Pov José.
Domenica mattina. Mi sveglio verso le due di pomeriggio. Eravamo tornati a casa molto tardi. Accendo Whatsapp, prima di tutto. Mi aveva scritto Chiara. Che bello svegliarsi così!
:- Buongiorno José.
Le rispondo.
:- Ei, mi sono appena svegliato. Ciao Prof.
:- Tranquillo, so che avete fatto tardi. Pronto per dopo?
:- Ma certo, non vedo l'ora. Che devo indossare, prof?
:- Un abbigliamento consono all'occasione. Anche perché poi stasera usciamo.
:- Già, già. Allora verrò in camicia e Jeans, va bene?
:- Si, José. Io starò in tuta, poi mi vestirò per il dopo.
:- Capito... Che hai fatto stamattina ?
:- Nulla. Ho fatto una torta, così la possiamo mangiare più tardi Per fare una pausa.
:- La prof che mi insegna e mi fa le torte ... Perfetto.
:- Non provarci con me, ti metto 4.
:- Non sfidarmi signorina. Anche tu prenderai lezioni dal sottoscritto.
:- Lo so, ma io mi contengo. Sono una santarellina.
:- Come no!
:- Vuoi dire che non è così?
:- Non sei santa. Mi rispondi sempre male!
:- ...
:- Oi, sto scherzando.
:- Ti farò passare tre ore pesantissime.
:- Non ho paura. Sono pronto.
:- Ei, ora vado a lavarmi. Ci vediamo più tardi.
:- Ok, ci vediamo dopo Chià.
..
Ero un Po' emozionato. Soli, circa sei ore. Non ci avrei provato e nulla, però ero contento di passare tempo con lei. Senza nessuno che potesse darci fastidio. Chissà cosa avremmo fatto insieme, e come sarebbe andata la lezione. Non vedevo l'ora.
Erano oramai le tre meno un quarto. Entro in doccia, mi lavo. Nel frattempo pensavo al nostro prossimo appuntamento. Volevo vederla a tutti i costi. Una sola domanda, mi ronzava nel cervello insistentemente.
"E se lei non volesse mai stare con me? Se fosse solo una mia illusione?"
Spero davvero lei ci tenesse a me. Io le avrei dimostrato tutto quello che potevo, col tempo.
Non ero ancora innamorato, però Chiara era l'unica cosa che mi facesse sorridere davvero.
Sono davanti lo specchio,ora. Mi guardo, mi aggiusto i capelli. Chissà se ero il suo prototipo, se lei potesse davvero innamorarsi di uno come me. Non ero perfetto, ero esile. Speravo solo che prima o poi, il mio carattere e magari il mio ciuffo infallibile l'avrebbe attirata a me.
Indosso la camicia bianca, i jeans, un paio di scarpe. Profumo OneMillion, e via. Pronto per la lezione di pianoforte. Mi batteva il cuore all'impazzata, non sapevo cosa aspettarmi.
Ebbi un Piccolo infarto. Non potevo presentarmi così, cazzo! A mani vuote. Provo a pensare rapidamente a qualcosa. Niente dolci perché aveva fatto la torta. I regali Non era occasione. Opto per un Piccolo mazzo di fiori. Spero le piacevano le rose.
..
Busso al portone, mi apre. Salgo le scale, nascondendo i fiori dietro di me. Era li, sull'uscio della porta. Con i capelli sciolti, con una camicia di jeans e un pantalone nero. Non si era messa più la tuta. Così era ancora più attraente.
:- Ciao José.
:- Ei.
Mi fa entrare, poi le do i fiori.
:- Questi sono per te.
:- Che carini, grazie!
Li poggia sul tavolo della cucina, io la seguo.
:- Questa ce la mangeremo dopo. Mi fa, mentre mi mostra il dolce. Sembrava invitante, anzi lo era.
:- Cos'è, crema, cioccolato..?
:- Spero che crema e limone vadano bene.
:- Li adoro!
:- Oh, menomale.
Posa il mio giubbino sul divano, poi mi accompagna al piano. C'era una piccola sedia.
:- Siediti tu, io sto in piedi.
:- Ma no, non puoi stare tre ore in piedi.
:- Non mi trovo ad insegnarti pianoforte seduta, devo controllare meglio.
:- Vuoi sederti su di me? Gliela butto lì.. magari mi dicesse si!
:- Vado a prendere una sedia, ho capito.
Ci sediamo vicini, la mia gamba sinistra e la sua destra si toccavano. Mi venivano i brividi ogni volta che io e lei eravamo vicini. Stavo esagerando, forse. O forse no.
:- Allora, intanto questo è un pianoforte a muro. Trattamelo bene che ce l'ho da sempre.
:- Va bene, prof.
Estrae dal mobile un quaderno pentagrammato, dove c'erano scritte tantissime canzoni.
:- Questo quaderno strano si chiama pentagramma. Ci sono cinque righe, e quattro spazi. Prima di scrivere, disegnamo la chiave di violino.
Mi fa vedere come si fa, io provo a disegnarla alla meno peggio.
:- Così?
:- Si, ma deve essere più piccola.
Ci provo altre due volte, la sentivo spronarmi mentre disegnavo con la matita.
Mi insegna a scrivere le note sul quaderno. Le faccio circa cinque, sei volte. Era davvero esigente! Però era brava in questo ruolo da insegnante. Non ti metteva fretta, non si spazientiva. Voleva che le cose uscissero perfette e ti motivava a provarci. Era fantastica.
:- Bene, ora che sappiamo le note, ti insegno a suonarle. Poggia le mani sul piano.
:- Dove?
:- Una mano qui, l'altra qui dove sto indicando.
Si era messa in piedi, dietro di me. Con la testa le sfioravo la pancia.
Poggio le mani sul pianoforte.
:- Ora scusa, ma altrimenti non so fartelo capire.
Posa le sue mani sulle mie, e insieme iniziamo a toccare qualche nota.
Brividi. Aveva le mani morbide, calde, delicate. Continuiamo a tenerle così, le sue sulle mie, mentre mi insegna a mantenere il tempo. Era davvero bello, tutto questo. La sua voce calma, pacata. Limpida. Era proprio dietro di me, magari mi abbracciava...
:- Con questa mano, sinistra, mantieni il tempo, con l'altra proviamo a fare qualcosa.
Toglie le mani dalle mie. Io le tolgo dal piano. Continuando ad appoggiare la pancia sulla mia testa, mi insegna una piccola cosa, un esercizio per provare. Aveva una maestria nel suonare bellissima. Sfiora le note del piano, era bravissima.
:- Ora prova tu.
Ero molto impacciato, mi confondendo con i tasti.
:- Metti l'indice qui, il medio qui sopra e il pollice a destra.
Non ero molto capace, perciò poggia di nuovo la sua mano sulla mia, e insieme svolgiamo l'esercizio, circa tre volte. Poi provo a farlo da solo. Lei si siede di nuovo. Io continuo ad esercitarmi, lei aggiunge suoni. Una specie di duetto, un medley. Quella roba li.
Era divertente suonare insieme.
:- Bene, quando riuscirai ad avere due mani contemporaneamente sul piano e suonare senza intrecciarti, vuol dire che ho fatto un buon lavoro.
:- Dubito di essere capace.
:- Ti prometto che ce la farai. Ho preso questo impegno ed è una sfida con me stessa. Con le buone o con le cattive ti insegnerò a suonare.
:- Spero solo di non deluderti.
:- Scemo. Ora vieni a mangiare, continuiamo dopo.
Si alza dalla sedia, si avvia in cucina. Io la guardavo, l'avrei abbracciata da dietro senza mai lasciarla. L'avrei stretta a me. Ma non potevo, non ora.
..
Prendo due tovaglioli dal mobile, taglio due fette di torta e nel frattempo accendo la tv. José si siede, poi prende il telecomando e gira fra i canali. Preme su Premium Sport, davano proprio ora il servizio del Napoli della partita di ieri. Sorrideva quando ha visto il suo gol, poi mi guarda.
:- Ringrazia Donnarumma se sei qui. Gli faccio una smorfia.
:- Sono stato bravo, fino alla fine.
:- Abbastanza.
Mi guarda un po' scettico. Gli porto la torta, e gli stritolo la guancia.
:- Ma certo che sei bravo guerriero andaluso.
Mi sorride, e assaggia la torta.
:- Com'è? Gli chiedo, mentre lo guardo.
:- È buonissima.
:- Seriamente, sto ancora imparando con la pasticceria. Ti piace davvero?
:- Si, è molto morbida.
L'assaggio anche io, in effetti era deliziosa.
Erano circa le sette. Continuiamo a rimanere seduti a tavola.
:- Continuiamo la lezione?
:- Si, però prima mi fai un favore?
Non sapevo cosa aspettarmi, ma rispondo di sì.
:- Mi suoneresti la tua canzone preferita?
Gli sorrido, poi lo accompagno di nuovo al pianoforte. Ci sediamo, stavolta io al centro, lui a sinistra.
:- Guarda, nel frattempo che ascolti.
Gli faccio l'occhiolino. Giro le pagine sul quaderno per cercare lo spartito, poggio le mani sul piano. Sospiro, inizio. José sorrideva, credo che piacesse davvero la melodia.
Continuo a suonare, ero quasi a metà canzone che il mio cellulare vibra. Ma non rispondo, chiunque fosse. Non importa, volevo prima finire la canzone.
Arrivata alle battute finali, José si complimenta.
:- Sei davvero bravissima, complimenti.
:- Grazie mille.
Prendo il cellulare, accendo il display.
Era un messaggio di Matteo, un altro ragazzo della palestra. Era l'istruttore del corso di TotalBody.
:- Ei ciao, come stai?
Guardo José, che abbassa lo sguardo fingendo non gli importasse nulla. Invece, secondo me, gli importava e come. Rispondo al messaggio.
:- Ciao, tutto bene grazie. Tu?
:- Io tutto ok. Senti, ti volevo chiedere una cosa. Stasera io, Marco, Daniele, Michela e Simona andiamo a farci un giro. Vuoi venire, o hai da fare?
Guardo José, che aveva spiato il cellulare. Non sorride, era diventato di ghiaccio. Che scemo.
:- Mi piacerebbe tanto, ma stasera sono impegnata. Sarà per un'altra volta, grazie ancora.
:- Oh..beh, va bene. Ci vediamo, ciao.
Continua a tenere lo sguardo abbassato. Non sapevo che fare. Gli mostro il messaggio che avevo inviato a Matteo. Prende il mio cellulare fra le mani, scorre nella conversazione. Gli sussurro qualcosa all'orecchio.
:- Va meglio, ora?
:- Si..scusa.
:- Fa nulla, lascia stare.
I nostri volti erano vicini. Le labbra. Gli occhi. I nasi. Mi alzo, prima che sia troppo tardi. Non prova a fermarmi, non mi sfiora. Meglio, mi fa piacere non prendesse strane iniziative.
Lui rimane seduto, prova a suonare qualcosa da solo. Io ero andata in bagno, quando torno e lo vedo che si dilettava con il piano mi sentivo compiaciuta. Cresce un Piccolo pianista spagnolo. Un calciatore, un amico. E chissà poi cosa più.
Mentre eseguiva gli esercizi che avevamo svolto insieme, da dietro, Poggio le mani sulle sue spalle.
Lui si ferma, alza la testa e mi guarda.
Non so cosa Cazzo stessi facendo. Cosa mi passa in quel cervello stupido che ho.
:- Mi fai il massaggio dell'altra volta?
Mi chiede, con gli occhi dolci. Aveva uno sguardo davvero carino.
:- In sede, te l'ho detto.
:- Per favore, ti prego.
Mi sorride, poi continua.
:- Ti prego, ti prego, ti prego.
Annuisco. Andiamo sul divano. Lui seduto, io in piedi. Poggia la testa sulla spalliera, guardando in su. Io metto le mani dietro la sua nuca, inizio a massaggiare il collo, le spalle. Il viso, le mascelle. Aveva chiuso gli occhi, io continuo col mio lavoro. Li riapre, e mi fissa. Io ricambio il suo sguardo.
Un po' come se fosse un gioco, il primo che non riuscisse più a guardare l'altro.
:- Va bene, ora?
:- Benissimo, grazie.
Mi fermo.
:- Mi accarezzi le guance?
Dio, non so se ci stesse provando o meno. Erano le otto e un quarto, circa. Dovevo prepararmi per la sera, fu la prima cosa che pensai.
Poggio le mani sulle guance, gliele accarezzo dolcemente. Nel frattempo che mantengo le dita sulla sua pelle, mi invento la mia genialata Per uscire da quella situazione.
:- Devo prepararmi per stasera, altrimenti faremo tardi.
:- Va bene, come vuoi. Ti aspetto qui.
:- Ok, faccio presto.
:- Ei, signorina. Ti porto in un bellissimo posto, ti va di metterti qualcosa di elegante?
Imbarazzo totale.
:- Ehm... elegante quanto?
:- Un vestitino, o quel che ti pare.
Se avessi messo un vestito, si sarebbero visti i segni sulla pelle. Altrimenti dovevo mettere un completo, ma era troppo estivo. In crisi, totale.
:- Beh, ecco ..
:- Non hai un vestito?
:- Si, il problema è un altro.
:- Sarebbe?
:- Non te lo posso dire, però Non mi sento a mio agio con i vestiti corti.
:- Continuo a non capire, ma non importa. Scegli quello che vuoi.
:- Scusa.
Si alza in piedi, mi superava di qualche centimetro. Eravamo vicini, temevo il peggio. Ero un Po'preoccupata, ora.
Sussurra qualcosa, mentre con la fronte sfiora la mia.
:- Scegli quello che vuoi, che sei bellissima comunque.
Indietreggio immediatamente, accenno un sorrisetto e mi chiudo in camera.
Mi siedo sul letto. Ora cosa mettevo? Non volevo "deluderlo". Apro l'armadio, guardo tra le stampelle se c'era qualcosa di carino.
In effetti, ora che ci penso, c'era un vestito. Era un tubino, nero. Magari, con una giacca sopra avrei coperto le braccia, e per le gambe avrei indossato le calze nere. Provo la mise e mi guardo allo specchio. In effetti non si vedeva nulla, se non il collo. Ma di quello Non mi importava.
Esco dalla stanza, guardandomi ancora per vedere se fosse tutto perfetto.
:- José, sto bene così?
Rimane sconcertato, sorpreso.
:- Cazzo, sei stupenda.
:- Si, certo. Faccio mentre continuo a mantenere lo sguardo abbassato.
:- Davvero, sei bellissima.
Gli accenno un sorriso, poi torno in stanza per finire di prepararmi. Spengo le luci, prendo il cellulare e torno in soggiorno da Callejon.
Ci avviamo verso la porta di casa. Lì avevo uno specchio grande, lungo.
:- Ti va di fare una foto? Mi guarda.
:- Si, dai.
Prendo il suo cellulare, lui si mette quasi dietro di me.
Oh, che persone carine che eravamo.
:- Posso modificarla come voglio? Gli chiedo mentre continuo a guardarla.
:- Fai quello che vuoi.
Chiudo la porta. Mentre siamo in auto, mi diverto con l'App per perfezionare la foto. Poi Gli arriva un messaggio. Aveva il silenzioso, non se ne era accorto. Guardo la schermata principale, era una ragazza. Ma non sapevo chi fosse.
Non so se provassi rabbia, timore..o gelosia.
:- Ti è arrivato un messaggio.
:- Chi è?
:- Alessia.
:- Ah, lascia perdere.
:- Chi è, la tua spasimante?
Glielo dico scherzando, ma la sua risposta mi sarebbe servita per valutare quanto fosse serio questo tizio.
:- No, scema. È la sorella di un mio amico, quello di Euronics. Sai, spesso noi siamo dei testimonial. E la sorella del proprietario mi scrive sempre.
