19. SALUTAMI ASHTON

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"SALUTAMI ASHTON"

Il pranzo di Pasqua era andato bene, a parte un piccolo dettaglio: mia nonna. Non era di certo una donna che si ricordava di tutto e di più, tanto meno andava d'accordo con i nomi, con quelli era sempre stata un disastro. Quando lei incontrò Samuel in salotto, mia madre cominciò a fare il suo solito discorsetto pieno di fierezza e di felicità. «Mamma, ti ricordi di lui? Era sempre qua quando Xavier era piccolo, ti ricordi di Samuel?»

Appena mia nonna lo mise a fuoco, più che altro passò i suoi occhi prima sui suoi addominali data la sua altezza e poi sulla sua faccia, lo esaminò da piedi a capo. «Ma sì, certo! Daniel, quanto sei cresciuto!»

«Nonna, è Samuel» l'avevo corretta ridacchiando.

«Oh, grazie Samantha, scusami tanto Michael, con i nomi non sono mai stata brava.»

Sammy a quel punto si era voltato verso di me e mi aveva mimato il nome che mi aveva appena dato mia nonna Fanny. Come se il suo fosse stato azzeccato.

A tavola stessa identica cosa, con altre varianti che per mia fortuna non erano solo per me e Sam. La discussione era iniziata così:

«Scusa, ehm, com'è che ti chiami bel giovanotto?»

«Samuel» le aveva risposto con il suo solito e affascinante sorriso.

«Oh giusto, Gabriel, mi passeresti l'acqua? Sono così piccola che è già tanto se arrivo a prendere le posate hehe.»

«Nonna, è Samuel, non Gabriel» le fece notare Xavier mezzo stanco di sentirla e mezzo divertito.

Nonna Fanny a quel punto aveva sbuffato sonoramente, ma non avevo capito se era infastidita dalla correzione o dal fatto che aveva di nuovo sbagliato. «Oh, è la stessa cosa Arthur.»

Io a quel punto non ero riuscita a trattenermi dal ridere e per prenderlo in giro con Sam avevamo continuato a chiamarlo Arthur tutto il giorno.

Mia nonna, vedendomi divertita, si era voltata verso di me con in faccia un'espressione un po' confusa. «Cosa ridi Ashley, ho sbagliato ancora il nome? Oddio, mi spiace così tanto, che sbadata che sono a volte. Invece, ricordami un secondo, quel bel ragazzone alto con gli occhi azzurri si chiama Rafael? È il tuo ragazzo? Certo che, nipote mia, hai proprio dei bei gusti. Vedo che hai preso dalla tua nonnina.»

In quel momento potevo solo smettere di ridere e iniziare a prendere sul serio l'idea di sbattere la fronte contro il tavolo, pensando che i colori, a differenza dei nomi, riusciva ancora a distinguerli bene e anche la vista era buona nonostante l'età. Molto buona. La sua voce squillante l'aveva sentita pure Sammy, tanto che alla domanda "è il tuo fidanzato?" si era girato verso di me con tanto di sorrisetto e stava aspettando anche lui una mia risposta. Al mio no, mi ero sentita come se glielo avessi strappato, il che mi aveva resa fiera di me stessa.

Quel pranzo era degenerato per colpa di nonna Fanny, ma avevo cominciato​ a riflette sul fatto che, se invece di fare la serata precedente con Anthony e la famiglia di Suwa l'avessimo fatta quel pomeriggio con mia nonna, sarebbe stato un gran bel macello e che era stata una buona idea fare due cose separate. Ero sicurissima che sarebbero sorti altri casini, specialmente per il mio migliore amico oltre che per mia nonna che non avrebbe capito nemmeno l'iniziale del suo nome. Già la immaginavo a sparare nomi a caso senza un filo logico.

Per di può ancora non riuscivo a spiegarmi il collegamento tra Scarlett, Samantha e Ashley.

Quando tornammo a Sydney, mi sentivo ancora piena per tutto quello che avevo mangiato e per tutto quello che mi era passato sotto gli occhi. Ero piena al solo pensiero di mangiare ancora a pranzo. Hugh, come al solito, sempre a disposizione a darci dei passaggi e io volevo prendere in seria considerazione l'idea di comprare una macchina per tutti noi e risolvere questo problema, o forse sarebbe stato meglio dire "evitare di disturbare il nostro amico chiedendogli di continuo di portarci da una parte all'altra della città". Il problema maggiore però stava sul fatto che non potevamo permettercela un auto.

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