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Pov.Cristy

Non sapevo se era stato più il vino che stava iniziando piano ad avere effetto sul mio corpo e sulla mia mente, o il rivedere Trevor, o semplicemente l'effetto che Mark aveva sempre avuto su di me.
Mi sentivo più sicura, senza inibizioni, avevo messo da parte la Crysty impacciata, e forse mi preferivo così.

Mi aveva colto alla sprovvista, non immaginavo che mi difendesse. Ma non dovevo farmi film mentali, ero brava a farli ma poi venivano smontati da una realtà dura.

Parcheggiò davanti ad un locale. Da fuori sembrava sofisticato, un portone d'orato ed un tappeto rosso a terra. Scesi dalla macchina, finendo quasi per inciampare nella ghiaia che ricopriva l'asfalto, avviandoci verso l'entrata.
"Sei pronta ad entrare?" Mi chiese, indugiando su i miei occhi per capire la mia risposta, mettendomi di nuovo in imbarazzo, decidendo di annuire.

Entrammo dentro, rivelando ragazze che ballavano mezze nude, attorno a dei pali, e uomini che offrivano soldi.
Spalancai la bocca esterrefatta, girandomi verso Mark che tratteneva un ghigno divertito.
"Era questa la tua idea? Un nightclub?" Sollevai il sopracciglio verso di lui, che stava ordinando due bevute, appoggiato al bancone.

"Hai ragione, troppo spinto per una come te" scherzò di nuovo prendendo in mano i bicchieri, per voltarsi, porgendomene uno che accettai.

"Mi stai per caso sfidando capo?" Lo ripresi con la sua stessa tonalità scherzosa, guardando togliersi la giacca, scoprendo la camicia che sembrava fosse stata dipinta sul quel corpo perfetto, mettendo in mostra gli avambracci.

"Non potrei mai" confessò con sguardo ammiccante, arrotolandosi di più i polsini.

Finii il drink, sbattendolo sul bancone, alzandomi dal panchetto, avviandomi sotto il palco dove ballava una ragazza, coperta solo da un mini perizoma, estraendo dalla borsa una banconota, girandomi verso Mark che mi osservava curioso con un sopracciglio alzato.

Quando la ragazza si abbassò, tenendo le mani salde intorno al palo, le infilai le banconote nell'elastico del perizoma, sporgendomi sul palco, vedendola buttare la testa all'indietro.
Iniziai ad ancheggiare anche io piano, sulle note della musica ritmica ma sensuale.

Finché non sentii due mani forti, poggiarsi su i miei fianchi, facendomi trasalire, e diffondere un calore strano al mio interno, come un bruciore che si propaga, fermandomi sul posto.
"Non ti facevo così sfacciata" si appoggiò al mio orecchio, sussurrando roco quelle parole, portandomi a sospirare senza darlo a vedere. Mentre mi girai.

"Credo che tu ti sia fatto un'idea sbagliata di me. Chi ti dice che fuori da quell'ufficio io non sia diversa?" Replicai, tenendo lo sguardo sulla ballerina, ed i molti uomini che la guardavano, mentre alcuni parlavano tra loro.

Avvertii le sue mani salire piano, sentendomi cedere, e una pulsazione strana in mezzo alle gambe.
"Probabile...sarebbe interessante sapere quanto sei diversa" sussurrava quelle parole, causandomi brividi piacevoli, ed il suo corpo avvinghiato al mio non aiutava a pensare lucidamente. Ero passata tutti i 5 anni di liceo a sognarmelo così, a sentire il suo respiro caldo sul mio collo, le sue mani che mi toccavano incendiandomi.

Quando conobbi Trevor l'ultimo anno. Era un ragazzo perfetto, gentile. Non il classico bello e stronzo, che a quanto pare amavo. No lui era semplice, genuino. Almeno credevo, finché non venni a scoprire due anni dopo, che stava con Lisa. Era sempre via per il lavoro, ed è per questo che lui riusciva a vedermi benissimo quasi tutta la settimana, intimandomi che doveva andare a lavorare fuori per due giorni o di più. Mi sembrava strano che dopo due anni non mi volesse presentare alla sua famiglia. Ma lui non ci badava. Diceva di non preoccuparmi, mi riempiva di regali, ed io ero quello per lui. Un'amante, un semplice rimpiazzo, quando non sai cosa fare. Al ricordo, mi scese una lacrima, scostandomi dalla fonte di calore di Mark, cercando di sviare in un angolino isolato, dove nessuno riesca a vedere che in realtà sono sempre la solita ragazza rimasta ferita.

"Cristhina" sentii la sua voce dolce, e subito dopo la sua mano calda avvolgersi intorno al mio polso che sembrava pulsare, sentendo il cuore rimbombare a certi ricordi.
"Ho detto qualcosa di sbagliato?" Aggiunse con voce bassa, come preoccupato.

