È sabato sera e decido di andare nel solito pub. È da una settimana che Marco mi stressa per venire a trovarlo e stasera ho deciso di accontentarlo.
Arrivo al pub e mi siedo nello sgabello di sempre. Marco mi fa un sorrisone che fa sorridere anche me per poi stringermi fortissimo fra le sue braccia.
《Mi sei mancata così tanto Ice》
《Marco, mi chiamo Stella!》
《Ripeto: i tuoi occhi si chiamano Ice, sì, i tuoi occhi parlano》
《Se mi offri da bere potrai chiamarmi anche Eufrasia》
《Va bene Eufrasia》dice ridendo e preparando il mio solito drink.
《Oh per me? Davvero? Offre la casa?》
《No, offrono le tasche di Marco》ridiamo insieme.
《Grazie Marcolino》
《Come va la ferita?》
《Mh, bene》
《Fai vedere》
《No, sta guarendo tranquillo, sono passati pochi giorni》
《Non insisto》 dice riempiendomi il bicchiere.
Lo bevo e qualcuno si siede nello sgabello accanto al mio.
《Quello che prende la signorina e riempia anche il suo bicchiere, grazie.》 Quella voce. È così familiare, così, non so, profonda? FEDERICO. Mi giro di scatto e i miei occhi color ghiaccio incontrano i suoi grigio-azzurro, sembrano in sintonia. Lui mi guarda con un sorriso io invece sono confusa, che ci fa lui qua? Bha, io so solo che: indossa una camicia bianca che fa trasparire una 'macchia' sul petto, credo che sia un tatuaggio, jeans scuri strappati e quei capelli.. e quei capelli, non li commento.
《Mi stai studiando come una provetta al laboratorio?》sottolineando laboratorio duemila volte.
Io divento rossa pensando a quel giorno, il libro che cade, io contro al muro e le sue labbra a due centimetri dalle mie.
《Grazie per il drink》distolgo lo sguardo ma i miei occhi sono attratti dai suoi, come se fossero una calamita che mi obbligano a fissarlo mentre beve.
《Bella quella magliettina》
《G-grazie》indosso una maglietta semplice, nera, a giro manica, corta fin a scoprire il mio pearcing all'ombellico e non troppo scollata con un paio di pantaloncini e le mie immancabili converse nere. Dentro al pub fa molto caldo.
《Anche se senza maglietta, staresti molto meglio...》mi sussurra lentamente. Mi sento avvampare, perché il mio corpo risponde così a queste parole? Infondo sono la prima ad usare parole 'pervertite', perché non riesco a rispondere? Forse perché lo vuoi fra le tue gambe? Signori e signore la cazzata del secolo è stata detta. Anche se non sembra, non lo sopporto. Si sente chissà chi, è egoista, egocentrico ed usa le ragazze come giocattoli, no grazie, ho già sofferto abbastanza.
《Non importunare la mia Ice》dice Marco a Federico e lui mi lancia un occhiata.
《Ice?》e ride
《I suoi occhi, guardali, cercano aiuto, vogliono essere salvati da qull'abbandono, da quella sofferenza e da quel dolore, urlano, gridano. I suoi occhi parlano molto e per questo ho deciso di chiamarli 'Ice', la traduzione di ghiaccio in inglese, perché i suoi occhi sono freddi come il ghiaccio ed hanno bisogno di calore》io giocherello con il bicchiere vuoto mentre, Fede, mi guarda cercando di incontrare i miei occhi, per aver certezza di ciò che ha appena sentito. Marco mi riempie di nuovo il bicchiere, io lo guardo e lui guarda me, mi fa un sorriso e mi fa segno di guardare il ragazzo che mi siede accanto. Guardo Fede e i suoi occhi mi scrutano fino in fondo, cercano di vedere tutti gli aspetti che ha detto Marco, e, purtroppo, li trova tutti. Abbasso lo sguardo e sorseggio.
《Come hai fatto a capire tutte quelle cose solo dal suo sguardo?》chiede Fede a Marco.
《Bhe, per il semplice fatto ch...》
《Ora basta, cazzo! State parlando di me ed io sono qui, fortunatamente ci sento. Purtoppo.》bevo tutto il drink, mi alzo e me ne vado.
Arrivo fuori, sento le lacrime agli occhi. Ma come si permettono? Io sono lì, li sento. Le cose che ha detto Marco sono vere e hanno fatto male, molto male. Do un calcio al bidone e mi siedo a terra, in quel vicolo dell'altra volta. Porto le ginocchia al petto, nascondo il viso e qualche lacrima scende.
Sento qualcuno sedersi accanto a me ed io asciugo le lacrime, rimanendo nella mia posizione.
《Scusa, non volevo, solo che mi ha incuriosito quello che ha detto. È tutto vero?》io non rispondo ma giro la testa incrociando il suo sguardo. Lui sospira 《sì è tutto vero e c'è anche dell'altro, forse anche di peggio》ed io annuisco. 《Vuoi parlarne?》 《no.》dico con un filo di voce.
《Okay, allora brindiamo... ai problemi?》dice sorridendo e mostrandomi una bottiglia di wisky ed io annuisco. Apre la bottiglia e beviamo. Lui mette un braccio sotto le mie ginocchia e l'altro sui miei fianchi facendomi alzare e mi fa sedere su di lui. Non so perché ma appoggio la testa nel suo petto e lui mi accarezza i capelli. Non m'importa niente, non m'interessa se non lo conosco, se per lui sono solo una sfida, non m'importa se non lo sopporto, non m'interessa niente, adesso ho bisogno di questo, ho bisogno della presenza di qualcuno, ho bisogno di sfogarmi.
《In realtà io sono argentina. Quando avevo 4 anni, io e la mia famiglia, stavamo andando alla finale di campionato di mio fratello, era una partita decisiva, il vincitore si sarebbe aggiudicato lo scudetto. Lui aveva 9 anni, era già un fenomeno, aveva già tante porte spalancate per diventare un calciatore professionista, aveva tutte le qualità per arrivare a giocare in Serie A. Per arrivare alla partita, a Córdoba, dovevamo fare circa due ore di viaggio. Un tratto di tragitto era su un ponte, sotto scorre un fiume. Mentre percorrevamo il ponte un camion, dall'altra corsia, sbandò venendoci incontro》mi fermo per bere e continuo 《prese in pieno la mia macchina, mio padre e l'autista del camion morirono all'istante. La macchina era schiacciata nel guard rail e le 'macerie' della mia auto trafissero mia madre. Ancora ho in mente il suo urlo straziante dal dolore. Mio fratello si buttò sopra di me e mi protesse con tutto il suo corpo. Il camion ancora andava a folle spingendo la macchina finché il guard rail non si spezzò e l'auto cadde nel fiume. Mentre cadeva, mia madre disse un 'vi voglio bene', all'impatto mio fratello sbatté violentemente la testa, non sopravvisse. Io ero viva. L'acqua iniziava a salire di livello e più saliva più si colorava di rosso. Rosso del sangue di mia madre, mio fratello e mio padre. Cercavo di fare qualcosa, pensavo che fosse solo un sogno, cercavo di 'svegliare' mio fratello ma niente. Mancava poco e la macchina sarebbe stata sommersa dall'acqua, non avrei più avuto aria. Una mano mi tirò, estraendomi da quella che, ormai, non era più un automobile ma un accumulo di ferro e metallo. Nessuno sa e, ancora, capito come io sia uscita da lì e soprattutto come ho fatto a sopravvivere. Avevo solo qualche osso rotto e graffi sparsi ovunque ma niente di grave. Essendo rimasta orfana a soli 4 anni, dovevano trovare una sistemazione. Fecero il giro di tutti i miei parenti e tutti mi rifiutarono, alcuni dissero che io non fossi una loro parente e la settimana prima eravamo insieme. Date le mie origini italiane, provarono con i miei parenti di qua ed è successa la stessa identica cosa. Di conseguenza mi sbatterono dentro un'orfanotrofio. Stavo nell'angolo della stanza, non mangiavo, non bevevo, non parlavo e non dormivo, non dormivo perché appena chiudevo gli occhi mi ritornavano in mente quelle scene. Le uniche cose che facevo erano: dare calci a quel pallone e a 'scrivere' e disegnare su un foglio, ascoltando musica 24h su 24h. All'età di 6 anni mi adottarono ma stessa cosa di niente. I miei genitori attuali non sono mai stati presenti, mi lasciano da sola tutto il giorno. Il giorno del mio compleanno mi lasciarono chiusa in stanza mentre loro se la spassavano chissà dove. Andavano in vacanza senza di me, passavano settimane intere senza vederli ed io dovevo provvedere a me stessa da sola. Ciò che mi faceva compagnia era una lametta, stavo bene quando mi tagliavo, non sentivo neanche dolore, quei tagli mi rievocano quella volta, quando vidi il mio corpo interamente riempito di tagli. Crescendo, oltre ai tagli, sono subentrati la droga e l'alcool. Pensa che qui, circa quattro giorni fa, mi hanno infilzato con un coltello perché non avevo soldi per saldare il mio debito. Quei ragazzi che mi picchiarono a scuola volevano finire il lavoro del loro capo. Senza contare altre milioni di cose successe. Sei il primo a cui ne parlo e non so neanche il perché. Già me ne pento.》io nel frattempo ho bevuto 3/4 della bottiglia e lui mi guarda a bocca aperta, non sa che dire, come reagire, non sa che fare. Forse non se l'aspettava. Di tutta risposta mi stringe fra le sue braccia come per dire: 'io ci sono'. Ma so che lui non c'è e non credo che ci sarà mai. Mi alzo, lo guardo e me ne vado. Lui rimane imbambolato lì a fissarmi. Arrivo a casa e fumo un po', ricordare tutte quelle cose ha fatto veramente male e dopo mi addormento."Ci sono giorni dove muori, oggi è uno di questi
Quando dici: 'va bene così' ma con gli occhi spenti
Fuori è grigio e dentro anche
Ed ogni cosa a cui penso non è un granché
La pioggia inganna è una bugiarda e prende in giro molti
Perché sembra solo acqua e invece son ricordi
Avevo quattro genitori ma me li hanno tolti"
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Il mio Diazepam Blu
RomanceCOMPLETA. Questa storia parla di una ragazza completamente sola e abbandonata al suo destino. Dopo l'incidente di quand'era bambina cadde in depressione (scoprirete tutto se leggerete). Lei è cresciuta da sola e forse troppo in fretta e, dato la man...