Capitolo 35

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Arrivammo a scuola, mano per la mano, felici.
Come potevamo, in così poco tempo, essere cambiati per poi diventare compatibili, combaciare pezzo per pezzo. Certo, ammetto che c'erano incomprensioni, d'altronde come in tutte le coppie, ma comunque niente di così logorante. Prima in lui vedevo soltanto un ragazzo stronzo e strafottente, invece negli ultimi mesi avevo capito che non era così, avevo imparato a comprenderlo, a conoscere i suoi lati bui. E non ne sarei potuta essere più contenta perché lui si fidava di me e io reciprocamente di lui.

Passammo davanti ai molteplici ragazzi della nostra scuola, se prima erano occupati a farsi i fatti loro in quel momento l'unica cosa che li attirava erano le nostre mani intrecciate e i nostri visi sereni come non mai.
Varcammo la porta d'ingresso dell'edificio anche se ancora non era suonata la campanella.

Andammo nei bagni e Cameron mi sollevò con una presa ferrea dai fianchi facendomi sedere sopra il lavandino accarezzando la mia coscia con la mano. Quando eravamo in conflitto da lui mi sarei soltanto aspettata tutt'altro che carezze. Era sempre violento e non faceva altro che trattarmi a suo piacimento per sfogarsi.

E ora dov'è finito quel Cameron?
Chissà.
Forse era un sogno o forse era la meravigliosa realtà, ma volevo comunque godermela finché fosse durata, basta pensieri.
Adesso per ragionare dovevo usare il cuore e non più la testa, dovevo accendere i miei sentimenti e lasciare egoisticamente da parte le preoccupazioni.

Cameron accorciò la distanza tra le nostre bocche fin quando le sue labbra non sfiorarono un paio di volte quelle mie.
«Voglio che questo non finisca mai.» mormorò.

«E non finirà.» replicai infilando le mani tra i suoi capelli peccaminosi.
Quanto mi piaceva questa calma; era vero, dopo la pioggia c'è sempre un arcobaleno.

Spinse la lingua nella mia bocca esplorando ogni angolo di essa.
«Ti amo, Naomi.» disse, al mio orecchio, in un sussurro flebile, a malapena udibile.

«Anch'io.»

Se pensavo a quello che sarei potuta perdermi se non avessi conosciuto Cameron, mi veniva di sbattere la testa da qualche parte.
Okay, di certo quando lo conobbi non era uno dei migliori, me ne aveva fatte passare Dio solo sa quante e certe cose non erano perdonabili, però scavando più a fondo in quegli occhi nocciola capii che non si trattava solo di un tipo strafottente, a parer mio lui aveva solamente bisogno di qualcuno che lo amasse. Mi aveva raccontato molte volte dei suoi genitori che si dedicavano esclusivamente al lavoro e il loro improvviso viaggio me lo confermò per l'appunto.

Quindi se Cameron si comportava in quel modo doveva per forza esserci un motivo, un spiegazione plausibile, credo.

Uno strillo interruppe i miei pensieri, sussultai. Per poco il cuore non fuoriuscì dalla mia gola.
«Ragazzi, fuori immediatamente da questo bagno o chiamo il preside! Certe cose non dovete nemmeno pensare a farle qui.»
Fu un bidello pelato a farmi venire un quasi-infarto.

Lo odiavo, Dio se lo odiavo.
Faceva sempre il ficcanaso e non lo sopportavo.
Cameron lo fulminò con lo sguardo per aver bruscamente interrotto il nostro momento e mi trascinò via di lì.

«Bidello del cazzo.» sbraitò alzando gli occhi al cielo.
Scoppiai a ridere, era tutto un po' buffo.
Poi Cameron si arrabbiava per ogni minima cosa.

«Ritorneremo presto a quel momento.» dissi leccando il mio labbro inferiore con la lingua per poi fargli l'occhiolino e avviarmi verso la porta per uscire dalla scuola.
Volevo provocarlo, ecco tutto.

D'un tratto mi sentii tirare e mi ritrovai in trappola tra un armadietto e il corpo muscoloso di Cameron.
«Hey tu, moderati. Sai che con me non riesci a fare i tuoi giochetti.» disse con voce roca alzando il lato destro della bocca in un sorrisetto maligno.
Poi avvicinò il suo viso alla mia spalla e con un movimento quasi brusco infilò le mani sotto la mia gonna. Percorse le mie curve con le sue grandi mani ruvide. Arrivò all'orlo delle mutandine bordate in pizzo. Disegnò dei segni circolari sulla mia parte più sensibile sfiorandola appena, la pelle d'oca.

«Non sei più in grado di fare come prima?» soffiò contro il mio orecchio. Misi una mano sulla sua spalla non riuscendo a reggermi in piedi per le eccessive emozioni, il calore interno che cresceva man mano mi logorava sempre più.
Sapevo che non voleva farmi del male, ovviamente, era così, voleva essere lui a dirigere i giochi.

«Ti ho fatto una domanda.» disse baciando la pelle lattea e delicata del mio collo.

«N-no.» balbettai con un accenno di affanno.
La sua mano continuava a esercitare sempre meno delicatezza nel toccarmi, era man mano più rude.

Lo sentii sospirare pesantemente sulla mia spalla prima di morderla e in quel momento gli ormoni impazzirono.
Per l'amor del cielo, Naomi, datti una regolata.
«Non hai la minima idea di quanto vorrei fotterti contro quest'armadietto, adesso.»

Cameron's POV

«Non hai la minima idea di quanto vorrei fotterti contro quest'armadietto, adesso.» dissi queste parole a fatica, la mia pronunciata erezione non era d'aiuto. Sentivo perfettamente che i pantaloni fossero ad un tratto diventati più stretti e scomodi.

Cosa cazzo era in grado di provocarmi quella ragazza.

In un certo senso odiavo l'effetto che aveva su di me.

Il suo respiro diventò improvvisamente più frequente e affannoso, percepii persino il suo cuore avere dei battiti meno regolari.
La controllavo, in tutti i sensi.
E la cosa non poteva che eccitarmi.

«Dopo la scuola andiamo a casa tua, puntuale.» gli sussurrai all'orecchio. Mi allontanai per lasciarla repirare e poi le stampai un bacio sulle labbra prima di sparire dietro un angolo.

Naomi's POV.

Cameron, Cameron e Cameron.

Questo era stato il mio unico e fisso pensiero per l'intera giornata.
Non avevo fatto altro che pensare alle sue labbra carnose e alle sue ultime parole prima di andarsene e lasciarmi sola.

Adesso, invece, ero andata a casa e come promesso ero stata puntuale e lo stavo aspettando.
Sarebbe arrivato da un momento all'altro, perciò mi sedetti sul divano con il cellulare a gironzolare su qualche social network.

Passarono i secondi, i minuti e così un'ora e mezza volò via come niente fosse.

Una sola domanda.

Dove cavolo si era cacciato Cameron?

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