Posso dirti che sei bellissima?..

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Solita prassi. Doccia, colazione. Divisa, e dritta in sede. Oggi èdomenica, appena una settimana dall'inizio della mia attività.

Bene, cosa avevo portato in cassaforte? Un piccolo gruppo di genteche mi provocava, un altro che invece mi sosteneva. Poi Josè, chenon sapevo ben classificare. Se ci stesse provando solo per faringelosire la sua ex, teoria che non mi lasciava neanche un secondola mente quieta, o se gli piacessi davvero. Bah, tempo al tempo.Avrei capito le sue intenzioni, buone o cattive che fossero.

Per il momento, era un conoscente, forse un po' più. Un Amico. Manon mi sentivo di dirgli nulla di me, meglio che conoscesse il latoacido e scontroso per ora.

Mi presento in sede, con le cuffie e la borsa. Avevo fatto un po'tardi, c'era traffico in autostrada. Accelero il passo lungo ilcorridoio, mentre i ragazzi erano già seduti in sala tecnica. Poggiotutto nella mia stanza, poi mi dirigo in sala con gli altri. Avevo unpo' d'affanno e la faccia arrossata. All'ultimo avevo corso.

Apro la porta della sala senza neanche bussare, Sarri aveva giàiniziato a parlare della partita di oggi contro il Pescara.

:- Scusate il ritardo. Faccio mentre chiudo la porta, salutandotutti.

:- Si bussa comunque. Il solito Sepe. Non avevo voglia di replicare,avevo appena corso. Ma una piccola frase me la tira di bocca, tantonon c'era ne De Nicola ne Edoardo..

:- Luigi, non mi rompere. Dedicati piuttosto a quello che dice ilMister e mettilo in pratica in partita. Ah no, scusa. Prima di te cisono Pepe e Rafael.

Sbianca. Imbarazzo totale.

Gli altri lo sfottono, come per dire " Ti sei fatto zittire da unadonna"..

Mi siedo tra Pepe e Josè. Il primo mi da un piccolo cinque, l'altromi sussurra qualcosa.

:- Finalmente..

Sarri ordina di far silenzio, io ascolto come se fossi una di loro.In effetti, di schemi e moduli ne avevo sempre sentito parlare, daquando giocavo nella squadra.

Guardo per terra, fisso le scarpe. Avevo notato che si erano un po'rovinate.

Noto sul cellulare un messaggio, stavolta per fortuna avevo messo ilsilenzioso. Era Marco, un ragazzo del gruppo di palestra che mi avevachiesto di uscire. Non era per niente il mio tipo, era il classicouomo di palestra che ci prova con tutte.

:- Ei.

Josè intanto aveva buttato l'occhio sul cellulare.

:- Ciao Marco.

:- Tutto bene?

:- Si, te?

:- Si.

I ragazzi vanno via, noto Josè un po' freddo. Non so, come se fosseirritato dai miei messaggi con Marco. Anche se fosse, non era il mioragazzo. Non dovevo rendergli conto, di certo, della mia vita.

Io ero rimasta ancora a messaggiare, poi congedo Marco per andare alavorare.


Pov Josè.

"EI..MARCO" Chi cazzo è Marco. Sono già nervoso, di primamattina, di domenica. Il giorno della partita. Non dico che fosse miae solo mia, però mi urtava parlasse con altri. Ero un po'geloso...Marco le aveva addirittura mandato una sua foto, mentre eraal parco a correre. Era alto, grande. Piazzato. Un bel sorriso. Eraun bel ragazzo, forse il suo prototipo. Di certo era diverso da me, enon so quanto lei potesse preferirlo ad un ragazzo gracile etaciturno quale sono.

Vado in stanza da lei, ma non riesco neanche a rivolgerle la parola.Mi sentivo ferito dentro. Stavo esagerando, troppo. Dovevo calmarmi.

Entro, le dico un ciao freddo. Mi faccio forza, non dovevo dare avedere il mio stato d'animo turbato.

Sei tu il mio Re, io la tua Regina. ||José Callejón||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora