47. MANTIENI L'EQUILIBRIO

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"MANTIENI L'EQUILIBRIO"

Senza stare a raccontare tutto nei dettagli potevo dire che la cena era andata bene, era come se fossimo tornati indietro nel tempo, senza però Caitlin, Ethan e Chelsea, ma avendo al contrario con noi Danielle e la nuova famiglia di Anthony. Era strano mangiare nuovamente in quella casa piena di ricordi d'infanzia senza i veri Sampson che avevamo come vicini, ma nonostante ciò tra una chiacchierata e l'altra ci ritrovammo a raccontare a Danielle e a Mikayla tutto ciò che riguardava le nostre famiglie. Tra una storia e l'altra per di più passavamo il tempo a ridere e a scherzare in ricordo dei vecchi tempi, e a mia madre non poté non cadere qualche lacrima di nostalgia.

«Oh George, che bei tempi» continuava a ripetere, arrivando poi al punto in cui si scusò per andare un secondo al bagno, sicuramente per asciugarsi gli occhi e sistemarsi il trucco.

Mio padre, scusandosi anche lui, la raggiunse e senza ombra di dubbio andò a consolarla. Anche io mi sentivo come lei, mi mancavano le giornate della mia infanzia, quei giorni felici e spensierati che facevano delle mie giornate qualcosa di unico, ma il ritorno in Australia di Sammy aveva fatto sicché quei giorni tornassero, in maniera diversa ma erano riapparsi, facendomi tornare quel sorriso che da bimba tenevo dall'alba al tramonto.

Qualche minuto dopo essere sparita al bagno, mia mamma era tornata in sala con un sorriso smagliante, come se non fosse successo nulla. Sicuramente era tutto merito del babbo e delle sue parole, era sempre stato bravo in queste cose.

Quella notte invece non riuscii a dormire bene come previsto. Era assurdo che dormire con Sammy era diventata come un'abitudine, come una droga. Stare tra le sue braccia era così confortante che addormentarsi veniva facile come bere un bicchiere d'acqua. Invece avevo passato ore ed ore a rigirarmi nel letto e a rimuginare su tantissime cose senza un filo logico, con Coscienza che ovviamente intratteneva la nottata con le sue sparate. Che rottura che era stata, parlava, parlava e parlava, non la smetteva più, era estenuante.

Samuel in tarda mattinata era passato ad avvisarci che quel pomeriggio aveva casa libera, e ne approfittò per invitarci tutti a passare il pomeriggio insieme a fare qualcosa dato che il cielo non prometteva una tranquilla giornata in spiaggia come invece volevamo trascorrere. Era stato molto vago, probabilmente non aveva delle idee decenti per la testa; aveva proposto di guardare un film, di giocare a qualche gioco in scatola, nemmeno lui era convinto delle sue proposte, lasciandomi però il compito di avvisare Suwa, Brooke e Matt. Dopo la notizia mio fratello con la sua ragazza andò a fare il giro di saluti ai parenti, mentre stranamente Sam, invece di rimanere come ai vecchi tempi facendomi compagnia, ritornò a casa sua giustificandosi con un "vado a pulire per dopo". Non credevo davvero che sarebbe andato a pulire, ma dato il suo tenere sempre in ordine non mi meravigliai della cosa come invece avrei fatto con la mia migliore amica.

Dopo pranzo i miei migliori amici con Matt mi raggiunsero a casa mia tutti insieme e una volta oltrepassato il cancello di casa Sampson, vidi Brooke guardarsi attorno con aria un po' curiosa. «Quanti anni sono che non vengo qua?»

«Perché, ci sei mai stata?» le domandò il suo ragazzo tenendola per mano.

Lei annuì. «Quando mi sono trasferita qui a Darwin e facendo amicizia con Scar, mi aveva invitata ai sui compleanni. Mi sa anche l'anno in cui è partito, in Italia si era trasferito fine settembre, no?» cercò conferma da me.

Annuii non sapendo cos'altro aggiungere. Piccoli ricordi d'infanzia vagavano nella mia mente, lasciando un sorriso dolce e sottile sulle mie labbra. Osservando quella nostalgica casa mi vennero in mente quei ricordi in cui noi tre correvamo dappertutto, saltavamo, scherzavamo e ridevamo. Quel terreno portava a galla tutte le cose che più avevo amato da bambina e riflettere sul fatto che per sette anni ero rimasta ad osservare quello spazio davanti a casa mia sembrava strano e impossibile da crederci dopo una vita trascorsa dalla mia abitazione a questa. Eppure era successo, avevo sul serio passato sette anni a fermarmi davanti a quel cancello senza però metterci dentro piede e piangere ogni volta che la mia mente materializzava i Sampson e Samuel sorridermi e chiamarmi.

IMPREVEDIBILE - oltre l'oceano ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora