22. BROOKE & PULIZIE

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"BROOKE & PULIZIE"

Da quella notte non feci più incubi o sogni brutti e sempre da quella notte, ogni volta che io e Samuel dovevamo andare a dormire, lui si sistemava sempre vicino a me e mi abbracciava, tenendomi stretta a lui con dolcezza. Mi abbracciava a se, dicendomi che non voleva che facessi altri incubi come era accaduto l'ultima volta. Sembravano tanto le parole di un fratello maggiore, ma io non riuscivo a vederle in quel modo, io le vedevo in modo diverso. A me stava realmente iniziando a piacere Sam. Lo sognavo ogni notte, momenti belli e carini tra di noi, e io in questi, appena avevo l'occasione di dirglielo, gli ripetevo che mi piaceva. Proprio come nel primo sogno dopo aver avuto l'incubo. C'era sempre qualcosa che mi faceva collegare a quelle semplici parole. Poi mi svegliavo, e lui, quando non doveva andare prima di me all'università o quando avevamo il giorno libero, era sempre lì, abbracciato a me in qualche modo, anche con il semplice gesto di avere un braccio appoggiato sul mio corpo, come se mi volesse proteggere anche nel sonno. E io nella realtà ancora non avevo tutto quel coraggio per dirgli mi piaci come nelle mie fantasie notturne. A dirla tutta non sapevo nemmeno come dirglielo e non c'erano tutte quelle occasioni per citare quella misera e corta frase. Parlavamo sempre di tutt'altro oppure lui rompeva il tutto cominciando a fantasticare di me con Jensen. Non sapevo per quale motivo avesse in testa che io e Jens ci piacessimo. Non capivo nemmeno come Sammy non capisse che a me interessava lui. Quando Brooke diceva che tutti i ragazzi, a parte il suo Matt e mio fratello, erano stupidi era vero. Suwa, ad esempio, non aveva capito la cotta che aveva preso Lindsey nei suoi confronti, nemmeno quando eravamo tornati a Dawrin per le vacanze pasquali. Io non glielo avrei detto di principio, non volevo fare ne un torto alla mia amica e tanto meno facilitargli le cose a lui per farglielo capire. Ma in realtà lo era anche Xavier uno stupido, non capendo che Brooke era stracotta di lui da chissà quanti anni. Per fortuna che era apparso Matthew.

Nonostante questi momenti, che reputavo inizialmente imbarazzanti, Samuel non sembrava che ricambiasse i miei sentimenti. Anzi, si comportava allo stesso modo di quando era tornato qui, in Australia. In parte mi faceva piacere che non fosse cambiato nulla tra di noi. Dall'altra invece avrei voluto capire qualcosa in più. Dava fastidio il pensiero di essere l'unica che provasse qualcosa e di essere quella che alla fine rimaneva delusa.

Dopo un po' di tempo, e dopo aver immagazzinato che era tutto vero e niente di immaginario, avevo raccontato a Brooke quello che era successo e quello che succedeva ogni sera prima di addormentarci. Lei, come avevo immaginato, iniziò a fare i suoi soliti commentini.

«Vi siete baciati?» chiese all'inizio, con gli occhi a forma di cuore.

«Scarlett, non dirmi che lo avete fatto?!» commentò mezza sorpresa e mezza con un sorrisetto ammiccante.

«Tesoro, questo può significare solo che tu gli piaci!» continuò credendosi Sapientino.

«Vedi? Te lo avevo detto che ti interessava... tu non mi vuoi dare mai retta, maleducata che non sei altro.»

«Aspetta, quindi lasci Jensen?»

«Beh, certo, Samuel è Samuel, non puoi dirgli nulla» con un'espressione che quasi poteva sbavare al posto mio.

«Ok, fra te e Jensen non c'era niente, scusa, ora calmati cara!»

«Non ti permettere mai più di raccontarmi certe cose in ritardo! È chiaro signorina?»

E tante altre cose. Era una tortura per la mia povera testa, facendomi pentire secondo per secondo di aver aperto bocca. Ma alla fine lei era Brooke, la mia migliore amica, e dovevo raccontarle tutto, anche perché certe cose sarebbero imbarazzanti da dire a Suwa, anche se ero consapevole del fatto che quei due si scambiavano informazioni ogni volta che io aprivo bocca con uno. Sembravano agenti dell'FBI o chissà quale altra organizzazione.

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