbuffai dentro, sorridendogli.
"Dimmi. Ho scordato altro?" Domandai non capendo la sua comparsa. Ero stata chiara con lui.

Mi fissò una manciata di secondi.
"Solo di darmi un bacio" affermò sornione, quando si ridestò vedendo il mio sguardo truce.
"Ti volevo invitare per una cena stasera" aggiunse serio, leggendo i miei occhi.

"Trevor ne abbiamo parlato. Insomma devo ancora pensare" gli spiegai come meglio potevo, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Eh lo so. Solo una cena, non ti assillerò promesso" incrociò le dita come un giuramento, mettendo su un finto broncio, tenendo la mano ancorata alla maniglia.

Scossi la testa, ridendo.
"Vada per una cena. A stasera" acconsentii sincera, anche se ero ancora titubante.

"A stasera, ti passo a prendere io" esclamò entusiasta, chiudendo la porta. Lasciandomi a mille dubbi, ancora più di prima.

Cristy sei un casino vivente. Non ora vocina. Mi rimproverai da sola. Affondando la testa tra le braccia stese lungo la scrivania. Finché non sentii la sua voce prorompere.

"Cristhina" gridò quasi il mio nome, ispido, come aghi che ti puntellano, sentendomi mancare.

Mi alzai controvoglia dalla sedia, con l'agitazione a farmi compagnia.
Abbassai la maniglia tentennando, entrando dentro, guardandolo. Bello e imperfetto, solo come sapeva essere lui.

"Dim..." non mi lasciò finire che alzò una mano, come per farmi stare zitta. Oddio forse voleva licenziarmi. L'agitazione aumentava a dismisura.

"Dovresti portare il mio completo appeso dietro la porta a lavare. Stasera ho una cena con Natasha, e devo averlo pronto assolutamente" affermò tagliente, alzando lo sguardo su di me. Uno sguardo sprezzante, di sfida oserei. Mentre quelle parole mi erano venute scaraventate e schiaffate in faccia in modo furente, ma non potevo dargli a vedere una mia gelosia che bruciava, rimandando un sorriso.

Presi il completo appeso dietro, quando la sua voce mi richiamò da dietro le mie spalle.
"Ho saputo che tu e Trevor siete tornati insieme" affermò con vigore. Come aveva fatto a saperlo...ma certo Trevor. Volevo negare perché infondo non ero tornata insieme, ma fargli credere che era così mi sembrava un'idea allettante.

"Hai saputo bene, qualunque sia stata la tua fonte" dissi di rimando, con lo stesso tono suo, e per una volta non c'era cenno di balbuzie da parte mia.
Lo guardai schiacciare il timbro così forte sul foglio che avrebbe rotto la scrivania.

"Divertiti allora con Natasha" affermai falsamente con tono sgarbato più di quanto volessi far uscire, portando la mano sulla maniglia.

"Gelosa?" Domandò beffardo, mentre mi rigirai verso il suo volto contratto ma divertito, con un sopracciglio innalzato e quegli occhi capace di divorarmi ogni razionalità. Si alzò dalla sedia venendo verso di me.

Lo vidii avvicinarsi di più, prendendomi il momento tra il pollice e l'indice, mentre l'abito sembrava pesarmi appoggiato sull'avambraccio. Incrociai i suoi occhi, in cui potevo sciogliermi, avvicinandosi al mio viso, tanto da sentire i nostri profumi mischiarsi.
Deglutii per ricompormi mentalmente, scoppiando in una risata più finta degli orecchini di bigiotteria che indossavo.
"Di te? Non credo. E poi stasera esco a cena con Trevor" ricalcai le ultime parole, che sembravano tagliarmi la lingua.

Si staccò da me, ma notavo come fosse rigido e contratto e non sapevo il motivo.
"Bene" esultò limpido e beffardo rivolgendomi un sorriso di sfida.

"Bene" dissi di rimando sgarbata, alzando il mento. Prima di uscire da quell'ufficio.

Una Seduzione DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora