A me piace così.

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Mi sveglio verso le sette e mezza. Oggi dovevo accompagnare José in quel locale che avevo già pensato. Mi rannicchio fra le coperte, si stava bene. Allungo la mano per prendere il cellulare, avvolgendomi col piumone. Scrivo a José.
:- Buongiorno.
:- Ciao bella.
:- Stavi dormendo?
:- No, da poco mi ero svegliato.
:- Capisco.. Io sono ancora sotto le coperte.
:- Io pure, non riesco proprio ad alzarmi. Come stai?
:- Bene, dai. Tu?
:- Benissimo.
:- Dai, che hai sognato?
:- Meglio che non te lo dico.
:- Così sconvolgente?
:- Abbastanza.
:- Voglio sapere.
:- Ci siamo baciati.
:- Oh, beh ... Preparati, che dopo ti porto in un bellissimo locale.
:- Bene,voglio vedere.
:- Non aspettarti chissà cosa, non conosco i posti che conosci tu.
:- Stai tranquilla, l'importante è che facciamo colazione insieme, punto.
:- Meglio così. Ora vado a prepararmi, ci vediamo alle otto e mezza a casa tua.
:- Perfetto, a dopo piccolina.
:- A dopo Calleti.
Mi alzo dal letto, faccio una doccia veloce, indosso la divisa.
Chissà come sarebbe andata oggi,spero in una bella giornata e soprattutto che non si sentisse a disagio per la mia guida o per il posto scelto. Era un locale di un amico di famiglia, nella zona alta di Napoli, ma nulla di così lussuoso. Scendo di casa, mi avvio verso lo sportello dell'auto. È strano, è da tanto che non accompagno qualcuno in auto, specialmente un Uomo, specialmente José. Accendo lo stereo, e Guido. Quando arrivo sotto casa sua gli mando un messaggio, non voleva scendere prima e aspettarmi sotto per evitare di essere sommerso dai fan.
Si affretta a scendere le scale, esce dal portone. Indossava una camicia di jeans. José con la camicia di jeans, era davvero tanta roba. Guarda il finestrino dell'auto, dopo avermi riconosciuto sale.
:- Buongiorno bella.
:- Ciao José.
Mi da un bacio sulla guancia, e io ricambio il gesto. Accendo il motore, e mi rimetto in corsia. Nel frattempo parliamo un po'.
:- Allora, oggi che farai?
:- Ma nulla, credo di uscire per farmi un giro in centro.
:- Bene, e stasera?
:- Con Martina e Alicia.
:- Ah, capito. Io con Raul, pensa te.
:- Perché? Fa casino?
:- Casino? Tv al massimo, parla in continuazione e da fastidio.
:- Ahahahah, meglio. È vivace.
:- Io sono molto più calmo, come te.
:- Non ci giurare signorino. Anche io so scatenarmi e fare caos.
:- Voglio vedere.
:- Al tuo compleanno faccio un macello, con Pepe.
:- Bene, ti voglio vedere sorridente al mio compleanno.
Gli sorrido, poi parcheggio all'uscita esterna del locale.
Lo accompagno dentro. Il proprietario mi riconosce, e ovviamente riconosce lui; ci offre immediatamente un tavolo sulla terrazza.
Ordiniamo il necessario, e aspettiamo fuori che arrivasse il tutto.
Ci sediamo uno di fronte all'altro, mentre sulla destra c'era la Napoli urbanizzata da guardare.
:- Ti piace qui?
:- Si- guardandosi intorno- Non conoscevo questo posto.
:- Ci saranno sicuramente molte cose che non conosci di Napoli.
:- Cioè?
:- Qualche volta ti porterò a conoscere davvero Napoli.
:- Magari, mi piacerebbe davvero.
:- Però io la preferisco di notte. Una sera che non hai nulla da fare ti porto a fare un giro.
:- Non ho nulla da fare, quindi possiamo andare quando vuoi.
:- Magari domenica sera.
:- Perfetto.
Mangiamo i cornetti. Ci sporchiamo di zucchero a velo e la schiuma del cappuccino. Due clown.
Prendo due fazzoletti dalla borsa, e ci puliamo il viso, stavolta ognuno per se. Parliamo del più e del meno, lui si dedica al panorama. Io mi giro verso il retro del bar. C'era una scala che portava ad un passaggio sotterraneo. Da lì, percorso un Piccolo tratto, si arriva su una piattaforma in pietra che aveva un grande arco, da cui affacciarsi e guardare Napoli, il mare e il Vesuvio. Mi faccio due conti. In più, finito il sentiero si usciva direttamente dall'uscita secondaria dove avevo parcheggiato l'auto.
Prendo i soldi(stavolta pagavo io!) e il vassoio sul tavolo.
:- Aspettami qui. Dico a José, mentre torno dentro.
Uscita dal locale, José era seduto che guardava al di là. Io mi avvicino al primo gradino della Scala, lui mi guarda stranito.
:- Dove vai?
:- Seguimi.
:- Che hai intenzione di fare?
Che fifone. Torno vicino al tavolo, prendo la sua mano e lo trascino con me per le scale. Inizia un Piccolo tratto ripido, che superiamo insieme senza lasciare le mani. Lui non lasciava la mia, e io la sua. Stavamo bene così, sembravamo davvero una coppia.
:- Mi dici dove stiamo andando?
:- Fidati.
:- Voglio sapere, per dove stiamo passando poi!
Non gli rispondo, gli sorrido semplicemente.
Passo prima io, poi mi segue. Arrivati su questa piattaforma, gli mostro l'arco e il mare di Napoli.
:- Questo Non lo conoscevi, no?
Rimane incantato da tanta bellezza.
:- No, non lo sapevo.
Ci lasciamo le mani. Poi aguzza la vista per cercare casa sua.
La indica col dito.
:- Guarda, casa mia!
Io non riuscivo a vederla, casa sua era alla fine del mondo! Appoggio la schiena al suo petto, e provo a seguire il suo dito. La trovo, dopo un Po'.
Non ero mai stata così. Appoggiata a lui, sentendo il suo respiro e La sua voce dietro di me.
E la cosa bella era questa: Io Non avevo paura.
Erano circa le nove, e noi dovevamo essere in sede tra mezz'ora. Lui si era appoggiato al muro, godendosi il belvedere. Guardo l'orologio, sbarro gli occhi.
:- Cazzo, è tardi. Gli afferro di nuovo la mano, e lo tiro verso l'uscita.
..
Pov Josè.
Non lasciarmi la mano, non lasciarmi la mano. Pensavo. Mi stavo divertendo come un matto nel fare le corse. Sembravano due agenti segreti, o due ladri che dovevano scappare. Era sempre una novità con lei, non si poteva stare tranquillo. E se la "nostra" vita sarebbe stata frenetica, ben venga. Torniamo in auto, col fiatone. Anzi, lei. Io sono abituato.
:- Non correvo così da un pò. Riprende, con la voce strozzata.
:- Mi è piaciuto però.
Mi sorride, mi accarezza la guancia, poi accende il motore.
:- Siamo in ritardo, non ti spaventare se accelero.
:- Fai pure.
Mi lascio cullare dal vento, che mi scompigliava i capelli. Il sedile era comodo, la giornata perfetta. Avevo appena fatto colazione con lei, mi aveva portato in un posto davvero incantevole, e ora mi sta accompagnando in sede. Mi sentivo bene. Ogni tanto raggiunge i 90km/h, ma non avevo paura della velocità. Mi piaceva anche questa sua determinazione, questa sicurezza che ha nel guidare.
:- Sei brava a guidare.
:- Certo, che ti aspettavi.
:- Di solito, le donne alla guida fanno schifo! Rido.
:- Idiota. Mi tira uno schiaffo leggero sulla spalla.