Dissentii con la testa, alzando gli occhi che prima fissavano il pavimento lucido bianco, su il suo miele.
Mi trascinò verso un tavolino, mettendoci a sedere, portandomi un altro drink, mettendosi accanto a me.
"Ero solo la sua amante, un passatempo come quando fai i cruciverba" rivelai tristemente, sentendolo sospirare.

"Mi dispiace" ammise, vedendolo stringere il bicchiere.

"Hai visto anche te quanto sia bella Lisa. È alta, un fisico invidiabile. Mentre io? Sono sempre la solita. Solo con un vestito e dei tacchi che neanche so portare, sento il mignolo antropizzato" aggiunsi tra i singhiozzi, cercando di cacciare le lacrime per non farmi vedere debole e fragile. E se era vero che in vino veritas, giuro che stava avendo quell'effetto. Speravo solo di non andare oltre.

"Cristhina, guardati. Non hai nulla da invidiare a quella snob altezzosa. Sei decisamente bella stasera, e lo dico come un ragazzo qualsiasi non come il tuo capo" quella confessione dolce e ferma, mi portò a spalancare gli occhi.

Mi sentii catapultata nel 2007. A quella festa sotto il gazebo. Ma lui non ricordava nulla. Parlava con un'altra Cristhina ignaro che ero sempre io.

"Non credo. Ho visto come la guardavi ammaliato. So che nessuno guarderà mai così una come me" sospirai alzando gli occhi al cielo, fissando il lampadario a goccia. Decisamente faceva effetto l'alcol ed il vino ingurgitato. Non ragionavo più. Un attimo prima ero catwoman ed ora mi sentivo Rosalinda in "Vento di passione".

Si alzò prendendomi per mano, cercando di tenere il suo passo, spalancando la porta del locale uscendo, arrivando alla macchina. Quando andai ad aprire lo sportello, m'inchiodò prima di entrare, con una mano sul tettuccio ed una sullo sportello aperto, vedendo i muscoli tesi.
"Dimmi, come ti sto guardando ora?" Chiese vicino al mio viso, sentendo un'odore di colonia intenso che inebriava e confondeva la testa che girava, mentre il mio stomaco faceva capriole che non vedevo neanche al circo.

Come mi guardava? Era un miele caldo, splendeva di una scintilla che non conoscevo in altri occhi. Non volevo ricadere in un bacio, pentendosene il giorno dopo, come se nulla fosse mai esistito, mettendo a repentaglio un nuovo impiego.
"Non lo so Mark" la tirai lì incerta, anche se speravo che fosse diversamente.

Sospirò chiudendo le palpebre, stringendo di più lo sportello.
"Non lo sai o non lo vuoi vedere?" Si fece più vicino, incatenandomi in quegli occhi di cui ero sempre rimasta ammaliata. Potevo sentire il suo respiro farsi irregolare, la sua barba ispida.
Portò una mano dietro il mio fondoschiena, insinuandosi sotto al giubbotto, avvertendo formicolii, attirandomi di più contro il suo petto.
"Non te ne accorgi neanche ora?" Sussurrò rauco sul mio orecchio, tanto da sfiorarmi il lobo, riducendomi le gambe a gelatina molle. Sentivo il suo membro pigiare contro il mio bacino. Oddio dovevo restare lucida. Anni a desiderarlo, a disegnare cuoricini intorno alla sua foto, a maledirlo, e nei momenti più inopportuni all'età di 16 anni, anche a pensarlo dentro di me in piena crisi ormonale, usando un regalo di Kitty per soddisfare la voglia di lui. Oh cristo, ero messa decisamente male.

"Mark" il suo nome smorzato, non riuscivo a tenere il suo sguardo voglioso almeno quanto il mio, addosso a lui. Era bello, e decisamente più virile.

Dio fremevo, e le sue carezze lente sul mio fondoschiena, mi mandavano pulsazioni nel basso ventre.
"Devi dirmi qualcosa?" Chiese con voce divertita. Giuro che sapeva cosa mi stava accadendo, e la sua erezione ne era la prova evidente che mi voleva.

"No...io, si...ma. Non posso" sbottai masticandomi le parole, scivolando da lui entrando entro, vedendolo sospirare pesantemente, chiudendo lo sportello.

Il tragitto del ritorno fu breve, per fortuna. Non mi ero mai spiegata perché quello dell'andata sembrava sempre più lungo di quello del ritorno. Forse perché partivi con propositi eccitanti allungando l'attesa, e quando tornavi indietro ti arrendevi che ormai era tutto finito.
Uscii dalla macchina, piegandomi sul finestrino abbassato.
"Grazie per stasera" rivelai, mordendomi il labbro, guardandolo tenere le mani salde, intorno al volante.

"Non devi ringraziarmi. Ci vediamo lunedì a lavoro. Puntuale" aggiunse freddo, staccandomi, vedendolo ripartire, e scomparire nel buio della notte. Sicuramente mi sarei maledetta per tutta la domenica, a guardarmi la replica della mia soap-opera, ma non potevo lasciarmi coinvolgere da uno come Mark.

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