:- Ah, capito.
Già perché aveva inviato una faccina col bacio, si stavano rigirando i miei organi.
Non so perché mi desse fastidio, però solo io potevo mandare delle emoticon simili a José!
Ora dovevo indagare su Calleti. Se mi avesse preso in giro, avrei perso il controllo. In effetti ero molto sorpresa, e c'ero rimasta male. Non potevo leggere la chat, però mi sono sentita messa in dubbio. Se questo numero sette fosse davvero Un bravo ragazzo, o l'ennesimo bugiardo.
Finisco di modificare la foto, la Salvo e chiudo il display, tenendo fra le mani i nostri due cellulari.
Non dico una parola, ero molto silenziosa. Ogni tanto lui mi guardava, Poi prova ad aprire un discorso.
:- Mi è piaciuta molto la lezione di oggi.
:- Bene.
:- Quando la prossima?
:- Non lo so.
:- Un'altra scommessa? Che dici, se segno in Coppa Italia?
:- Va Bene.
Rimane stupito dalle mie frasi Corte e spezzate.
:- Ei, perché stai così, che hai ?
Non potevo dirgli che fossi infastidita da questa Alessia. Mi invento una bugia, una delle tante.
:- Niente, ho appena avuto una discussione con una mia amica.
:- Perché?
:- Nulla di importante.
:- Sicuramente c'è qualcosa sotto. Dimmi.
Elaboro un trabocchetto, che mi avrebbe fatto capire tante cose, stasera.
:- Secondo lei io mi approfitto di te, sono falsa. Non faccio che prenderti in giro solo per avere notorietà, e che nel caso io e te fossimo fidanzati, non farei che mentirti ed essere una pessima ragazza.
:- Ma che Cazzo di problemi ha. Tu non hai mai approfittato di me. Sono io che ti porto ovunque, Perché te lo meriti. Non sei falsa, sei la persona più buona del mondo. Non sei il tipo di ragazza che vuole mettersi in mostra, anzi. E semmai fossimo insieme, so per certo che mi tratteresti come un Re, io come una Regina. Lasciala perdere, tu sei perfetta così.
:- Davvero pensi tutto questo?
:- Si, lo penso sul serio. E dovresti pensarlo anche tu.
:- Grazie.
Gli accarezzo la guancia. Poi mi fermo. Lui sorride.
Ero soddisfatta, ma non del tutto!
..
Mi aveva portato in un bellissimo ristorante di Napoli, a Posillipo. Una zona un pò chic, non della mia portata. Mi sentivo un pò a disagio, ma non potevo di certo digli questo.
Mi accompagna al tavolo che aveva prenotato. Il locale era costernato di persone importanti, donne e uomini di una certa classe.
Ci sediamo, uno di fronte all'altro.
In questo momento, oltre a sentirmi non a mio agio, ero sconcertata per quella chat di José. Lui non era il mio ragazzo, però boh. Stavo esagerando sicuramente, ma mi sentivo strana. Con lui. Parliamo un pò prima che i il cameriere arrivasse. C'era molte persone prima di noi.
:- Ei, a che pensi? Mi chiede, tenendosi il mento con le mani.
:- Nulla, non penso a niente.
:- Ci sarà una volta in cui non mi mentirai?
:- Più in là, forse.
:- Me lo dici a che pensi ?
:- José, a niente. Tranquillo.
:- Non mi farai mai stare tranquillo.
:- Hai altro a cui pensare, no? ..
:- Ho il calcio, ho la mia famiglia, i miei amici, e la persona a cui sono legato tantissimo.
:- ..Sarà. Gli faccio una smorfia, come per dire "Credo molto alle tue parole, certo. "
:- Non mi credi?
:- L'ultima volta che ho creduto a Qualcuno è stato tre anni fa, quindi.
:- Ti dimostrerò davvero quanto ci tengo a te.
:- Non fare false promesse.
:- Mantengo le promesse, lo sai.
:- Mangiamo ora, è meglio.
In verità non parliamo molto, io non sapevo che dire, lui come iniziare il discorso. Quando il cameriere porta il conto, ci riguardiamo. Velocemente provo a prendere i soldi dalla borsa, ma lui è più veloce di me.
In disagio, parte 1929492.
Usciamo dal locale. Camminiamo un pò. Si stava bene, non faceva molto freddo.
:- Grazie, ancora una volta.
:- Non preoccuparti, non è nulla.
:- Era bello il locale che hai scelto ..
:- Si, era un qualcosa di lusso. Dovevamo festeggiare al meglio la mia prima lezione.
:- Gia, hai ragione. Come sono come prof?
:- Perfetta.
:- Che scemo che sei.
:- Davvero, sei brava. Sei dolcissima, non metti ansia o pressione.
:- Sono di natura così. So cosa vuol dire stare dall'altro lato, Quindi non posso arrabbiarmi.
:- Esattamente ..e io come alunno come sono? ..
:- Sei stato bravissimo.
:- Grazie Chià.
:- Di che, per così poco
:- Domani mattina dobbiamo lavorare di nuovo..
:- Si, torniamo alla nostra vita. Soprattutto martedì c'è il quarto di finale per la Coppa Italia.
:- Mi dai ancora lezioni se segno?
:- Si.
:- Altrimenti?
:- Altrimenti se ne parlerà. Gli faccio una smorfia.
:- Quando vuoi, possiamo fare spagnolo.
:- Si, certo. Ora che riusciamo ad organizzarci, studieremo insieme.
:- Non vedo l'ora. Mi fa una faccia dolce.
Mentre camminiamo vicini, notiamo due figure a noi note. Ma si, Luigi Sepe e Lorenzo Insigne con le mogli.
Dio, anche qui. Ora. Non dico Lorenzo, perché era davvero divertente, ma Luigi era insopportabile. C'era sua moglie con lui, un pò troppo bella per lui. Ma non mi importava, ora dovevo superare quel tratto di strada a testa alta, anche se mi riusciva difficile.
Sussurro qualcosa ad José.
:- Che Facciamo ora?
:- Andiamo avanti, se succede qualcosa parlo io.
Eravamo molto vicini, le braccia si sfioravano. Anche le mani.
:- Oh,chi si rivede. Fa Luigi, mentre stringeva la mano di sua moglie.
Ci presentiamo velocemente, poi immancabile perla di Sepe.
:- Amò, questa è la fisioterapista rompico****ni di cui ti parlavo.
Mi sale il sangue al cervello, però José prende subito la parola.
:- Invece è la ragazza più dolce che esista. Ora continuiamo la nostra passeggiata, ci vediamo domani.
Accenno un freddo ciao agli altri, mentre José era già qualche passo avanti. Accelero per essere al suo passo.
:- Grazie mille, davvero.
:- Non sopporto più che ti trattano così.
:- Figurati io. Non posso neanche reagire che mi licenziano.
:- Che ti importa, vuoi farti trattare così a vita?
:- No, ma devo pagare casa e tutte le spese. Quindi non posso permettermi una cosa simile.
:- Oi, se hai problemi di soldi..
:- No, non esiste.
:- Voglio solo darti una mano se serve, tutto qui.
:- Lo so, ma già mi sento a disagio
:- Ah, ancora con questo discorso. Tu non devi sentirti a disagio di nulla.
:- Non so come ringraziarti.
:- Vuoi sapere cosa devi fare per me?
:- Bada a ciò che chiedi.
:- Perché stasera eri incazzata a cena?
:- Per nulla.
:- Dai, dimmi la verità!
:- Non urlare, ti prego.
Mi riaffiorano in mente le urla di Simone, la maggior parte delle ultime notti passare a litigare, e a prendercele ...
:- Non urlo, ma voglio sapere la verità, ora.
:- Va bene, va bene. Niente, il messaggio dell'amica tua, Alessia, mi ha lasciato un Po' sconcertata.
:- Gelosa?
:- No, però non pensavo parlassi con altre ragazze così.
:- Tra me e lei non c'è nulla.
:- Scusa, è che ogni tanto ho questi pensieri.. alla fine io non sono la tua ragazza.
:- Sei l'unica persona che non farei mai soffrire.
:- Mi tratteresti come una Principessa, no ?
:- Come una Regina, ben di più.
Divento rossa, abbasso lo sguardo. Sentivo le dita di José avvicinarci alla mia mano. Per un minuto stavano per incrociarsi e stringersi, poi lascio la presa.
Torniamo in auto.
Non diciamo una parola, rimaniamo silenziosi per tutto il tempo. Sentivo i suoi occhi posarsi su di me, io ero girata verso il finestrino.
Mi accompagna a casa, spegne l'auto.
Ci guardiamo, sorridiamo.
:- Scusa per prima, mi sono lasciato trascinare.
:- Tranquillo, è stata una cosa dolcissima.
Appoggia la mano sulla mia guancia. Indietreggio. Le mani sul mio viso, non sapevo ancora sopportarle.
:- Scusa José.
:- Posso chiederti una cosa?
:- Si.
:- Perché non ti lasci abbracciare, sfiorare, accarezzare?
Guardo dritto. Mi stringo le mani, non volevo piangere.
:- È una storia lunga.
:- Quando mi racconterai qualcosa?
:- Non lo so.
:- Rimani un tipo complicato!
:- Non sono fatta per tutti.
Esco dall'auto in malo modo, lui mi segue. Era dietro di me. Mi scende qualche lacrima. Si avvicina, sussurra al mio orecchio "scusa".Poi una frase attira l'attenzione.
:- Non voglio vederti piangere.
:- Allora non sono il tipo per te.
:- Stai a sentirmi. Tu sei una ragazza perfetta, e io voglio aiutarti per farti tornare il sorriso. Tu sei bellissima.
:- Smettila Di farmi complimenti.
:- No, non la smetterò mai.
Si mette davanti a me. Con la mano mi alza il mento.
:- Stai fermo!
:- Cazzo, non ti si può toccare che urli!
Cosa sentivano le mie orecchie.
Rimango così, ferma. Scendevano lacrime ma piangevo silenziosamente. Prendo le chiavi dalla borsa, apro il portone e mentre stavo per chiuderlo ne impedisce la chiusura.
:- José, vai via ora.
:- No, aspetta. Ti voglio parlare.
:- Se cerchi la ragazza che ti cade ai piedi solo perché sei ricco e bello, io non sono quel tipo!
:- Non volevo dire questo, non andare via.
:- Ti ho detto tante volte che non devi sfiorarmi, tu insisti.
:- Credevo che non dovevo baciarti, ma non accarezzarti o che.
Mi siedo sulle scale, con le mani mi reggo la testa.
Si siede anche lui, qualche scalino sotto al mio.
:- Sei arrabbiata ancora?
:- Si.
:- Cosa posso fare per farmi perdonare?
:- Niente.
Mi sorride.
:- Sei la ragazza più enigmatica che abbia mai conosciuto. Ma sei stupenda.
Non mi convincono le sue parole, continuo a non dargli importanza.
:- Ora salgo a casa.
:- Ti prego, stiamo ancora un po' insieme.
:- Così puoi dire che sono complicata, bugiarda e infastidirti che non puoi sfiorare la mia pelle? No, grazie.
:- Cazzo, non volevo offenderti! Ma non ho mai visto una ragazza così, che non si fa neanche accarezzare!
Mi alzo di scatto, prendo la mia borsa e salgo a casa, senza salutarlo.
Lui sbatte con violenza il portone, va via.
Ero furiosa. Ma che Cazzo aveva in mente questo numero Sette? Forse era l'ennesimo che approfitta della mia bontà per ottenere qualcosa in cambio!? La promessa del non sfiorarmi, parole al vento?
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Sei tu il mio Re, io la tua Regina. ||José Callejón||
FanfictionIntro. La mia seconda storia verte su Chiara, alle prese col nuovo lavoro da fisioterapista nella società partenopea. Non è la classica ragazza che si lascia convincere al primo appuntamento, alle prime smancerie. La storia precedente è finita m...