Ridiamo, insieme. Che bella che era!
Arriviamo in sede con cinque minuti in anticipo.
:- Guarda che ore sono, amico. Indica l'orologio, vantandosi della sua guida.
Entriamo in sede, stavolta senza stringerci la mano o che. Ci sediamo sulle sedie del corridoio. Giocavo ad un gioco sul cellulare, e lei mi dava una mano. Stavo creando il mio personaggio, Ovviamente creo me stesso, con i capelli neri, alto e magro.
:- Fa ridere. Riprende lei, ridendo.
Seleziono il nome, scrivendo Josè. Dovevo anche crearmi un amico. Senza pensarci due volte, scelgo la donna, che nomino Chiara. Ci guardiamo ridendo, poi mi da un bacio sulla guancia. Fortuna che gli altri arrivarono qualche minuto dopo ..
..
Arrivano Tonelli e Sepe, con sguardi provocatori. Ma non avevo voglia di rovinarmi la giornata. Avevo portato José in un posto bello, avevo fatto colazione con lui e abbiamo intrapreso una corsa contro il tempo. Mi piaceva questa giornata. Mi dirigo nella stanza, sistemando i teli sui lettini, e le creme sul mobile, pronte per l'uso. Aspetto i miei pazienti, il primo è Raul.
:- Buongiorno.
:- Ei, ciao. Distenditi pure.
Mentre fa come dico, continuiamo a parlare.
:- Ho saputo che stasera passi la serata con Alicia e Martina.
:- Eh si, passiamo la sera insieme. E invece io ho saputo che tu sarai in stanza con Josè!
:- Si, è vero. Come sempre, d'altronde.
:- Da quanto tempo vi conoscete?
:- Sei anni, pensa te.
:- Bello, no?
:- Certo, di lui mi fido ciecamente, è un bravissimo ragazzo.
:- Hai ragione.
:- Quanto a te, piuttosto, che mi racconti? Come vanno le cose fra voi?
:- Non siamo mica fidanzati! - Imbarazzo totale- Comunque siamo ottimi amici.
:- Amici, si.
:- Siamo molto legati, certo. Ma non c'è nulla fra noi.
:- C'è un feeling troppo speciale per essere semplici amici.
:- Quello che c'è fra noi, seppur fosse, non è cosa che ti importa!
Scoppiamo a ridere, ma io ero davvero rosso fuoco.
Finite le terapie con i successivi Mertens, Reina e Hamsik, mi dirigo in campo. Affianco il Mister. Guardavo la preparazione atletica, i ragazzi a turno facevano esercizi di slalom. Li guardavo, erano delle schegge. Al turno di Josè, mi guarda, fa l'esercizio e torna in fila per ricominciare. Non so cos'abbia notato Sarri, che inizia a farmi un pò di domande. Come fosse mio padre.
:- Posso chiederti una cosa? In maniera del tutto curiosa.
:- Si, certo, dimmi.
:-Ma tra te e Josè c'è qualcosa?
In un secondo le guance diventano bordeaux. Anche lui, ora!
:- Siamo solo amici.
:- Tu dici?
:- Ma perchè oggi mi chiedete tutti la stessa cosa?
:- Evidentemente, è palese che fra voi c'è qualcosa.
:- Siamo solo amici, nulla più.
:- A te piace?
:- Mister! Lo guardo sorpresa, lui ride.
Si girano tutti. Wow, Sarri che ride. Non è il solito tipo imbronciato e volgare! Poi riprende il discorso.
:- Te lo dico io che ho qualche anno più di voi. Secondo me, tu e lui insieme state davvero bene.
:- Tu dici?
:- Si.
Successivamente, i ragazzi proseguono nell'allenamento con i tiri liberi. Sarri li osserva, uno per uno. Reina para qualche tiro, e qualcun'altro no. Josè tira, segna. Poi mi lancia un'occhiata, come se volesse dirmi qualcosa. Una volta terminati i tiri, allungo il passo per trovarmi al suo fianco. Gli parlo sottovoce.
:- Oi, perchè mi guardavi prima?
:- Nulla, così.
:- Sicuro?
:- Certo. Tu perchè prima ridevi col Mister?
:- Ha detto che secondo lui io e te dovremmo stare insieme.
:- Oh, bene.
:- E me l'ha detto anche Raul prima.
:- Immagino.
Sorridiamo, poi torniamo dentro. Oggi avrei mangiato con loro, poi sarebbero partiti per le 16,00. Io non sapevo che fare oggi, prima di andare a casa di Alicia. Probabilmente, tornerò a casa a dormire, oppure avrei fatto un giro in centro. Peccato il non poter ancora comprare nulla, i miei arretrati mi preoccupavano di più.
Ci riuniamo in sala, io ero al tavolo dello staff. Qualcuno era col cellulare, prima che ci servissero il pranzo. LosMejores gremiva di messaggi.
Marek: Chiaretta vieni nel nostro tavolo, c'è posto.
Pepe: Ma si, ti siedi vicino a Josè.
Raul: Dai, lasciateli stare, i due piccioncini.
Calleti: Ragà, dai!
:- Non posso venire nel vostro tavolo, lo sapete.
Alicia: Mi spiegate che problemi avete?
Dries: Nulla, cerchiamo di far fidanzare due ragazzi.
:- Dries!
Pepe: Ma perchè Sarri rideva prima?
:- Secondo me tu e Josè dovreste stare insieme..
Raul: Vai misterrrr!
Marek: Se lo dice lui..!
Martina: Dai ragà, lasciateli stare davvero.
:- Tranquilla Martì.
..
Ma tu guarda che faccia da schiaffi che hanno tutti e quattro. Mi guardavano, e ridevano. Io ridevo con loro, però era davvero imbarazzate. Specialmente, se poi non riesci a guardare Josè.
Mi scrive.
:-.. Sei arrabbiata, per caso?
:- No, io no. Un po' imbarazzata, forse. Tu?
:- Già, non mi piace parlare di queste cose, davanti agli altri poi.
:- Lo so, immagino e ti capisco. Anche perchè tu sei molto più timido di me.
:- Appunto, lo sai bene.
:- Alla fine stanno dicendo solo che io e te dovremmo stare insieme. Sorridi, è una cosa carina!
:- Se a te non da fastidio, non darà fastidio neanche a me.
:- Tranquillo, è un gioco. Tanto, alla fine, quello che conta è quello che pensiamo noi.
:- Esattamente. Non vedo l'ora di farmi il giro con te di notte, domenica!
:- Ahahah, va bene. Ora pensiamo a uscirne vivi da questo caos!
..
Pepe: Neanche rispondete ai messaggi, di cosa parlate?
Raul: Dai, staranno pensando a quando devono baciarsi.
Marek: O fare peggio!
Martina: Marek!
:- Fortuna che siete lontani che vi avrei già preso a sberle.
Dries: Pauraaaaa.
Calleti: Ragà, ma quanti anni avete?
Marek: Quasi 30.
Dries: Anche io.
:- Probabilmente, 30 - 28.
Marek: Che simpatica.
..
Mi contattano Martina e Alicia. Aveva appena creato un nostro gruppo la signora Hamsik, che bello esserci!
Martina: Scusalo Marek, è idiota.
Alicia: Lascia perdere Raul, sfotte solo perchè deve disturbare Josè.
:- Tranquille, lo so.
Alicia: Di cosa ci parlerai stasera?
:- Di una storia un po' brutta, ma devo confidarmi con qualcuno. Per una volta.
Martina: Immagino, tranquilla. Puoi dirci tutto.
Alicia: E non diremo nulla agli altri, stanne certa.
:- Guarda, da un lato se lo sapessero magari si fermerebbero col dire di baciare Josè, o che. Però meglio che dicano questo, che sappiano altro.
Alicia: Già, come vuoi. Ma una domanda.. Josè lo sa?
:- Si, ho dovuto dirglielo.
Martina: Dai, ne parliamo stasera, ora mangiate in Santa pace.
:- Ok, a dopo ragazze.
..
Ci portano il pranzo, poggio il telefono sul tavolo e mangio. Non parlo con nessuno dello staff, non mi trovavo molto con loro. Più che altro, sentivo il cellulare vibrare. Illuminarsi e spegnersi.
5,6,7 messaggi in 1 Chat. Che chat poteva essere, era il solito gruppo.
Mentre rispondo, mi arriva una chiamata. Era il proprietario della casa. Che ansia, chissà cosa voleva davvero.
Digito sul verde, e mi affretto ad uscire dalla stanza.
:- Pronto?
:- Ciao Chiara. Ti chiamo per ricordarti che mi devi gli arretrati.
:- Lo so, sto provvedendo.
:- Bene, fallo in fretta. Ancora dieci giorni, su per giù. Poi ti caccio di casa.
:- Cercherò di sbrigarmi.
:- Ok, ci risentiamo.
Chiudo la chiamata, appoggio la testa al muro. Sospiro, questo problema era difficile da risolvere. Non avevo ancora ricevuto lo stipendio, e tuttavia non sarebbe bastato per pagare qualche debito.
Metto il cellulare in tasca. Mi ricompongo, che era scesa qualche lacrima di tensione. Mi sistemo, guardandomi allo specchio appeso nel corridoio. Torno al mio posto, con il capo chino. Gli occhi di tutti che mi guardavano straniti. Io mi siedo, accovacciando le gambe.
In effetti mi guardavano tutti strano, anche lo staff. Cosicchè, esordisco.
:- Che c'è? Pensate a mangiare, piuttosto.
Lo staff torna a guardare nel loro piatto, parlando delle loro faccende. Gli altri, i miei amici, iniziano a scrivere.
Pepe: Ch'è successo?
Raul: Allora?
Marek: Qualcosa non va?
:- Va tutto bene.
Martina: ?
:- Nulla, non è successo niente.
..
:- Agli altri puoi raccontare quello che vuoi, ma non mi convincerai mai.
:- Josè, non intrometterti in questa faccenda, davvero.
:- Lo so?
:- No, non lo sa nessuno. E' una cosa di cui devo occuparmi da sola.
:- Non puoi sempre far tutto da sola.
:- Lo so, ma certe faccende è meglio che me le sbrighi io. Stai tranquillo.
:- E' grave?
:- No, non lo è.
:- Va bene, come vuoi. Io penso che sia qualcosa di grave e non ne vuoi parlare.
:- Josè, quel che sia sia, però non interessarti a questa storia.
:- Ok.
:- Non prenderla a male, ma non ne voglio parlare davvero con nessuno di voi.
:- Si, ma se è un problema grave ..
:- Stai tranquillo Josè. Mi fai più un piacere se stai tranquillo, che se ti intrometti.
:- Come vuoi, piccolina.
Gli invio un cuore, lui due.
Finiamo di mangiare, poi andiamo nella sala adibita per lo svago, con i divanetti e le tv.
Erano le 14,00 circa. Sul divano erano seduti Marek, Raul e Josè. Sulla poltrona Pepe, che come al solito deve stravaccarsi in santa pace. Io mi appoggio al bracciolo del divano, al lato di Josè. (come al solito).
Pepe lancia un'occhiata a Raul, che guarda Josè. Io avevo il cellulare in mano, quando mi accorgo dei loro sguardi inizio a ridere.
Ai divanetti di fronte, c'erano Luigi, Lorenzo Tonelli, Diawara, Insigne, Hysaj.
L'altro gruppo era Mertens, Ghoulam, Koulibaly, eccetera.
Luigi si volge verso di noi, io subito alzo lo sguardo.
Avevo un conto in sospeso con lui, uno schiaffo non bastava.
:- Fai prima a buttarti su Josè, a questo punto.
Sorriso beffardo, riprendo.
:- Lo so, ma sto meglio così.
:- Non penso proprio.
:- Che intendi dire?
:- Mah, chissà con quanta gente sei stata e quante cose avrai fatto..
Dio, mi aveva dato della p****na! A ME!
Lascio il telefono ad Josè. Tiro un calcio al tavolino di legno, spostandolo di qualche centimetro.
Stavo per andare da lui, quando Pepe mi trattiene, tirando il braccio.
:- Ti senti offesa, per caso?
Faccio per lasciare la presa, ma Pepe stringeva ancora di più la mano.
:- Se vengo lì, ti do il resto che non ti ho dato l'ultima volta.
:- Ma si, dai. Pepe lasciala, vediamo che cosa mi devi fare.
:- Non mi provocare, Luigi!
Entra in stanza Edoardo, che assiste alla scena. Io in piedi con Pepe che mi tirava il braccio, e Luigi che rideva di gusto.
:- Che succede qui?
:- Mi ha dato della p****na!
:- Non è vero, che bugiarda.
:- Sedetevi, e smettetela tutti e due.
Torno a sedermi sul bracciolo, ma avevo una rabbia dentro colossale. Avevo lo sguardo abbassato, Josè alza la schiena dal divano, poggia la testa al mio braccio guardando come stessi. Non ci diciamo nulla, ma bastò guardarlo negli occhi per scoppiare a piangere.
Mi tira, affinchè mi potessi sedere sulle sue gambe. Raul, Marek e Pepe si sono avvicinati ancor più, per vedere le mie condizioni.
Rimprovero Pepe, sorridendo.
:- Potevi lasciarmi il braccio.
:- A certe cose è meglio che ci pensiamo noi, giusto Raul?
:- Giusto. Riprende lui.
Chissà cos'avevano in mente di fare.
:- Che dovete fare?
:- Mah, gli faremo un discorso e basta. Interviene il portiere.
:- Ragà, non fate niente, per favore.
Se si fossero messi in mezzo, sarebbe successo davvero un caos.
:- Tranquilla.
I ragazzi si guardano, tutti. Temevo davvero il peggio.
:- Se fate qualcosa mi arrabbio davvero.
Josè ride, poggiando la mano sulla gamba.
Era la prima volta che ero seduta su lui. Sembravano davvero fidanzati
Passiamo un'altra ora ridendo, parlando del più e del meno.
Verso le 15,45 i ragazzi tornano negli spogliatoi, per prendere le valigie prima di partire.
C' eravamo diretti fuori, io avevo preso la borsa. Sarei tornata a casa, dopo la loro partenza. Sistemano le valigie nella stiva, alcuni erano già saliti su. Il mio gruppo era fuori, aspettavano che Sarri finisse la sigaretta.
Eravamo in cerchio.
:- Che farai ora? Mi chiede Marek.
:- Non so, vado a casa sicuramente, poi probabilmente esco a fare un giro.
:- Ti faranno venire con noi qualche volta?
:- Ah, non lo so. Ma non credo proprio.
:- Peccato, - Raul,- come farà Josè senza te.
Io e lui ci guardiamo, poi ridiamo alla battuta di Albiol.
I ragazzi ora dovevano salire sull'autobus. Ci salutiamo, con dei baci sulla guancia. Josè bisbiglia qualcosa nell'orecchio.
:- Non smetterò di scriverti.
:- Tranquillo, e pensa a giocare. Ti voglio bene, ci vediamo domenica.
:- Anche io, piccola.
:- Piccolina.
:- Piccola è più bello. Mi da un bacio sulla guancia, poi prende lo zaino e sale sull'autobus.
Non sentivo piccola da tre anni. E aveva un altro sapore, ora. Pensavo che non l'avrei mai più sentita questa parola, ma piaceva a lui. E piaceva anche a me.

Sei tu il mio Re, io la tua Regina. ||José Callejón||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora