Ho pubblicato di nuovo il capitolo 28 perché alcune ragazze mi hanno detto che non riuscivano a leggerlo.
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«Lo sai che sei la mia piccola, vero?» chiese accarezzandomi i capelli. «Sì.» sussurrai accovacciandomi più vicina a lui.
Sorrise.
Dopo pochi minuti di silenzio parlò nuovamente con voce roca.
«È per questo che non voglio che ti avvicini ai miei amici.»
Quando pronunciò quelle parole sbuffai.
«È mai possibile? Mi spieghi perché non posso neanche parlare con i tuoi maledetti amici? Cos'hanno che non va?»
«Naomi, vuoi capire che te lo dico solo perché loro si approfitterebbero di te? Cioè, vorrebbero solo tu sai cosa.» mi rispose stringendomi leggermente più forte le spalle.
«D'accordo Will.» dissi sospirando. Stava diventando troppo protettivo con il passare del tempo, e io non lo sopportavo.****
Avete presente quella sensazione allo stomaco quando ricevete una bellissima notizia e non potete fare a meno di sorridere? Ecco, mi sentivo in quel modo.
Per tutte le due settimane seguenti agli avvenimenti precedenti non avevo fatto altro che sorridere. Cam era diventato un'altra persona, si era completamente trasformato. E non riuscivo a spiegarmi come fosse possibile; non era vero che se non si può cambiare. Se si vuole, si può.
Ero distesa sul letto a pancia in su con il cellulare, a ripensare a tutto ciò che era successo. Ero felice, felice che finalmente avesse preso la strada giusta. Non volevo più rivedere il suo lato aggressivo.
Mi risvegliai dai miei pensieri quando sentii il campanello di casa suonare. Sobbalzai sul letto, esageratamente parlando, chiudendo gli occhi un una fessura per lo spavento. Mi misi una mano sul petto riprendendo a respirare regolarmente. Dopo aver infilato le pantofole ai miei piedi mi decisi a scendere le scale per andare ad aprire il portone d'ingresso.
Erano le sette del pomeriggio ed ero completamente. Di Cameron non avevo nessuna notizia, era uscito qualche ora fa dicendomi che sarebbe andato a fare una passeggiata con i suoi amici, anche se a me non sembrava in vena di una passeggiata perché era un pò nervoso, ma lasciai correre. Era sicuramente a disagio per il nostro nuovo rapporto e lo capivo perché anche io lo ero. Insomma, cambiare entrambi comportamento da un giorno all'altro non era una cosa molto normale.
Addosso avevo soltanto un paio di leggings grigi e una maglietta scollata bianca. Faceva molto caldo anche se era inverno, perché comunque il sole batteva su casa mia dall'alba fino al tramonto.
Aprii la porta e aggrottai le sopracciglia creando un solco tra di esse alla vista davanti ai miei occhi.
Un ragazzo alto era davanti a me, con il fiato corto e con uno sguardo stremato, era forse sui diciotto anni. Aveva i capelli biondo scuro, gli occhi, per quello che riuscivo a vedere, erano castani. Aveva l'aria di chi aveva appena concluso una maratona.
«Ehm...tu saresti?» chiesi confusa continuando a fissarlo. Lui dopo aver finalmente ripreso fiato mi porse la sua mano. «George Brook.» disse sorridendo. Gli strinsi la mano con la mia e sorrisi leggermente.
«Naomi Campbell.» risposi.
«Sei tu.» sussurrò tanto piano che a malapena lo sentii. Sono io? Che voleva dire?«Posso entrare?» mi chiese. «È urgente.» mi supplicò con lo sguardo.
Annuii anche se incerta, ma poi lo feci passare. Che cosa poteva mai volere da me?
Andammo nel salotto, lui che mi seguiva, ci sedemmo sul divano.
Pochi secondi dopo iniziò a parlare. «Hai il diritto di sapere.» disse passandosi una mano tra i capelli. Sapere cosa?«Scusa, sapere quale cosa?» gli chiesi appoggiandomi allo schienale del divano.
«Devi conoscere tutta la verità su..» non finì di parlare perché suonarono il campanello d'ingresso. Presi un respiro e mi alzai dirigendomi verso la porta. La aprii e ne spuntò Cameron. «Ciao, piccola.» mi baciò le labbra e poi mi strinse contro di sé. «Ehy.» lo salutai ricambiando il bacio in modo appassionato.
Mi strizzò il sedere con le sue mani.
«Ho tanta voglia di sc-» iniziò a dire, ma lo interruppi. «No.» mi guardò stranito e io lo portai nel soggiorno dove si trovava quel misterioso ragazzo. Non appena lo vide si irrigidii leggermente. Mentre George lo guardava completamente indifferente e con una punta di...strafottenza?
«Uhm..Cameron, lui è George.»
Si fecero entrambi un cenno con il capo sorridendosi leggermente.«Che cosa ci fai qui?» gli chiese Cameron stringendo in modo più che possessivo il mio fianco, fino a quasi farmi male.
George si passò tranquillamente una mano tra i capelli e poi si decise a rispondere.
«Sono venuto a trovare Naomi.» gli sorrise ignaro della rigidità di Cam. Ma se nemmeno lo conoscevo.Ci furono alcuni minuti abbondanti di silenzio, poi Cameron ribattè nuovamente.
«Temo che dovrai venire un'altra volta. O magari è meglio che non vieni più.»«Ehm..Cameron, mi stava solamente raccontando una cosa. Non credo che sia molto grave.» parlai toccandomi i capelli per la troppa tensione.
Era molto geloso devo ammettere.
«Naomi..» sospirò iniziando ad arrabbiarsi.
George senza ribattere si alzò e si avvicinò a noi. Guardò Cameron con uno sguardo indecifrabile e poi rivolse la sua attenzione a me, sorridendo.
«Allora ci vediamo un'altra volta, Naomi.» disse tentando di lasciarmi un bacio sulla guancia, ma Cameron gli bloccò il braccio con aria di sfida. George, però, mi lasciò lo stesso un bacio delicato.
«Okay.» sussurrai alzando i lati delle labbra in un leggero sorriso imbarazzato, ero sicuramente dello stesso colore di un pomodoro.
Sapevo che Cameron si stava trattenendo dal riempirlo di calci e pugni e glien'ero più che grata; non volevo casini.Dopo questo si strattonò dalla presa di Cameron e se ne andò a grandi falcate scomparendo dietro la porta d'ingresso che venne poi sbattuta.
Che diamine era appena successo?
«Cameron..» cominciai a parlare, però la sua mano mi tappò la bocca. «Stai..in silenzio.» mi sussurrò con voce roca all'orecchio provocandomi la pelle d'oca.
Speravo non se la sarebbe presa con me.
Gemetti quando portò la mano calda sul mio collo stringendolo appena.
Ero sicura che questo suo lato masochista non lo avrebbe mai abbandonato, o magari con il tempo avrei potuto fare qualcosa.
«Perché non obbedisci mai?» tentai di parlare, ma purtoppo la sua mano che tappava la mia bocca non era molto di aiuto e mi impediva di dire la qualsiasi cosa.
Tenendomi appiccicata al suo corpo mi aiutò a salire le scale per andare al piano di sopra. Mi dimenai; non c'era nulla da fare se non aspettare per vedere ciò che mi avrebbe fatto.
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FanfictionCosa accadrebbe se una giovane ragazza proveniente da Manhattan dovesse trasferirsi a Londra, città nella quale dovrà vedersela con il suo più grande incubo dal quale non potrà fuggire? Riuscirà a sopportarlo nonostante la sua arroganza e prepotenza...