Nuvole bianche come lo zucchero filato, il cielo limpido come non mai e un sole raggiante e accecante.
«Nao, corri a giocare!» mi invitò mio fratello Willie che intanto scavava felice con la sua paletta blu. Corsi subito verso di lui, bruciandomi i piedi per l'alta temperatura della sabbia. Il sole era davvero qualcosa di bello, ma anche di fastidioso a volte.Mi sedetti accanto a lui e presi la paletta rossa accanto a me e lo imitai creando così un enorme fossa. Successivamente andai da mio padre, sdraiato su un telo azzurro che guardava le persone che facevano capriole sulla sabbia bagnata e ci teneva sotto controllo in caso ci venisse la fantastica idea di allontanarci dal nostro ombrellone.
«Papà, papà! Metti dell'acqua nel secchiello?» domandai euforica, porgendogli il secchio. Guardò prima me, poi mamma e sorrise alzandosi. Battei le mani contenta e tornai da Willie mentre papà tentava di riempire d'acqua il secchiello.
«Naomi non stare troppo al sole o ti scotterai!» mi avvisò mia madre e subito mi volta verso di lei che aveva uno sguardo preoccupato. Tornai con lo sguardo su Will e il cuore mi si fermò quando precipitò giù nella fossa come se quest'ultima si fosse trasformata in un pozzo infinito.
«Nao!!» cercò aiuto ma non potei fare nulla oltre che allungare la mano verso di lui. Mi si creò una voragine al petto e un amaro in bocca che mi faceva venire voglia di rigurgitare il pancarré che avevo mangiato qualche ora prima.
Era una sensazione bruttissima vedere il proprio fratello in pericolo e non poter fare nulla per aiutarlo. Cominciai a piangere sentendomi una stupida per non aver fatto abbastanza per salvarlo. Dopo pochi minuti arrivò mio padre che guardò la fossa e poi me. «Sei una delusione! Non hai fatto abbastanza per salvare tuo fratello!» mi incolpò senza alcuno scrupolo ma in fondo aveva ragione. Gridai e gridai per non so quanto tempo, disperata. Corsi da mia mamma che mi rifiutò anche lei e rimasi sola, in un angolino della spiaggia a piangere la morte di mio fratello fin quando una mano toccò la mia piccola e minuta spalla. Alzai lo sguardo verso una figura nera incappucciata. «Delusione, delusione, delusione, delusione..» ripeté insieme ad altre identiche figure che apparivano velocemente dietro di lui ripetendo la stessa sua cosa creando quindi un eco insopportabile. «Basta!»
«Basta!»
«Naomi!» urlò mia madre scuotendomi dalle spalle interrompendo il mio incubo.
«È solo un incubo, tesoro» mi rassicurò stringendomi a sè.
Tutto questo andava avanti ormai da un anno, sì, da quando avevo sedici anni. Non ne potevo più, ogni notte era sempre tutto uguale e incubi di questo tipo non volevano lasciarmi in pace; mi perseguitavano da quel giorno che non voglio minimamente ricordare.«Non puoi andare avanti così, devi dimenticare. Ti stai rovinando la vita in questo modo, è già passato un anno e devi rassegnarti. Il tempo guarisce tutte le ferite.» che commento ipocrita da parte sua.
«Tu non capisci. Come puoi dire una cosa del genere di mio fratello, di tuo figlio, sangue del tuo sangue! È stato così facile per te, anzi per voi, dimenticarlo?» gridai più che potevo. Non potevo crederci: parlava come se non fosse neanche suo figlio. Evidentemente aveva impiegato ben poco a scordare tutto. Uno schiaffo non tardò ad arrivare e appena spalancai gli occhi per la sorpresa li richiusi subito per la luce accecante di quella mattina di ottobre. «Non osare mai più rivolgerti a me in tale modo e ad usare queste parole. Sei una delusione» ripetè le stesse parole che mio padre e quegli uomini incappucciati mi avevano detto più e più volte.Appena sentii quest'ultima frase gli occhi mi si riempirono di lacrime e dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per non piangere e urlarle contro quanto la odiassi.
«Ah e vai a prepararti perché fra mezz'ora papà ti accompagna in aeroporto» concluse come se nulla le importasse. Ma d'altronde cosa dovevo aspettarmi? Che mi dicesse di non partire perché gli sarei mancata? No, non me lo aspettavo minimamente. Infatti per questo volevo andare a vivere da sola: non mi davano più le giuste attenzioni, erano così superficiali e rigidi dalla morte di Willie. Oltre questo volevo andare a vivere da sola e responsabilizzarmi in un certo senso. Non volevo che mi spedissero soldi per pagarmi l'affitto, avrei trovato lavoro in qualche negozio o chissà dove. L'importante era riuscire a sopravvivere.
STAI LEGGENDO
Submitted
FanfictionCosa accadrebbe se una giovane ragazza proveniente da Manhattan dovesse trasferirsi a Londra, città nella quale dovrà vedersela con il suo più grande incubo dal quale non potrà fuggire? Riuscirà a sopportarlo nonostante la sua arroganza e prepotenza...