Capitolo 32

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Non ci potevo credere che quel brutto deficiente depravato ci stesse dando dentro a casa mia, nella sua camera ma che comunque non gli apparteneva, in teoria. Ma non poteva trovarsi un altro posto invece di torturarmi immancabilmente la vita?
Il mio respiro aumentò al medesimo ritmo del letto che sbatteva sulla parete dall'altro lato della porta.
La mia gabbia toracica si stava frantumando a causa del mio cuore che batteva troppo velocemente contro di essa.
Strinsi i pugni e poi spalancai la porta sapendo naturalmente che cosa mi aspettava. Erano entrambi nudi e Mini era avvinghiata al corpo di Cameron mentre lui spingeva costantemente contro di lei. Chiusi gli occhi per qualche attimo e non appena furono riaperti loro due avevano rivolto le loro attenzioni su di me. Cameron si era fermato e aveva la bocca semi-aperta e gli occhi spalancati; brevemente, era turbato e sconvolto.

Mi stava facendo quasi credere che fossi io ad essere fuori luogo. Ma scherziamo?

«Uscite immediatamente da casa mia. Ora.» scandii.
Cameron si scostò da quella puttana, perché altro non poteva essere. Mini mi guardò con un aria infastidita e io la fulminai, ero davvero molto arrabbiata per ciò che avevo davanti ai miei occhi. Meglio stare zitti e non provocarmi perché avrei potuto anche fare un omicidio. In più il sangue mi stava ribollendo nelle vene poiché sul comodino accanto al letto dov'erano loro c'era una vecchia foto di mio fratello Willie. Sentivo come se lo stessero umiliando. La mia voglia voglia di strangolarli stava aumentando sempre di più.

Non pensavo che Cameron potesse arrivare fino a questo punto. Le lacrime minacciavano di solcare i miei occhi e darsi il via libera ma mi trattenni, non ero più la bambina che piangeva per ogni minima cosa, anche per un giocattolo che le era stato rubato. Ero ben consapevole che se volevo crollare non potevo farlo davanti agli occhi famelici di chi sperava su tutto per farmi del male.

Infilai le mani nelle mie tasche e le strinsi in un pugno.
Avevo anche una sensazione di rabbia dentro lo stomaco che si espandeva secondo dopo secondo poiché non supportai che Cameron mi avesse presa in giro dicendomi che tra lui e Mini non c'era più niente di importante. Mini mi fulminò con gli occhi e poi con uno sguardo da gatta morta si rivolse a Cam.
«Mi avevi detto che non tornava così presto!» cinguettò lisciandosi i capelli con quelle sue unghie laccate di un rosso fluo accecante.

Ma possibile che fosse finta dalla testa ai piedi?

Cameron comprendendo la gravità della situazione la ammutolì stringendole con forza un braccio e lei sbuffò guardando di nuovo verso di me.

«Vi ho detto fuori da camera mia!» colpì con il piede il pavimento rendendo più l'idea.

Stava quasi per venirmi un altro attacco di panico e pregai Dio che non fosse così perché proprio non li reggevo. Mi capitava di averli quando ero piena d'ansia e troppo stressata ed era una delle cose più brutte che mi fosse capitata.

Ogni qualvolta mi sentivo come se fossi in un'altra dimensione, la testa leggera come se mi fossi scolata un'intera cassetta di una di quelle bevande alcoliche. Tremavo come non mai e il mio corpo era costantemente tartassato da dei formicolii in ogni singola parte del corpo e in più sentivo tutti i suoni ovattati. Però, la sensazione più brutta era che non riuscivo più a respirare come se qualcuno di invisibile mi stesse soffocando.

Rivivevo dei momenti terribili della mia vita e questo mi faceva sentire ulteriormente più male.

La prima volta in cui mi capitò uno di questi attacchi fu quando morì mio fratello; da lì in poi ci convivevo oramai.

Flashback

Mi venne di nuovo, per la quarta volta in una settimana, un attacco di panico.

Cominciai a sudare freddo.

Caddi dal letto, non avevo le forze per mettermi in piedi e andare fuori da questa casa poiché avevo dei giramenti di testa molto intensi, così iniziai a trascinarmi lungo il pavimento facendomi forza con le braccia e le gambe anche se con fatica.

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