6. HARRIS AI FORNELLI

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"HARRIS AI FORNELLI"

«Pronto?» risposi al telefono.

«Finalmente! Ti ho chiamata otto volte!» sentii la voce di Brooke provenire dalla cornetta come un tuono.

Mi presi qualche secondo per guardare il display del cellulare e notai che, effettivamente, c'erano alcune chiamate perse da parte sua. «Sono cinque» specificai, volendo farle girare le scatole.

«Uffa, è uguale!» sbottò e da quanto la conoscevo aveva sbattuto un piede al suolo e messo il muso come una bambina. «Comunque ti ho chiamata dato che oggi non ti ho visto all'università. Volevo invitare te, Xavier, Danielle e Samuel a mangiare da noi questa sera. Suwa l'ho già avvisato prima» finì di dire un po' timidamente, come se fosse un poco nervosa.

Spalancai gli occhi. «Avete la casa tutta pronta e messa apposto?» domandai incredula.

Per Brooke mettere a posto era quasi come un parto. Odiava mettere in ordine e quando a Darwin andavo a casa sua il suo vestiario era posato sulla sedia e sul letto, nonostante avesse un armadio che definirlo grande era un eufemismo. Le scarpe erano o sotto la scrivania o ai piedi del letto, mai nella scarpiera. Sua madre aveva anche rinunciato a metterle a posto la stanza e puliva a terra solo quando riusciva a farlo. Era tutto in ordine solo quelle volte che chiamavano la donna delle pulizie e una volta riuscii a vedere la camera della mia migliore amica messa a lucido. Sembrava più grande e bella di quando c'erano i castelli di vestiti e mi veniva da piangere nel vederla in quello stato, sembrava di stare in un sogno. Di come si poteva capire, Brooke era una casinista e sentirmi dire che era tutto pronto e immacolato, non mi era possibile crederci per davvero. Era una cosa impossibile da parte sua, non poteva essere vero.

Le sentii fare un sospiro di sollievo, quasi con orgoglio verso la sua grande impresa. «Sì, non so come sono riuscita in realtà. Forse è perché Matt è ordinato al contrario mio.»

«Immaginavo» ammisi. «Wow, non ci credo, Brooke Harris ha detto che la sua casa è in ordine. Un sogno che non pensavo si potesse realizzare. Sono scioccata.»

«Sì okay, ho capito il concetto.»

«No davvero, è come sentire da Sheldon che lui ha torto mentre Leonard ha ragione, mi capisci vero?» continuai a farneticare ancora sotto shock.

«Sì va bene, ho capito, comunque ci sarete?» sintetizzò infastidita.

Pensai due secondi prima di risponderle con sicurezza. «Sì certo, però ti faccio sapere se viene Danielle, sai, con il lavoro...» le feci notare e lei annuì con un capito.

Quando la salutai staccando la chiamata, andai da mio fratello, dove c'era anche Samuel a giocare a UNO. Sembrava una partita accanita dato che avevano l'aria di esser lì da molto tempo ad aspettare che vincesse qualcuno. Sulle loro facce era dipinta un'espressione di sfida, il clima era simile a quando due del Far West si sfidano a duello, con gli occhi assottigliati e la mano pronta ad attaccare. Nonostante l'arduo scontro, li avvisai di quella sera e con sorpresa avrei comunicato a Brooke che Danielle aveva la serata libera.
Un record da parte sua.
Finalmente, erano secoli che non si usciva tutti insieme con lei. Tra una cosa e l'altra era sempre occupata e anche se avesse avuto ore o giorni liberi, aveva sempre qualcosa da sbrigare, come aiutare degli amici in negozio, andare a fare commissioni o quant'altro. In questo assomigliava molto a mio fratello, non riusciva a stare ferma nemmeno per un secondo.

Samuel ci convinse quasi subito a farci un bagno in piscina dopo aver vinto la giocata a carte e questo voleva dire lavarsi nuovamente i capelli nonostante li avessi puliti da un giorno. Fortunatamente non avevo i capelli ricci di Brooke, lei ci metteva come minimo quaranta minuti prima di uscire dal bagno con i capelli ben fatti, quando io ce ne mettevo anche quindici, sprecando più tempo ad asciugarli che a lavarli.

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