Niente paura.

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Non sapevo cosa fare. Se avessi reagito probabilmente mi avrebbero cacciata fuori. Io non potevo permettermi di perdere il lavoro. Ero già indietro con alcuni pagamenti d'affitto, figuriamoci. Però sentivo un qualcosa che non riuscivo a fermare, come se dentro ci fosse qualcosa che voleva uscire. E sarebbe uscito, in un modo o nell'altro.
Mi stacco dal muro, faccio qualche passo e mi Poggio sulla scrivania. Avevo tutti gli occhi che mi fissavano. Ma ora Non mi interessava nulla. Li guardo, tutti. La prima fila era quella dei miei "nemici". Il resto in poi erano i miei compagni più fedeli.
José mi guardava stranito. Forse aveva paura della mia possibile reazione isterica. Gli altri non sapevano cosa pensare di me.
Sospiro, prendo la parola.
:- Siete contenti, ora?
Luigi, Lorenzo, Amadou e qualcuno dello staff medico annuiscono provocatoriamente.
Abbasso il capo, poi lo rialzo.
:- Lo sapete che voi come Uomini fate Schifo? Se vi diverte insultare una ragazza che neanche conoscete?
Non volevo piangere, ma sentivo che stavo per cedere. E no. Davanti agli altri no!
Fu pronta la risposta di Carlo, dello staff.
:- Ma chi ti credi di essere, per venire qua e giudicare noi?
:- Io non sono nessuno. Ma voi non avete il diritto di trattarmi male.
Interviene Tonelli.
:- Sei un'acida del cazzo. Non fai che rispondere male e crederti Miss Mondo.
:- Io?Siete voi che ..
Entra il dottor De Nicola.
:- Cos'è questo casino!
Mi guarda brutto, aveva già dato la colpa a me senza sapere.
:- Ha iniziato ad urlare, 'sta pazza.
Lorenzo.
Mi aveva chiamato pazza.
Nervi a fior di pelle, gli avrei spaccato tutti i denti.
:- Chi ha iniziato? Il dottore guarda Sarri.
:- Loro. Risponde, guardandomi negli occhi.
:- Voi finitela- riprese ridendo contro i maschi Alfonso- e la prossima volta che ti sento urlare ti caccio. La prossima volta.
Mi aveva dato un ultimatum. Se solo avessi avuto i soldi necessari per mettermi in regola col proprietario della casa. Mi vergognavo a chiedere i soldi a qualcuno dei miei amici, anche Se so che me li avrebbero prestati senza far complimenti.
Guardo il resto dei miei amici, e José. Non so se avesse capito il mio sguardo. Volevo fargli capire che ora sarei corsa fra le sue braccia a piangere. Mi ci trovavo così bene,ad avvolgermi in quell'abbraccio rasserenante. Faccio un cenno al capo. Avevo afferrato il concetto. La prossima volta ero fuori. Odiavo solo il fatto di Non aver fatto nulla, ed ero stata giudicata colpevole.
Resisto, resisto. Non potevo fare altrimenti.
Preso da uno scatto improvviso d'ira, sotto gli occhi degli altri vado via. Mi alzo dalla scrivania, esco dalla stanza, sbattendo violentemente la porta.
Fanculo, loro e la loro maleducazione. Avevo bisogno d'aria: esco fuori, nei campetti. Tiro grandi respiri, per calmare il sentimento di rabbia e odio che stavo provando. Scende qualche lacrima, dal nervoso. Asciugo, mi ricompongo. Erano le dieci, e ora dovevo lavorare. Che mi piacesse o meno, dovevo trattenermi e fare il mio dovere.
Torno dentro. Gli altri erano in corridoio, aspettavamo me per iniziare. Chi seduto, chi in piedi a braccia conserte. Percorro il piccolo corridoio, mentre sento i mormorii degli altri.
:- Alla buon'ora! Riprese Lorenzo, ridendo.
:- Psicopatica! Aggiunge Luigi.
Psicopatica? Ho sentito bene?
Avevo percorso già il tutto, che mi fermo. Mi giro, torno dietro. Gli altri mi guardavano, e José era pronto a tirarmi via se la cosa fosse degenerata.
:- Come mi hai chiamato? Rivolgo a Sepe, urlando.
:- Psicopatica. Psicopatica. Psicopatica.
Lo minacciai.
:- Dillo ancora e ti spacco il setto nasale.
Avrei messo davvero in pratica i consigli dei miei maestri. Un anno di corso di autodifesa, qual momento migliore per far vedere agli altri di che pasta fossi fatta?
:- Smettila. Che altrimenti ti licenziano. Voglio vedere dopo come campi. Io posso dire ciò che voglio, tu non puoi farmi nulla. Sei una psicopatica schizzata.
Che rabbia che avevo.
:- Io posso anche essere licenziata, ma la soddisfazione di vederti col sangue sul viso mi farebbe godere tantissimo.
Rimane spiazzato. Gli altri ridono. Torno immediatamente nella mia stanza. Pepe si era già seduto sul lettino. Chiudo la porta, e inizio a lavorare.
:- Come stai? Mi chiede.
:- Mah, bene. Vieni qui e hai tutti contro, poi Non fai altro che piangere. Però si, va tutto bene.
:- Senti, io voglio davvero aiutarti. Anzi, io e i miei amici vogliamo darti una mano, ma se non ci dici il tuo problema ..
:- Pepe, è una storia lunga. È anche difficile da dire..
:- Va bene. Quando vuoi, già sai. Stasera, vieni o no?
:- Ehm ..ci devo pensare..
:- Perché?
:- Ecco, questo è un altro problema... ti faccio sapere.
:- Dai, lo sai che ci fa piacere e che siamo un Piccolo gruppo. Vieni, ti divertirai.
:- Lo so, lo so.
..
Continuo a massaggiare la schiena. Poi arrivano gli altri. Raul, ad esempio.
:- Ei bella, come stai? Scusa se prima non ti ho difeso però se avessi reagito ti giuro che avrei fatto un macello.
:- Tranquillo Raul. Comunque sto bene, grazie.
:- Ma perché prima piangevi?
:- Te lo spiego in parole semplici. Ho alcuni problemi personali che Non ho ancora risolto.
:- Mh, immagino. Ti va di parlarne?
:- Mi vergogno un Po'.. più che altro sono problemi davvero seri e non riesco a raccontarli facilmente.
:- Capisco. Quando vuoi io e Alicia siamo a tua completa disposizione.
:- Grazie, davvero.
Ci sorridiamo.
Seppur in tutto questo schifo in cui vivevo, avevo circa otto amici spettacolari. Poi c'era lui, José. Non era un semplice amico, bensì un qualcosa di più. Forse il migliore. O forse l'unico con cui provassi ad iniziare davvero di essere me stessa.
La prossima terapia è con lui.
Si siede sul letto, io imbratto le mani di crema.
:- Dai, distenditi.
:- Aspetta..
Avevo le mani sporche di quella roba appiccicosa.
:- Che dobbiamo aspettare?
Ci guardiamo negli occhi, posa la fronte sulla mia.
:- Come stai?
:- Tutto bene.
:- Smettila di prendermi in giro.
:- Non lo sto facendo. Ora sto meglio.
:- Non ti credo.
:- Non mi importa. Ora devo lavorare, quindi distenditi e fammi fare il mio dovere. Che se il capo entra e ci trova così mi licenzia prima del tempo.
Fa come dico. Non diciamo una parola, se non lui che poi riprende il discorso.
:- Che hai pensato di fare stasera?
:- Non lo so ancora.
:- Come vuoi.
:- Mh ..
:- Domani pomeriggio devo posare per DOOA. Ti va di venire, a farmi compagnia?
:- Chi sarete?
:- Io. E basta.
:- Ok.. Se Non ho niente da fare, verrò.
:- Devi tenermi sulle spine fino alla fine?
:- José, per favore.
Ci guardavano negli occhi, io facevo il possibile per Non incrociare il suo sguardo.
:- Lo sai che da questa prospettiva hai degli occhi bellissimi?
:- Dai .. Sorridevo. Almeno mi faceva sorridere un Po', dopo tutto.
:- È vero.

Sei tu il mio Re, io la tua Regina. ||José Callejón||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora