Capitolo 24

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Non mi era mai piaciuto recitare sin da quando ero piccola e soprattutto adesso che a scuola mi avevano chiesto di interpretare la parte di Giulietta in "Romeo and Juliet".
Inizialmente pensavo fosse una pessima idea ma poi pensandoci bene forse potevo guadagnarmi punti per diventare rappresentante di istituto. Okay, potevo sembrare una squilibrata ossessionata ma se lo facevo era per due motivi.
Il primo era principalmente per il fatto che avevo sempre desiderato diventare rappresentante e avere comunque un certo "potere" all'interno della scuola per cercare di migliorarla. La seconda ragione era la principale: dovevo battere Cameron e non dargliela vinta. Infondo lui finora non aveva fatto un granché e io ero già a buon punto. Insomma, non volevo che lui, vincendo, facesse di me tutto quello che voleva.

Ritornando a noi però c'era un problema: Romeo era interpretato da lui.

«Sono più che sicura che puoi farcela. Adorerò la sua faccia quando saprà di aver perso.»
Disse Michelle.

«Anche a me piacerà, ci puoi giurare.» sibilai con un sorriso sinistro. Anche se ero andata a letto con lui, per me, non era cambiato niente.

****

Io e Cameron ogni giorno provavamo per lo spettacolo e non posso di certo omettere il fatto che per cose banali litigavo con lui. Lo ammetto, ero io a stuzzicarlo.

Un giorno mentre provavamo gli avevo tirato apposta addosso le mie scarpe con il tacco dicendogli che non lo avevo fatto di mia spontanea volontà ma che stavo inciampando.

Lui mi aveva aggredita e lì mi era nato un istinto omicida violento; però meglio se tralasciamo.

Adesso ero sopra il palco insieme a lui che stringeva la mia vita con tenacia. Sotto di noi era gremito di persone, sentivo le loro urla. Noi eravamo ancora dietro il sipario.

«Non essere nervosa, culona.»

«Vuoi smetterla o no di chiamarmi in quel modo? Fai ribrezzo.»

«Ehi, non è colpa mia se hai un bel culo.»

Lo spettacolo procedette a meraviglia. Anche il bacio era andato bene. Diciamo che si era preso il dito con tutta la mano perché mi aveva anche palpato il sedere. Io infatti dopo essermi staccata gli avevo lanciato un'occhiataccia.

****

Per tutti i giorni seguenti non ci eravamo minimamente calcolati, non perché fosse accaduto qualcosa ma semplicemente ci ignoravamo senza ragioni.

Quando la sveglia trillò come ogni mattina mi alzai e dopo essermi lavata mi vestii: una maglietta rosa antico in pizzo, jeans neri e le superstar. Solita routine.

Scesi le scale. Di sicuro Cameron era già sveglio, infatti lo trovai in cucina a mangiare i cereali.
«Buongiorno.» mi salutò di buon umore, ma io lo ignorai palesemente e a lui questa cosa diede fastidio a tal punto che due secondi dopo mi ritrovai piegata sul bancone e lui che mi teneva premuta la schiena su di esso con notevole insistenza.

«Sai che odio quando non mi saluti, Naomi.» sibilò vicino al mio orecchio.
«Non mi riguarda.» dissi disinteressata, con voce attuita dalla mia bocca spiaccicata sul tavolo.
«Sei una...» si trattenne dall'insultarmi, chissà perché, e mise una mano sul mio sedere facendola scendere pian piano fino al mio interno coscia. Per fortuna che avevo i jeans addosso.
Naomi, perché parli sempre così presto?

In un batter di ciglio i miei pantaloni giacevano a terra insieme alle mutandine.
La sua ruvida mano dopo avermi accarezzata sferrò uno schiaffo al mio sedere con un pò troppa forza.

La testa schiacciata ancora sul bancone iniziava a dolermi.
«Perché non mi dai mai ascolto? Non voglio farti del male, anche se l'idea mi eccita.» sadico di merda.
Cominciò ad accarezzare la mia parte più sensibile con delicatezza. «Che ne dici se ti scopo con qualcosa di più grande delle mie dita.» non appena l'ultima parola fu uscita dalla sua bocca ritrovai il suo indice e medio dentro di me a pompare velocemente.

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